Draghi molla il tavolo con i sindacati: rottura sulle pensioni, verso lo sciopero

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di Adolfo Spezzaferro

Roma, 27 ott – E’ rottura sulle pensioni, con il premier Mario Draghi che lascia il tavolo con i sindacati: “Ho un altro impegno, indietro non si torna“. Cgil, Cisl e Uil, che chiedevano una trattativa, verso la mobilitazione: “Nessuna risposta, troppo poco per gli ammortizzatori“. Draghi dunque tira dritto sulle pensioni: “Transizione graduale verso la normalità”, ossia il ritorno alla legge Fornero. E’ quella – secondo il premier – l’unica riforma possibile, quella peraltro imposta dalla Ue.

Pensioni, rottura governo-sindacati. Draghi respinge le richieste di Cgil, Cisl e Uil

Il premier non ascolta i sindacati sul fronte delle pensioni. “Possiamo discutere di quota 101, 102 o anche 102,5, ma il percorso progressivo verso il sistema contributivo non cambia. Indietro non torniamo, perché il sistema previdenziale retributivo ha creato delle vulnerabilità che tutti anche all’estero ci rimproverano“. Dopo un incontro di quasi tre ore, è rottura con i sindacati, che chiedevano una riforma complessiva delle pensioni. E Draghi prende e se ne va, ha un altro impegno “programmato”. Circa la riunione, il premier non nasconde l’irritazione: “Non mi aspettavo un intervento tanto polemico, con 3 miliardi sugli ammortizzatori sociali e 8 sulla riduzione delle tasse, mi sarei aspettato un atteggiamento diverso. La manovra è un pacchetto corposo di misure”. E’ la prima rottura tra governo e parti sociali. Ora i sindacati valuteranno la mobilitazione e un possibile sciopero generale.

Sindacati pronti allo sciopero generale

“Se il governo va avanti in questa direzione valuteremo il da farsi. Noi siamo pronti al confronto. Se il governo ci ascolterà nei prossimi giorni bene, altrimenti adotteremo le iniziative di mobilitazione più adatte con Cisl e Uil“. Così il segretario della Cgil Maurizio Landini a margine dell’incontro con Draghi a Palazzo Chigi, giudicato “insoddisfacente”. Luigi Sbarra della Cisl parla di “grandi insufficienze e squilibri, per effetto del mancato dialogo con le parti sociali“. Le misure sono “largamente insufficienti sia per le pensioni, che per gli ammortizzatori sociali e per la non autosufficienza“, aggiunge. Non bastano soli 600 milioni, sottolinea Pierpaolo Bombardieri della Uil: “Non è una riforma degna di questo nome. Noi ci battiamo per garantire pensioni dignitose ai giovani e alle donne“. Tutto dipenderà dunque da cosa deciderà domani il Cdm con il varo della legge di Bilancio. Sabato al più tardi i sindacati faranno sapere come intendono muoversi.

Il premier deve trovare la quadra anche con la Lega

Il superamento di Quota 100, misura di bandiera della Lega, è un problema anche interno alla maggioranza, con Salvini che vuole strappare un compromesso per potersi intestare la non sconfitta. L’ultima opzione all’esame dei tecnici è stata costruita attorno al requisito fisso dei 41 anni di contributi, sulla falsariga di quella Quota 41 cara alla Lega. Ossia la possibilità di uscita al raggiungimento appunto del 41esimo anno di contribuzione, con un’età minima di 62 anni. Misura che però non avrebbe le coperture necessarie.

Draghi tira dritto perché i saldi sono decisi e la legge di Bilancio in sostanza sarà approvata così com’è, anche perché è convinto che con la Lega troverà un accordo. Allo stato attuale dunque il premier non sembra preoccupato all’idea di uno sciopero dei sindacati.

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/politica/draghi-molla-tavolo-sindacati-rottura-pensioni-verso-sciopero-212304/

Draghi ingigantisce i benefici del green pass: ecco perché i suoi conti non tornano

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di Francesca Totolo

Roma, 26 ott – Il presidente del consiglio Mario Draghi non è nuovo a dichiarazioni dal tenore meramente propagandistico sui vaccini e sulla gestione dell’emergenza coronavirus, non degne certo di chi è stato definito il “migliore”. Il 22 luglio scorso, durante la conferenza stampa sull’introduzione del green pass, rispondendo alla domanda di un giornalista di Repubblica, Draghi affermò: “Non ti vaccini, ti ammali, muori, oppure fai morire. Non ti vaccini, ti ammali, contagi lui/lei muore”.

VIDEO: https://youtu.be/hiLHu0wnpRo

Era già noto all’epoca che il vaccino non comporta un’immunizzazione perfetta e che quindi anche i vaccinati potessero infettarsi e trasmettere il virus alle altre persone. Peraltro, per quanto riguarda i decessi, è documentato dai dati dell’Istituto superiore di sanità che una bassissima percentuale di positivi al Covid-19 muoreIl tasso di mortalità del virus è dello 0,22 per cento. Il tasso di letalità è invece del 2,89%, ma questo dato può risultare falsato a causa dell’elevato numero di positivi asintomatici o paucisintomatici non tracciati. Infatti, nel 2021, come riportato nei bollettini quotidiani del ministero della Salute, solamente lo 0,5 per cento dei positivi al Covid-19 è stato ricoverato in terapia intensiva, mentre il 3,68 per cento è stato ospedalizzato.

Sempre durante la conferenza stampa dello scorso 22 luglio, Draghi ha ribadito che i vaccinati non possono contagiare le altre persone: “Il green pass è una misura con cui gli italiani possono continuare a esercitare le proprie attività, a divertirsi, ad andare al ristorante, a partecipare a spettacoli all’aperto, al chiuso, con la garanzia però di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”. Appare ancora più singolare questa dichiarazione del premier italiano se consideriamo che, una settimana prima, al festival musicale di Utrecht, in Olanda, era scoppiato un enorme focolaio di Covid-19, nonostante tutti i partecipanti fossero muniti di green pass.

I conti di Draghi alla Camera non tornano

Dalle conferenze stampa alle comunicazioni alla Camera, Draghi colpisce ancora. Il 20 ottobre scorso, durante la replica in Aula pre Consiglio europeo, il presidente del consiglio, per glorificare il decreto che ha sancito l’estensione del green pass a tutti i lavoratori, ha dichiarato: “Dal decreto che prevede l’estensione ai luoghi di lavoro le prime dosi di vaccino sono cresciute del 46 per cento rispetto al trend atteso tra il 16 settembre e il 13 ottobre. Ci sono state 559.954 prime dosi di più rispetto al previsto. Non stiamo a guardare anche il numero dei decessi che è caduto del 94 per cento, del 95 per cento i ricoveri in terapia intensiva, le ospedalizzazioni del 92 per cento. Mi pare che ci siano molti fatti che giustificano l’attuale scelta politica su questo”. Non sappiamo se Draghi sia in possesso di dati provenienti da fonti differenti, ma analizzando i bollettini quotidiani del ministero della Salute la realtà è ben diversa. Dal 16 settembre al 13 ottobre, i decessi registrati sono stati 1.321 mentre, nei 28 giorni precedenti (dal 19 agosto al 15 settembre), sono stati 1.521. Ciò significa che, dalla data del decreto che ha esteso ai luoghi di lavoro l’obbligo di green pass, i decessi non sono diminuiti del 94 per cento, come ha affermato Draghi, ma del 13 per cento.

Dal 16 settembre al 13 ottobre, i ricoveri in terapia intensiva sono stati 704 mentre, nei 28 giorni precedenti (dal 19 agosto al 15 settembre), sono stati 1.080. Quindi, la diminuzione dei ricoveri in terapia intensiva è stata del 35 per cento e non del 95 per cento come ha dichiarato il presidente del consiglio.

Il bollettino del ministero della Salute non riporta le nuove ospedalizzazioni giornaliere (dal 13 al 26 ottobre). Per questo motivo, non si può verificare la veridicità della percentuale dichiarata da Draghi alla Camera.
Le prime dosi dopo il decreto per l’estensione del green pass

Mario Draghi ha affermato che, dopo il decreto per l’estensione del green pass a tutti i lavoratori, ci sono state 559.954 prime dosi di più rispetto al previsto. Non è noto cosa il presidente intenda con quel “previsto” ma le somministrazioni delle prime dosi hanno avuto un drastico calo. Dal 16 settembre al 13 ottobre, le prime dosi sono state 1.796.997 contro le 2.601.900 somministrate dal 19 agosto al 15 settembre. Quindi, ci sono state 804.903 prime dosi in meno, confrontando i dati dei 28 giorni precedenti al decreto per l’estensione del green pass con i 28 giorni successivi.

Come più volte asserito anche dagli esperti designati dal mainstream media, il green pass non è un provvedimento sanitario ma uno strumento politico per imporre agli italiani la vaccinazione. Dai dati sulle prime dosi somministrate nei 28 giorni precedenti all’entrata in vigore dell’obbligo della certificazione verde per tutti i lavoratori, non sembrerebbe che tale imposizione abbia sortito gli effetti sperati dal presidente del Consiglio.

Francesca Totolo

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/politica/camera-draghi-ingigantisce-benefici-green-pass-212102/

Budapest, in decine di migliaia ricordano la rivolta del 1956 (Foto)

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Roma, 23 ott – Tricolori al vento, sorrisi, canti e l’aria fiera del popolo libero. Decine di migliaia di ungheresi sfilano oggi a Budapest per commemorare la rivolta antisovietica del 1956. I manifestanti – presente anche una delegazione italiana dell’Ugl – marciano compatti, lungo il Danubio verso il centro della capitale d’Ungheria dove il premier Viktor Orban sta tenendo un discorso. Non si tratta soltanto di ricordare la spinta rivoluzionaria di una terra che non si è mai piegata alla propaganda e ai carri armati comunisti.

Budapest ricorda la rivolta del 1956. Orban: “Difendiamo anche oggi la nostra nazione”

Quello di oggi è anche un messaggio all’Europa, dal cuore dell’Europa. “Noi crediamo in un’Ungheria forte e indipendente”, dice Orban. “Noi difendiamo anche oggi la nostra nazione. Difendiamo i nostri figli, la nostra cultura, le nostre tradizioni, la nostra famiglia. Oggi come nel 1956, domani come oggi”. E ancora: “Avvertiamo i nostri nemici che vorrebbero svendere l’Ungheria a forze internazionali: noi non ci arrenderemo mai, noi non scapperemo mai. E vinceremo di nuovo”.

“Siamo l’incarnazione del 1956”

“La nostra storia millenaria ci ha insegnato a lottare per la nostra libertà”, scrive su Twitter Katalin Novák, ministro ungherese della Famiglia. “L’eredità del 1956 ci dice che non possiamo riposare comodamente, ma dobbiamo lottare costantemente per essere liberi. Siamo gli eredi della rivoluzione ungherese del 1956. Ancora oggi noi ungheresi siamo l’incarnazione del 1956”. Esattamente sessantacinque anni dopo la rivolta di un popolo che non poteva accettare la schiavitù sotto il segno di una stella rossa, di una falce e di un martello.

Un grido di libertà

Allora quel simbolo straniero andava rimosso, lo stesso con cui dieci anni prima qualcuno provò a sporcare il tricolore italiano. Qualcuno che poi dieci anni dopo, ben prima di godersi una dorata pensione da presidente della Repubblica, esprimeva tutto il suo entusiasmo per l’avanzata dei carri armati sovietici che repressero nel sangue il grido di libertà degli ungheresi. “In Ungheria l’Urss porta la pace”, scriveva il gendarme rampante dalle colonne dell’Unità. E invece no, l’Unione Sovietica portò solo il freddo della fame nel cuore imperiale della Mitteleuropa.

Eppure fu proprio allora che il grido di libertà dei giovani ungheresi, pur spezzato, riuscì a rompere la coltre. Era il secondo risorgimento magiaro, un secolo dopo il primo del 1848 contro gli austriaci invasori. La giovane Europa nasceva a Roma e a Budapest, sotto gli stessi colori di una bandiera il cui rosso non doveva rappresentare altro che il sangue dei martiri caduti per l’indipendenza nazionale. Oggi come allora: avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest.

 

 

Eugenio Palazzini 

Foto di Alberto Palladino

 

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/budapest-decine-migliaia-commemorano-rivolta-1956-foto-211831/

“Tecnocrate argine al sovranismo”: Draghi l’atlantista incoronato nuovo leader Ue

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di Adolfo Spazzaferro

Roma, 19 ott – “Tecnocrate argine al sovranismo”: gli Usa incoronano Mario Draghi candidato leader Ue ideale, anche perché l’ex numero uno della Bce è filo americano. E proprio questo potrebbe essere il problema per la Ue, per stessa ammissione dell’agenzia economica Bloomberg. Sì, perché a differenza della Merkel, l’attuale presidente del Consiglio incarna il multilateralismo spudoratamente atlantista. Ciò detto, Draghi incassa il plauso degli States per una serie di ragioni tutt’altro che rassicuranti. Infatti il motivo principale per cui il premier italiano è ben visto come possibile guida della Ue è perché è un argine efficace al sovranismo e ai movimenti di destra. Ma non solo, è l’uomo giusto per gestire i miliardi Ue del Recovery fund in chiave green. Nonché – e questo preoccupa più di tutto – ha dimostrato fermezza contro i no green pass, non cedendo di un millimetro.

Il plauso alla fermezza contro i no green pass

L’esito delle elezioni amministrative in Italia, con la sconfitta dei “sovranisti”, secondo Bloomberg è una ulteriore prova del successo politico del presidente del Consiglio in chiave moderata. Nell’editoriale dedicato a mister “Whatever It Takes”, in cui appunto di lui si dice che “ha salvato l’euro con tre parole”, si fa riferimento alla situazione in Italia. L’agenzia Usa plaude al pugno di ferro di Draghi nei confronti di chi ha manifestato contro l’obbligo del green pass, citando il caso dei portuali di Trieste. Fermezza riverberata anche nell’esito delle amministrative, dove chi strizzava l’occhio alle proteste è stato penalizzato. E dove invece si sono affermati grigi burocrati, una “sorta di esercito di mini Mario”.

La “fedeltà” agli States

Tuttavia, avverte l’editoriale, “sarebbe un errore considerare Draghi una figura intercambiabile a quella di Merkel o di Macron”. Il premier italiano infatti è molto più vicino agli States. A tal proposito, Bloomberg ricorda il passato di Draghi al Massachusetts Institute of Technology, alla Banca mondiale e a Goldman Sachs. Secondo l’editoriale, il presidente del Consiglio italiano esprime la visione di un multilateralismo nel quale “gli Stati Uniti sono i principali azionisti”. Prova ne è la brusca franata che Draghi ha impresso alla politica italiana di appeasement della Cina. Così come il fatto che sia rimasto in silenzio circa la frattura diplomatica tra Stati Uniti e Francia innescata dall’accordo di sicurezza Aukus.

Un tecnocrate con un problema di legittimità

Infine, pone giustamente in risalto l’editoriale, Draghi è un tecnocrate messo alla guida del governo del Paese dal presidente della Repubblica a causa del fallimento della politica. Ma non è stato eletto da nessuno. Quindi gli manca quella legittimità che ha avuto la Merkel per 16 anni di potere. Ciononostante va da sé che gli States Draghi se lo tengono stretto, come alleato e come potenziale successore della Merkel alla guida della Ue.

Adolfo Spezzaferro

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/tecnocrate-argine-sovranismo-draghi-atlantista-incoronato-nuovo-leader-ue-211269/

Sbarchi clandestini senza sosta, la Lamorgese fa finta di niente. E intanto manganella a Trieste

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di Redazione

“Non ho ancora sentito indignazione e solidarietà verso le tantissime persone perbene, che col Rosario in mano sono state manganellate o allontanate con gli idranti dalla polizia a Trieste, perché manifestavano ordinatamente il loro dissenso al green pass, di cui, in Europa, noi italiani siamo gli unici ad averne l’imposizionedice il Responsabile Nazionale del Circolo Christus Rex-Traditio Matteo Castagnae questo è preoccupante perché siamo di fronte all’ipocrisia di Stato della democrazia a senso unico. Se dissenti dal Pensiero Unico, per il mainstream sei fascista. Se sei contrario al lasciapassare perché non è giusto pagare per poter lavorare o essere, de facto, obbligati a un Trattamento Sanitario, sei considerato un facinoroso o un elemento eversivo, anche se i vaccinati trasmettono comunque il virus, contagiano e vengono contagiati”.

“E loro? Scusate, ma chi usa idranti e manganelli contro una donna incinta, anziani, scioperanti seduti o in preghiera, che cos’è? E’ tolleranza, questa? E’ democrazia? Non una parola da chi sabato è sceso in piazza a Roma per un bolso antifascismo, a fascismo morto e sepolto da 76 anni. Chi non prende le difese del popolo, faccia un serio esame di coscienza e, poi, non si lamenti se la gente diserta le urne, non cerchi né trovi alibi. I lavoratori e le famiglie italiane sono esasperati da imposizioni folli! E noi, del Circolo Christus Rex-Traditio, saremo sempre dalla loro parte, perché sono il nostro prossimo, in maggior difficoltà”.

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di Cristina Gauri

Roma, 18 ott — Lamorgese «pugno di ferro» con i pacifici portuali di Trieste e guanti di velluto con ravers e sbarchi di clandestini. Dorme il Viminale, troppo impegnato a bersagliare manifestanti no green pass con idranti e lacrimogeni, mentre a Lampedusa si susseguono senza sosta gli approdi di immigrati.

Sbarchi, a Lampedusa continua l’invasione

La notte appena trascorsa ha visto l’arrivo di altri 170 clandestini, stipati nel tristemente noto hotspot di contrada Imbriacola, perennemente al collasso o sull’orlo della crisi. centosettanta nuovi ospiti della struttura da aggiungersi ai 152 arrivati ieri con sei diverse imbarcazioni. Nell’hotspot si trovano al momento 329 persone. La Prefettura di Agrigento, d’intesa con il Ministero dell’Interno, è impegnata nelle operazioni di «travaso» degli stranieri per evitare che la situazione degeneri. Impresa impossibile, visto il flusso continuo di sbarchi sull’isola: appena le autorità riescono a dare respiro alla struttura, trasferendo gruppi di immigrati, ecco che subito approdano altre centinaia di irregolari che vanno a colmare nuovamente la misura. 

Ci si mettono anche le Ong

La ciliegina sulla torta arriva dalle onnipresenti Ong, i taxi del Mediterraneo così solerti nel rifilarci migliaia di esseri umani disinteressandosi poi delle sorti che toccheranno gli stessi una volta varcati i nostri confini. Spacciatori? Ladri? Senzatetto? Prostitute? Vittime del caporalato? Non è affare dei sodali di Carola Rackete. Nel frattempo Alarm Phone ha lanciato via Twitter il consueto allarme chiedendo il salvataggio immediato di 75 persone a bordo di un gommone «in pericolo al largo di Garabuli (Libia). Non lasciateli annegare», scrivono i volontari.

La Sea Watch a caccia di clandestini

Intanto Sea Watch 3 inanella operazioni di recupero clandestini: 5 in meno di 24 ore, per un totale di 322 immigrati a bordo. «5 soccorsi in meno di 24 ore. Dopo i due interventi di ieri, questa mattina abbiamo prestato assistenza ad altre tre imbarcazioni portando a bordo 202 persone. 322 persone sono ora al sicuro su SeaWatch3 anche grazie al supporto del nostro aereo Seabird», twittano soddisfatti quelli di Sea Watch Italy. Il copione è già scritto. Ora bisogna solo attendere che la nave si riempia di persone fino a scoppiare, così da poter lanciare l’allarme e avanzare la richiesta di «porto sicuro». Prima si rivolgeranno a Malta, che come da copione fingerà di essere sorda, e poi all’Italia, con Lamorgese che srotolerà il tappeto rosso d’ordinanza.   

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/sbarchi-clandestini-senza-sosta-lamorgese-211175/

La strategia della distorsione di chi invoca “scioglimenti” e caccia alle streghe

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di Eugenio Palazzini

Roma, 10 ott – “Sciogliere Forza Nuova e le formazioni che si richiamano al fascismo”. A sinistra è il leitmotiv delle ultime ore, dopo l’assalto – chiaramente condannato da tutte le forze politiche – alla sede della Cgil a Roma. Un mantra ripetuto fino alla nausea e copiato dallo stesso spartito tirato fuori a ogni piè sospinto, come una letargica litania. Potremmo chiamarla strategia della distorsione, dei fatti e degli intenti reali. Perché questa rinnovata campagna antifascista sarebbe utilissima a compattare il fronte di certa sinistra sul solito tema del pericolo nero, se quest’ultimo non fosse fantascienza.

La strategia della distorsione

A chi invoca la pericolosa avanzata del fascismo va riconosciuta d’altronde una fervida immaginazione, maturata da un punto di osservazione ben distante dalla piazza in cui si muove la contestazione. La stragrande maggioranza delle migliaia di persone che hanno manifestato ieri contro il green pass, molto semplicemente non ha nulla a che fare neppure con movimenti etichettati da omnia media come di estrema destra. Anzi, a giudicare da certi striscioni e slogan ricorrenti, è probabile che una parte dei manifestanti fosse pure dichiaratamente antifascista.

D’un tratto però ecco che qualcuno ha deciso di offrire su un piatto d’argento il pretesto per far invocare la più cruda repressione a chi già la pretendeva quando Salvini era al governo e semmai venivano assaltati i gazebo della Lega. Davvero a questo pensa il sindacalismo che ha abdicato da tempo al proprio ruolo precipuo, consistente nella difesa dei lavoratori? Rabbia e rivendicazioni di chi ieri è sceso in piazza vengono così del tutto ignorate. Come affatto considerate – da tempo immemore – sono crisi sociale, disoccupazione, sicurezza sul lavoro. Non si indicono allora manifestazioni nazionali per gridare a gran voce “basta morti bianche”, altresì ci si mobilita per ripetere a pappagallo un vetusto “mai più fascismi”. Il tutto apparirebbe surreale, non fosse che davvero certuni sono convinti di ridestarsi – risultando credibili dopo aver perso totalmente la propria credibilità – muovendosi in tal modo.

Una triste pantomima

Si procede così sul piano del fantastico, chiedendo lo scioglimento di movimenti che sulla carta si sono già sciolti da soli – come Forza Nuova – e buttando nello stesso calderone dell’inverosimile illegalità altri movimenti che ieri neppure erano in piazza (ad esempio CasaPound). Si passa poi dalla pura irrealtà alla grottesca lettura del reale nel momento in cui si ritiene sensato eliminare formalmente un’organizzazione politica, senza mettere in conto che i componenti della stessa potrebbero tranquillamente riformarne un’altra sulla carta edulcorata. Suvvia, anche la distrazione di massa può avere una sua logica. Nel caso di specie siamo però di fronte alla mera pantomima.

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/politica/strategia-distorsione-di-chi-invoca-scioglimenti-caccia-alle-streghe-210286/

No green pass, cosa ci dicono davvero le piazze piene

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DENTRO LA NOTIZIA

Il commento pubblicato sui social da parte del Responsabile Nazionale di Christus Rex Matteo Castagna:

RISPETTO PER PIAZZA DEL POPOLO
È incredibile come certa comunicazione possa diventare faziosa nel distorcere la realtà e come, certa politica istituzionale si dimostri priva di capacità d’analisi e suddita del mainstream di sinistra.
È assurdo che oggi i principali quotidiani non titolino: “A ROMA, UNA MAREA UMANA, COME DA ANNI NON SI VEDEVA, SI È RITROVATA SPONTANEAMENTE PER DIRE NO AL GREEN PASS”. Invece, il leitmotiv si è trasformato in una nenia per riesumare un anacronistico antifascismo, che serve solo a deviare l’attenzione dall’oggetto di una protesta, che non andrebbe snobbato ma ascoltato e rispettato, prima che, alla lunga, possa diventare un problema sociale ingestibile.
La politica non sia miope ed ipocrita, inseguendo bolse retoriche o questioni funzionali allo status quo, ma dia risposte serie e concrete alla rabbia e disperazione di tantissime persone.

di Eugenio Palazzini

10 Ott. – Da Milano a Roma, ieri migliaia di persone sono scese in piazza contro il green pass. Una mobilitazione impressionante condita da pesanti scontri, soprattutto nella capitale. Tentare però di bollare la protesta semplicemente come violenta è sciocco e riduttivo, perché non corrispondente al vero. Si rischia insomma di distorcere la realtà senza ottenere alcun risultato effettivo se non quello di acuire una rabbia sempre meno latente. Non sappiamo con esattezza quante persone abbiano gridato la propria netta contrarietà al certificato verde reso obbligatorio dal governo anche sui posti di lavoro – darsi al gioco dei numeri esatti in questi casi lascia il tempo che trova –, ma le foto di Piazza del Popolo piena ci dicono che erano più di 10mila a urlare “no green pass“.

Piazze no green pass: ma quale “fascismo”

Viceversa è chiaro a tutti che chi ha devastato la sede della Cgil e si è scontrato con la polizia ha fatto più rumore – come sempre accade quando vanno in scena gli scontri – ma rappresentava una netta minoranza dei manifestanti. Chi ha interesse a stroncare sul nascere le montanti proteste ricorre allora al solito metodo comunicativo: fare di tutta l’erba un fascismo montante. Eppure basterebbe osservare attentamente immagini e video delle manifestazioni di ieri per capire che quelle piazze erano intergenerazionali e politicamente inclassificabili. Lo erano perché  insolitamente riunivano giovani e meno giovani, Forza Nuova e centri sociali, nuovi e vecchi cittadini disillusi dalla politica. Un magma del tutto insolito.

La campanella della rabbia

La campanella del disincanto diffuso era già suonata e per sentirne il suono sarebbe stato sufficiente soffermarsi sul dato più emblematico delle elezioni amministrative dello scorso fine settimana: l’astensionismo. Quasi il 50% degli italiani ha scelto di disertare le urne, segno di un distacco totale dalla proposta politica. Stavolta quindi non servirà etichettare la piazza con i soliti termini tirati fuori dal cilindro dello sdegno. Non sarà lo spauracchio “squadrista” a riportare la palla al centro del confronto civile, perché quel confronto è stato troppo a lungo negato alla gran parte di coloro che protestano e si sentono abbandonati dalle istituzioni.

Lo ha parzialmente compreso anche il Corriere della Sera, che stamani apre così: “Manifestazioni no green pass, i timori di un’escalation. Volti mai visti tra i «soliti noti»: chi era in piazza”. Quei volti “mai visti” sono l’emblema di un’inafferrabile contestazione, a cui gettare addosso un colore piuttosto che un altro è un’operazione ben poco utile a contenerla. Il governo lo sa bene, ma ritiene che per stringere le maglie della repressione del dissenso, sia più funzionale negare l’evidenza.

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/no-green-pass-cosa-ci-dicono-piazze-roma-milano-210262/

Crisi demografica, l’Europa dell’Est non cede ai ricatti: “Immigrazione non è soluzione”

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Roma, 2 ott – L’immigrazione di massa è la vera soluzione alla crisi demografica dell’Europa? Ammesso che di soluzione si tratti, questa “grande sostituzione” applicata alla realtà è inutile e dannosa. Per tutta una serie di motivi, a partire dal fatto che gli immigrati invecchiano come tutti gli altri e quindi il problema di ripresenterebbe ex novo negli anni a venire. Senza poi considerare tutti gli altri costi, ivi compresi quelli previdenziali (altro che il “pagano le nostre pensioni”). Dati e circostanze che, laddove dalle nostre parti la sinistra continua a battersi in preda ad un disturbo ossessivo-compulsivo, nell’Europa dell’Est sembrano ancora essere di buon senso.

La conferenza di Budapest: meno immigrazione, più politiche di aiuto alla natalità per sconfiggere la crisi demografica

Pochi giorni fa a Budapest si è tenuta una conferenza proprio sull’inverno demografico del vecchio (potremmo dire in tutti i sensi) continente, alla quale hanno preso parte i capi di Stato e di governo delle nazioni dell’Europa dell’est. Raggiungendo un’intesa che sbugiarda la narrazione dominante e fatta propria, tra gli altri, anche dall’Unione Europa.

Leggi anche: Sostenere la natalità, non l’integrazione degli immigrati. La Ue cambi prospettiva

I leader di Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Serbia e Slovenia hanno infatti firmato una dichiarazione in cui rifiutano categoricamente di usare l’immigrazione per risolvere la crisi demografica. Impegnandosi al contrario a promuovere politiche attive per favorire la natalità. A spingere di più su questa proposta sono stati il primo ministro magiaro Viktor Orban e il suo omologo ceco Andrej Babis, i quali stanno già facendo una campagna elettorale basata su una forte opposizione all’immigrazione in vista delle elezioni che si terranno nei prossimi mesi.

Giuseppe De Santis

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/europa-est-rifiuta-grande-sostituzione-immigrazione-crisi-demografica-209091/

Goodbye Angela: così la Merkel ha trasformato la Cdu in un partito di centrosinistra

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Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/goodbye-angela-cosi-merkel-ha-trasformato-cdu-in-partito-centrosinistra-208735/

di Valerio Benedetti

Berlino, 27 set – Sono stati 16 lunghi anni di monarchia assoluta. Ora, però, Angela Merkel ha dovuto abdicare. E dietro di sé lascia solo macerie. Il suo partito, infatti, ha registrato il peggior risultato di sempre dal 1949. Se già quattro anni fa l’Unione (Cdu/Csu) aveva perso milioni di voti, a questa tornata elettorale i conservatori accusano una perdita ulteriore dell’8,9% delle preferenze. Una catastrofe senza precedenti, che è figlia anche e soprattutto della politica di Frau Merkel.

Un bilancio dell’era Merkel

C’è poco da fare. La Merkel ha partecipato in prima persona alla campagna elettorale al fianco di Armin Laschet, segretario della Cdu e candidato alla cancelleria per l’Unione. Pertanto, è da addebitare anche a lei il flop dei conservatori. Ma il punto è proprio questo: è ancora possibile parlare di «conservatori»? Sì perché la Cdu, dopo 16 anni di monarchia merkeliana, tutto sembra fuorché un partito di centrodestra. Semmai, sembra una forza di centrosinistra. E la responsabilità di questa metamorfosi, appunto, ricade tutta sulle spalle di Angela.

Da conservatori a progressisti

Parliamoci chiaro: se c’è una qualità indiscussa della Merkel è proprio quella di aver saputo «ammazzare» i proprio alleati di governo, rafforzando così la sua supremazia. Prima è toccato ai liberali (Fdp) e poi ai socialdemocratici (Spd) che, dopo quattro anni di condivisione del potere, hanno tutti accusato perdite consistenti di elettori (nel 2013 i liberali non riuscirono neanche a entrare in parlamento). Per far questo, però, la Merkel ha dovuto sacrificare buona parte del Dna della Cdu: per portare avanti la sua agenda economica neoliberale, Angela ha ceduto su temi sensibili come l’immigrazione, i capricci Lgbt, l’ambientalismo gretino ecc., mandando su tutte le furie parte dell’elettorato di riferimento. Che poi ha votato in buona parte i sovranisti dell’Afd, oppure ha preferito rifugiarsi nell’astensionismo. Chi invece voleva immigrazione, capricci Lgbt e ambientalismo gretino ha preferito semplicemente votare l’originale (Spd e verdi) anziché la brutta copia (Cdu).

Lo ha voluto Angela

A sancire la fine della luna di miele tra la taumaturga Merkel e il suo elettorato sono state in particolare due decisioni della «cancelliera»: quello che in Germania chiamano il «salvataggio dell’euro» (cioè l’affossamento della Grecia per salvare le banche tedesche e francesi) e l’apertura scriteriata dei confini nel 2015 per accogliere più di un milione di (presunti) profughi. E così l’Unione è passata dal risultato bulgaro del 2013 (41,5%) alla catastrofe attuale (24,1%). Ora Laschet tenterà in tutti i modi di diventare cancelliere grazie a un accordo con verdi e liberali (la cosiddetta coalizione Giamaica). Il colpaccio potrebbe addirittura riuscirgli. Ma stavolta il potere contrattuale dell’Unione sarà notevolmente più basso, rischiando di logorare ancor di più quel che rimane del partito dei conservatori. O meglio, quel che ha lasciato Angela Merkel: macerie.

Il sondaggio: Ue impopolare, sempre più cittadini vorrebbero maggiori poteri agli Stati

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di Giuseppe De Santis

Roma, 25 set – Non passa giorno senza che si levino, quasi a reti unificate, alti elogi nei confronti dell’operato di Bruxelles. Una propaganda quasi martellante, che non sembra però capace di raccogliere i risultati sperati. Almeno stando ad un recente sondaggio sull’Ue, che ci racconta una realtà ben diversa dalla narrazione dominante.

Il sondaggio sull’Ue: la maggioranza preferirebbe politiche economiche in mano agli Stati nazionali

La società di ricerca Redfield & Wilton Strategies ha condotto, per conto di euronews tra il 4 e il 10 agosto scorsi, interviste a 31mila cittadini residenti in 12 diverse nazioni aderenti al consesso comunitario, chiedendo tra le altre cose se a parer loro la politica finanziaria debba essere di competenza dell’Unione o degli Stati nazionali. La risposta è stata un duro colpo per i burocrati comunitari.

Il 76% dei cittadini olandesi, ad esempio, ritiene che la regolamentazione economico-finanziaria debba ritornare agli Stati. Una marcia indietro, insomma, rispetto all’attuale assetto che vede protagonisti la Commissione e la Banca centrale europea. Quello dei Paesi Bassi non è un caso isolato, dovuto magari alla (errata) convinzione di dover pagare per altri. A chiedere più sovranità nazionale in materia sono infatti anche i cittadini di Estoria, Germania, Grecia, Italia e Portogallo. Notevole la maggioranza di questa sorta di sondaggio sull’Ue e sul gradimento delle sue politiche: il 60%. Unica, curiosa eccezione l’Ungheria, con meno della metà degli intervistati favorevoli ad un arretramento di Bruxelles. Entrando ancora più nello specifico, alla domanda se Ue e Bce intervengano eccessivamente nelle faccende economiche dei singoli Paesi hanno risposto in maniera affermativa il 61% dei greci, il 34% dei tedeschi e il 31% dei lettoni.

Dati sicuramente interpretabili, ma di certo non favorevoli alla narrazione europeista. E dai quali, soprattutto, emerge che secondo la maggioranza dei cittadini Ue i disastrosi risultati della gestione della crisi post 2008 sono stati causati da errori commessi a livelli comunitario e non certo dai singoli Stati. Un conto salato le cui conseguenze si avvertono (e stiamo pagando) ancora oggi.

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/sondaggio-ue-impopolare-cittadini-vorrebbero-maggiori-poteri-stati-208208/

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