Moralisti con Morisi, garantisti con Lucano: l’ipocrisia dei manettari

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di Giuseppe De Lorenzo

Andatevi a ripescare alcuni pezzi di Repubblica dell’aprile del 2018. Precisamente il 20-21 aprile, quando cioè nell’aula bunker di Palermo venne emessa la sentenza di condanna sulla Trattativa Stato-Mafia che solo tre anni più tardi sarebbe stata ribaltata, anzi sbugiardata, dalla corte di Appello. “La Trattativa non è più solo un’ipotesi di quei quattro pm”, scrivevano i cronisti. “Non c’è più distinzione fra i mafiosi, il politico, i carabinieri. Sono solo imputati, colpevoli”. Erano tutti lì a parlare di “sentenza storica”. A riportare le grida festanti dei procuratori. A dire che “a trattare ci pensa dell’Ultri”, poi assolto con formula piena. Rep titolò: “Dalla sentenza una verità controvento”, così controvento da cadere poi nel ridicolo pochi anni dopo.

Ecco, perdonate la carrellata. Serve però a mostrare, più che a dimostrare, il solito doppiopesismo giudiziario di certa stampa. Così brava a trascinare i nemici nel fango, tipo Achille con Ettore, e a trattare coi guanti bianchi gli amici incappati in una condanna. Perché “le sentenze si rispettano”, ripetono all’unisono. Ma non proprio tutte tutte.

Tra queste rientra il verdetto di primo grado che oggi ha dichiarato colpevole Mimmo Lucano, accusato di associazione per delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La storia è nota, e non staremo qui a ripercorrerla. Però a leggere le reazioni alla pesante condanna si resta basiti. Solidarietà è arrivata da Emergency, Sinistra Italiana, Pd, Leu, Rifondazione Comunista e chi più ne ha più ne metta. Un coro unanime di sdegno, peraltro prevedibile. Per Letta addirittura la sentenza “farà crescere la sfiducia nei confronti della magistratura” (la Trattativa invece no?) Ma Repubblica stavolta si è superata: prima si straccia le vesti per “il sindaco che voleva essere umano”; poi fa ironia sui pm che considerano “reato persino gli asinelli che venivano condotti a mano”; infine critica quelle indagini che “non sono riuscite a far saltare fuori un euro intascato indebitamente”. Per delegittimare la sentenza, ciliegina sulla torta, il quotidiano s’è pure avventato a ricordare come il Gip avesse “demolito buona parte delle ipotesi accusatorie più gravi, bollandole come inconsistenti”, pur sapendo che il Gip, così come il Riesame e la Cassazione, si erano espressi solo sui domiciliari. Mentre i giudici, oggi, sono entrati nel merito delle accuse. Confermandole.

Ora, noi siamo e resteremo garantisti. Sempre. Dunque Lucano va considerato innocente come lo è il figlio di Grillo e come lo erano Mori, dell’Utri e De Donno. E lo saranno fino a sentenza definitiva, per quanto ci riguarda. Fa specie però scoprire l’avversione di certi giornaloni alle sentenze. Gli stessi che da tre giorni si gettano come sciacalli sul corpo sfregiato di Luca Morisi, pizzicato a consumare droga e fare festini in casa propria (per ora senza accuse di reato). Gli stessi, peraltro, che hanno ignorato il caso della figlia della Bocassini o sminuito i soldi nella cuccia del cane della Cirinnà. Moralisti con la “Bestia”, garantisti con Lucano&friend. Benvenuti nel magico mondo sinistro dei due pesi e delle due misure.

Fonte: https://www.nicolaporro.it/moralisti-con-morisi-garantisti-con-lucano-lipocrisia-dei-manettari/

Greta e i 5 falsi miti dell’ambientalismo

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Fonte: https://www.nicolaporro.it/greta-e-i-5-falsi-miti-dellambientalismo/

di Francesco Giubilei

L’avvicinarsi della Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow a novembre, accende di nuovo i riflettori sul tema ambientale che, pur non essendo mai uscito dall’agenda mediatica e politica, aveva subito una battuta d’arresto con il covid. L’appuntamento del Youth4Climate a Milano alla presenza di Greta Thunberg e la riunione dei delegati ministeriali del pre-Cop, hanno riattualizzato la discussione sull’ambiente caratterizzata da alcuni falsi miti:

1. L’umiliazione della politica di fronte a Greta Thunberg. L’attivista svedese ha affermato che “Le politiche sul clima sono tutte bla bla bla” puntando il dito contro i politici. In realtà in Europa è stato fatto tanto sul clima, mentre in Cina negli ultimi 40 anni le emissioni di Co2 sono passate da 2 a 12 miliardi l’anno mentre i paesi occidentali hanno progressivamente diminuito le proprie emissioni. Sarebbe opportuno che Greta Thunberg e gli altri attivisti per l’ambiente iniziassero a rivolgere le stesse critiche che compiono verso l’Occidente nei confronti della Cina.

2. Assenza di proposte. A proposito di critiche: in un fuori onda, un ministro italiano, dopo aver ascoltato il discorso di Greta Thunberg, si è domandato: “ma le proposte?”. Non si può solo continuare a portare avanti un approccio critico e disfattista senza avanzare idee che tengano in considerazione le esigenze delle imprese e dei cittadini.

3. Aumento di tasse legate all’ambiente. A dire il vero una proposta c’è ed è sempre la stessa: tasse, tasse, tasse. L’aumento del costo dell’energia di questi giorni è determinato dal fatto che scarseggiano i combustibili fossili e chi li usa deve pagare tasse aggiuntive sotto forma di permessi di emissione di Co2. La presidente della Bce Christian Lagarde ha affermato che l’aumento dei prezzi è dovuto anche a una inusuale bassa produzione di energia da parte dell’eolico.

È l’esempio perfetto di come un approccio ideologico al tema ambientale abbia conseguenze negative sulla vita dei cittadini e delle imprese. Introdurre nuove balzelli per contrastare il cambiamento climatico non è la soluzione, occorre evitare l’aumento della pressione fiscale che colpisce i cittadini e le imprese. L’aumento del costo dell’energia provocherà gravi problemi alle aziende con il rischio che alcune Pmi chiudano con la conseguente perdita di numerosi posti di lavoro. Occorre perciò un approccio che non introduca nuove tasse ma al contrario premi i comportamenti virtuosi.

4. Educazione ambientale. Si parla con sempre maggiore insistenza di introdurre nelle scuole l’ora di educazione ambientale. Il rischio è che dietro la tematica ambientale si nasconda il tentativo di parlare nelle scuole di argomenti di ben altro genere indottrinando i giovani. Invece di riempire la testa degli studenti con nozioni sull’ambiente che dimenticheranno, dovremmo impegnarli in iniziative e azioni concrete come pulire i parchi, raccogliere la plastica e aiutare la propria comunità.

5. Approccio rivoluzionario. I militanti di Extinction Rebellion Italia hanno prima occupato le redazioni di alcuni dei principali media italiani e poi bloccato le strade per accedere alla conferenza pre-Cop. Un’occupazione nata per “ricordare che la crisi climatica dev’essere al primo posto dell’agenda mediatica”.  Non si occupano le redazioni dei giornali in democrazia, al contrario si difende la libertà di espressione e di dissenso verso questo approccio rivoluzionario e giacobino al tema ambientale che è l’opposto del conservatorismo verde che ci sta a cuore.

Francesco Giubilei, 30 settembre 2021

Hanno sostituito Dio con la religione vaccinista

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di Beatrice Nencha per https://www.nicolaporro.it/hanno-sostituito-dio-con-la-religione-vaccinista/

“Is God Dead?” interrogava nel 1966 una copertina iconica –  titolo a caratteri cubitali rossi su sfondo nero – del Time Magazine. Firmata da John Elson, editor specializzato in temi religiosi, la cover-story era destinata a fare scalpore, anche negli anni a venire. La redazione fu sommersa da quasi 4 mila lettere. E l’inchiesta costrinse persino Bob Dylan a interrogarsi, anche se lo fece su Playboy: “Se voi foste Dio, vi piacerebbe trovare in copertina una simile affermazione?”. Oggi una copertina del genere, probabilmente, non farebbe più notizia. Da un decennio, a leggere le statistiche Usa, l’America ha perso un buon 20 per cento di cittadini che si definiscono cattolici. Nel 2009 si dichiaravano tali il 77 per cento degli intervistati. Un decennio dopo, nel 2019, si professavano legati al cattolicesimo solo il 65 per cento del campione. Mentre chi ha scelto di abbandonare il crocifisso si è avvicinato a posizioni sempre più laiche o ha perso del tutto la fede.

Religione vaccinista

Oggi la stampa americana è tornata a riflettere sulla graduale perdita dell’identità cristiana in una società così duramente colpita dal Coronavirus. L’epidemia globale pare essersi sostituita, in molti ambiti della vita quotidiana, alla fede che un tempo portava l’uomo a ricercare in Dio la propria salvezza. Nel suo show in prima serata, il giornalista Tucker Carlson ha indicato il monile indossato dalla governatrice di New York Kathy Hochul: un girocollo in argento con la scritta “Vaxed”. E ha riportato alcune sue recenti affermazioni, pronunciate in tono enfatico davanti a centinaia di concittadini adoranti: “Indosso sempre la collana per ricordare a tutti che sono una persona vaccinata. So che anche voi presenti lo siete tutti, siete le persone più intelligenti. Ma là fuori esistono altri che non lo sono. Voi li conoscete. Voi siete i miei apostoli e io ho bisogno che andiate là fuori a dirgli “Dio ci ha detto di amarci l’uno con l’altro” E come si dimostra questo amore?”. La risposta della governatrice democratica non ammette replica: “Solo dicendogli: per favore andate a vaccinarvi”.

Il sentimento della compassione, nel Paese dove il presidente Joe Biden ha da poco emanato un obbligo vaccinale che colpisce 18 milioni di americani ancora “ribelli” – la quasi totalità dei non vaccinati eccetto, curiosamente, gli impiegati del servizio postale e i rappresentanti del Congresso e il loro staff – si dimostra attraverso un’azione evangelica: bussate alle loro porte e convertiteli al nuovo credo vaccinista della salvezza eterna via ago in vena. Un mantra decisamente più suadente di quello lanciato in Italia, la scorsa estate, dal pragmatico generale Francesco Paolo Figliuolo. Quando ha pensato di convertire gli italiani renitenti alla puntura con un ben più laico “vi staneremo casa per casa”.

Acqua santa negata ai fedeli

L’ambiguità di cui si ammantano i discorsi politici sul Covid, non solo Oltreoceano, sembra spesso preferire i toni liturgici di una scienza medica che ripudia la fallibilità e aspira ad essere benedetta, anche con l’acqua santa. E dire che nelle nostre parrocchie, oggi l’acqua santa resta ancora indisponibile ai fedeli. E restano abolite dalla funzione le strette di mano, simbolo universale dell’offerta evangelica di pace. Eppure la gente può schiacciarsi ogni giorno in un treno locale o in autobus, può toccare ogni oggetto che vuole negli scaffali dei supermercati, ma le acquasantiere incarnano il pericolo numero uno del contagio e pertanto devono restare aride e inutilizzate. Simbolo di una fede che per molti, in questi 18 mesi, si è inaridita fino a tramutare la liturgia in una mera procedura burocratica sanitaria. Dove a trionfare è la paura del contagio e della morte. La fobia dell’essere umano rispetto alla Fede nella salvezza divina.

Se per entrare in Vaticano è richiesto un green pass, ovvero un certificato di negatività al Covid 19, non si smentisce forse la principale lezione evangelica? L’esempio del figlio di Dio che lascia venire a sé ladri, malati, storpi, prostitute e personaggi dalla salute non certo di ferro viene relegato a mero simbolo di folclore. Smentito dalla pragmaticità del nuovo culto sanitario. Il quale pretende che l’uomo, anche per incontrare Dio, debba essere uguale alla macchina: sano, pulito, obbediente e distanziato. Non proprio quello che viene narrato nei Vangeli.

Fauci come santino

Per questo “nuovo apostolo” sono stati creati una serie di gadget per potersi riconoscere e autocelebrare: collane, spille, magliette e braccialetti con la scritta “vaccinato”. E, inoltre, una ricca oggettistica per celebrare una liturgia domestica quotidiana. Su Amazon e su altri siti si possono acquistare candele e ceri votivi con l’immagine del virologo Antohny Fauci in versione ecclesiastica. Nei commenti degli acquirenti, alcuni dichiarano di riporre i ceri sopra appositi altarini in casa o sulla scrivania al lavoro. Tra gli articoli più venduti figurano anche delle natività con Giuseppe, Madonna e bambinello in fasce, tutti con indosso la mascherina. Solo cattivo gusto o sostituiranno i personaggi del presepe tradizionale? L’ultima ipotesi non è così peregrina. Dato che chi aspira a fare del vaccino antiCovid una nuova, sincretica religione – con un nuovo Pantheon da idolatrare – vuole che i suoi membri, i vaccinati, si identifichino perfettamente nei suoi simboli e nei suoi valori.

Ed ecco spiegato perché tutti, “nessuno escluso”, vanno accompagnati alla puntura come se fossimo nel pieno di una lotta tra il Bene e il Male. Una nuova Crociata per imporre un vaccino che si è trasfigurato, oggi, in “un dio unico, che non accetta concorrenze, le cure possibili, altrimenti la torre su cui è stata costruita l’intera impalcatura cadrebbe come neve al sole”, scrive la giornalista Tiziana Alterio, autrice del libro inchiesta Il Dio vaccino. Meglio dunque affrettarsi a mettere la mascherina al neonato Gesù nella mangiatoia e distanziare i Re Magi nel Presepe. Magari qualcuno di loro potrebbe essere passato per Wuhan, prima di arrivare a Betlemme…

Beatrice Nencha, 29 settembre 2021

Sessismo ovunque. Un’altra statua nel mirino delle femministe

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di Redazione www.nicolaporro.it

Le povere statue non hanno più pace. Qualcuno all’inizio si era illuso che il fenomeno di abbattimento dei monumenti fosse esclusivamente americano e volto ad eliminare i simboli di un passato dai contorni opachi. E invece no. Infatti, dopo aver estirpato gli eroi della vecchia Confederazione sudista e Cristoforo Colombo, la cancel culture è arrivata anche in Europa, prima in Inghilterra abbattendosi sul povero Churchill, poi in Francia con Napoleone e infine anche qui da noi con l’imbrattamento della statua di Montanelli a Milano e le polemiche sul monumento dei 4 mori di Livorno.

La nuova polemica

Quello che si sta scatenando attorno ad una nuova statua inaugurata ieri a Salerno, però, è se possibile, ancora più paradossale. Sì perché la protagonista del monumento è una donna, “la spigolatrice di Sapri”, ed è dedicata all’omonima poesia di Luigi Mercatini, che racconta di una contadina del sud Italia che lascia il lavoro per unirsi al tentativo di insurrezione antiborbonica organizzata dal patriota Carlo Pisacane nel 1857. Un esempio di virtù, di coraggio e impegno politico, quindi, a maggior ragione perché riferita ad un’epoca in cui le donne non trovavano molto spazio nella società. E dunque qual è questa volta il problema? Quando non è il soggetto, in discussione viene messa ovviamente la sua rappresentazione. E la spigolatrice, a dispetto del suo nome, non piace alle femministe di casa nostra perché mette in evidenza curve da urlo e un atteggiamento provocante. I suoi abiti? Troppo succinti. Ed ecco quindi arrivare puntualissima la catechizzazione di Laura Boldrini su Twitter.

Femministe alla carica

“La statua appena inaugurata a Sapri e dedicata alla Spigolatrice – ha scritto – è un’offesa alle donne e alla storia che dovrebbe celebrare. Ma come possono persino le istituzioni accettare la rappresentazione della donna come corpo sessualizzato?”. E infine il giudizio finale: “Il maschilismo è uno dei mali dell’Italia”. Ma la più celebre paladina del femminismo nostrano non è stata la sola a dirsi indignata. Sulla stessa linea anche la senatrice del Pd, Monica Cirinnà che ha parlato di “schiaffo alla storia e alle donne” e la ex parlamentare di Forza Italia, Manuela Repetti, che si è spinta oltre chiedendo addirittura la rimozione del monumento.

Ciò che però rende ancora più divertente e surreale l’intera vicenda è che la statua è stata eretta in un comune guidato da Italia Vivail partito di Renzi e che all’inaugurazione del monumento fosse presente anche Giuseppe Conte, che si trovava in loco per il suo tour elettorale. Quindi non solo il monumento ha per protagonista una donna virtuosa, non solo è stato voluto da un’amministrazione progressista, ma all’inaugurazione era presente persino l’ex premier della coalizione “con il cuore a sinistra”. Insomma, un cortocircuito di tale entità non può che essere fonte di grande divertimento e soddisfazione. Perché delle due l’una, o nella nostra società sono tutti maschilisti oppure il perbenismo di una certa sinistra sta cominciando a diventare tossico anche per coloro che vi stanno più a contatto. Sintomo evidente del fatto che in queste ideologie politicamente corrette ci sia qualcosa di estremamente sbagliato.

Sembra proprio pensarla così il sindaco di Sapri Antonio Gentile, che ha difeso la statua dicendo di ritenere “violento, offensivo e a tratti sessista” l’attacco della senatrice Repetti e la ha accusata di “incitare all’abbattimento dei monumenti come avvenuto recentemente in altri paesi privi di democrazia”. 

Per non parlare dell’autore della statua, Emanuele Stifano che ha rispedito al mittente tutte le accuse di sessismo e ha rivendicato con orgoglio le sue scelte artistiche. “Sono allibito e sconfortato da quanto sto leggendo – ha scritto sui suoi canali social. Mi sono state rivolte accuse di ogni genere che nulla hanno a che vedere con la mia persona e la mia storia. Quando realizzo una scultura tendo sempre a coprire il meno possibile il corpo umano, a prescindere dal sesso. Nel caso della Spigolatrice, poiché andava posizionata sul lungomare, ho “approfittato” della brezza marina che la investe per dare movimento alla lunga gonna, e mettere così in evidenza il corpo. Questo per sottolineare una anatomia che non doveva essere un’istantanea fedele di una contadina dell’800, bensì rappresentare un ideale di donna, evocarne la fierezza, il risveglio di una coscienza, il tutto in un attimo di grande pathos. Aggiungo che il bozzetto preparatorio è stato visionato e approvato dalla committenza”.

L’integralismo del politicamente corretto ha colpito ancora. Ora tutte le statue devono iniziare a tremare. E forse anche la sinistra più moderata.

Il Quirinale sembra il Bar Sport

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di Max Del Papa per https://www.nicolaporro.it/il-quirinale-sembra-il-bar-sport/

Ormai il Quirinale sembra una specie di Bar Sport, lussuoso ma Bar Sport. In questa estate felice, felice per molti ma non per tutti, atleti di tutte le discipline e di tutte le taglie vincono le Olimpiadi, i Campionati Europei poi vanno al Quirinale recando, come Re Magi muscolosi, la maglia n. 1 con su scritto: “Mattarella”. E tu ti immagini il Presidente che salta con l’asta o corre i centro metri o para i rigori, non tutti. Sempre che non sia occupato con le Frecce Tricolori o a inaugurare qualche scuola, qualche iniziativa benefica o culturale con le soavi banalità che corredano il rito: “La scuola in presenza è il simbolo di un nuovo risorgimento”. Povero Cavour!

Il silenzio di Mattarella sulla scuola

Veramente la scuola in presenza è già sconfessata dalle decine di casi di singoli contagiati che obbligano allo stop e alla dad intere classi, scolaresche al completo. Ma sono i contraccolpi della improvvisazione e della impreparazione, di cui il nostro Mattarella Number One si disinteressa. Nessuna messa in regola, nessun adeguamento strutturale, nessun potenziamento dei pubblici trasporti e lui non fiata: solo vaccini vaccini vaccini, per tutti anche per i feti e allora il Capo dello Stato sorride, un po’ sfingeo, perché è certo che questa non è la strada migliore ma proprio l’unica per uscire dalla pandemia. Quanto a dire l’immunità di gregge al 100%, improponibile in natura.

Il ritornello del Colle: “Ci vuole più Ue”

Un’altra cosa che il nostro “Notaio di tutti gli italiani” ripete sempre è che ci vuole più Europa, per dire più integrazione. Cioè precisamente quello che è mancato, totalmente, pervicacemente, nei 30 anni di vita dei falansteri di Bruxelles e di Strasburgo. Nessun coordinamento su niente, come dimostrano le mille emergenze che non sono più tali, sono come quelle febbriciattole croniche che non ci si dà più la briga di curare, tanto è inutile. Dai clandestini alla sicurezza, dall’approvvigionamento energetico ai relativi costi e speculazioni, dalla pubblica salute alla tutela dei prodotti nazionali: Parmesan e Prosek confusi con Parmigiano e Prosecco, e sono meraviglie che conquistano il mondo, ma per la UE va tutto bene. Va tutto bene, anche la colossale speculazione in atto sul grano, anche lo scempio che si fa dell’aceto balsamico, squisita alchimia modenese, ed è fin troppo chiaro che ciò a cui punta l’Europa è la distruzione delle quote di mercato, l’indebolimento progressivo del sistema Italia. Ma che dovrebbe fare una superburocrazia inefficiente e sprecona sensibile ai voleri e alle lusinghe di quelli come Bill Gates, che dopo i computer e i vaccini si è infilato nel megabusiness della carne sintetica, un affare da 25 miliardi di dollari? La UE che si vuole “sempre più integrata” prende nota e spinge per dannare la vita per allevatori, casari, vinicoli e tutto quello che può mantenere in vita un residuo orgoglio patrio e una economia dell’eccellenza.

Anche sul disastro umanitario dell’Afghanistan, l’ineffabile Europa si è distinta per una serie di incontri, di pranzi, di brindisi, di dichiarazioni roboanti, di assicurazioni retoriche, “non lasceremo solo il popolo afghano” e poi si è eclissata. Ma niente paura, basterà integrarci di più, come, dove poi ce lo spiegherà il Presidente che viaggia, inaugura, sorride e colleziona magliette. L’importante è che ci si vaccini ogni sei mesi, che tutti siano felici col greenpass e che non si voti, operazione del resto inutile visto che al governo ci sono praticamente tutti e vivono felici così. Anche dell’Italia la signora Ursula Von Der Leyen, con quella pettinatura da Eurofestival e l’aria perversa di Charlotte Rampling nel “Portiere di notte”, ripete che non va lasciata sola; e più lo ripete e meno l’Italia viene considerata, se non per farne la pattumiera dei problemi continentali, delle emergenze che non sono più emergenze.

Da cui si evince il vero ruolo di un Presidente da noi: ruolo gattopardesco, operare in sordina, felpato, sottotraccia, purché nulla cambi. La chiamano moral suasion, è attivitàr nacolettica ma efficace in modo micidiale come lo sono i barbiturici. Questo sarebbe precisamente il deep state nelle sue articolazione burocratiche da piovra. Lo Stato evidente, invece, quello per così dire alla luce del sole si salva con le commemorazioni, i ricevimenti, le cerimonie da Bar Sport, le banalità esatte dal rito, a volte innocenti altre volte francamente insopportabili o impuni. Ma coraggio, siamo nel semestre bianco e ci si interroga sul successore. Il governo dell’ammucchiata partitocratica, si interroga, cioè si ricatta e si mette d’accordo in maniera brigantesca. Da noi un Presidente eletto dai cittadini non è ammissibile, perché niente deve cambiare e tutto sommato forse è meglio così, vai a capire chi rischieremmo di ritrovarci con questi chiari di luna.

 

Germania è il giorno del dopo Merkel

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Laschet, Scholz o la Baerbock? Chi avrà il cancellierato?

di Leopoldo Gasbarro

Oggi le elezioni in Germania.

L’attesa è grande, davvero grande. Dopo 16 anni al potere, Angela Merkel si dimette dalla carica di cancelliere della Germania, aprendo la strada ad una nuova generazione di leadership per la più grande economia europea. La Merkel, 67 anni, è stata un simbolo di stabilità in Europa da quando ha assunto il ruolo nel 2005. Ora tutti si chiedono, a seconda di chi sarà il vincitore, quale potrebbe essere il cambiamento che si genererà in seno alla Germania in primis ed agli equilibri europei e mondiali in seconda battuta.

I Candidati
Il candidato di partito della Merkel è Armin Laschet (il primo a sinistra nella foto), alleato di lunga data della Cancelliera dimissionaria e leader della CDU da gennaio; Olaf Scholz, leader della SPD di sinistra; e Annalena Baerbock dei Verdi.

Gli ultimi sondaggi mostrano il blocco sindacale di centrodestra del leader uscente, con Armin Laschet candidato cancelliere, un po’ indietro o quasi alla pari con i socialdemocratici di centrosinistra, che hanno come uomo di punta il ministro delle finanze Olaf Scholz.

Ed è proprio Scholz il più accreditato in questo momento alla vittoria finale. Lui che è sempre stato della linea dura, specie contro l’Italia, si era un po’ “ammorbidito” dopo lo scoppio della Pandemia.

Nella sua ultima manifestazione elettorale sabato a Potsdam, Scholz ha fatto riferimento alle preoccupazioni sul cambiamento climatico ed ha affermato che, se eletto, avrebbe concordato un aumento del salario minimo a 12 euro l’ora come prima decisione del nuovo governo.
Laschet, nel frattempo, ha tenuto un’ultima manifestazione elettorale con la Merkel ad Aquisgrana durante la quale il cancelliere uscente ne ha elogiato la “passione e cuore”  affermando che le elezioni riguardano il mantenimento della “stabilità” del Paese e la garanzia “che i giovani abbiano un futuro e che possiamo ancora vivere nella prosperità”.
La Merkel, il secondo cancelliere più longevo nella storia tedesca, ha dovuto far fronte, e lo ha fatto con autorevolezza, a sfide importanti. Tra queste la crisi finanziaria del 2007-2008, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea ed oggi la Pandemia da Covid-19.
La Merkel è stata una forza trainante per la coesione europea e ha cercato di mantenere stretti legami con gli Stati Uniti e la Cina. Ora, con il cambio elettorale, un periodo di insolita incertezza potrebbe generarsi in Germania, nell’Unione Europea e nel resto del mondo.
Il risultato è particolarmente incerto.
La CDU e la SPD sono più avanti degli altri nei sondaggi ma anche il Partito dei Verdi è emerso come un serio contendente. Di conseguenza, la Baerbock sta per svolgere il ruolo importante nella formazione del nuovo governo tedesco.
Anche l’estrema destra AfD rimane una presenza forte sulla scena politica, facendo a gara con il Partito liberale democratico liberale per il quarto posto.
Ma è la leader dei Verdi la vera sorpresa delle elezioni tedesche.

Chi vota.
Circa 60,4 milioni di persone di età pari o superiore a 18 anni hanno diritto a votare in queste elezioni, secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica tedesco.
Ciascuno avrà due voti da esprimere: uno per il candidato che rappresenti il ​​proprio collegio elettorale, di cui 299 nel Bundestag (il parlamento tedesco) e un secondo voto per il proprio partito preferito. La quota di “secondi voti” di un partito determina il numero di seggi che il partito guadagna nel Bundestag, secondo la rappresentanza proporzionale.
Perché un partito entri nel Bundestag, deve vincere almeno il 5% del secondo voto.
Molti tedeschi hanno già votato; la pandemia da coronavirus ha aumentato la quantità di votazioni per corrispondenza che hanno avuto luogo prima del giorno fissato per le elezioni stesse. Le preoccupazioni per l’ambiente e quelle economiche sono emerse come questioni chiave nella campagna elettorale.
L’ endorsement per Armin Laschet

La Merkel ha enfatizzato il record del suo governo nel ridurre la disoccupazione e il debito della Germania. Di contro ha denunciato i piani dei rivali di Laschet per aumentare le tasse. Ha anche suggerito di come ci fosse il pericolo che un governo tedesco di sinistra fosse eccessivamente generoso nel fornire aiuti finanziari ai paesi europei più indebitati.

“C’è molto in gioco domenica”, ha detto in piazza a Stralsund, città nord-orientale della Germania.

“Dobbiamo pensare ad una politica che non pensi solo a ridistribuire, ma a creare ricchezza. So che Armin Laschet, come governatore del Nord Reno-Westfalia, combatte per ogni singolo lavoro nel suo stato, e lo farebbe anche come cancelliere della Germania”.

Economia ancora in attesa di una forte ripresa 

Il DAX tedesco, l’indice principale del mercato azionario tedesco, è in rialzo del 13% da inizio anno.  La forte ripresa attesa nel post-pandemia e prevista per l’estate deve ancora concretizzarsi. L’economia tedesca sta affrontando venti contrari post-COVID-19 simili a quelli degli Stati Uniti poiché le interruzioni della catena di approvvigionamento rallentano la crescita. Le previsioni del FMI vedono la produzione economica in crescita solo del 2,5% quest’anno, ma del 5,1% l’anno prossimo.

L’economia tedesca rappresenta circa il 3,4% dell’economia mondiale con un valore di 3,8 trilioni di dollari, che la rende la quarta più grande a livello globale.

Mercati Finanziari

Di solito i mercati amano la stabilità dei risultati. In Germania sembra esserci incertezza del risultato. Aspettiamo poche ore e sapremo orientarci meglio. Sta di fatto che le elezioni si inseriscono in un quadro internazionale davvero complicato. L’inflazione in forte rialzo negli USA; la crisi di Evergrande in Cina e tanti piccoli focolai pandemici in giro per il Mondo rendono il dato tedesco ancor più di rilievo per l’orientamento futuro dei mercati finanziari.

Allarme dalla Francia sui “baby trans”

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di Redazione www.nicolaporro.it 

“Furto dell’infanzia”. “Mercificazione del corpo”. “Discorsi ideologici fuorvianti sull’autodeterminazione”. Di fronte a tutto questo non potevano più tacere, soprattutto se in gioco ci sono le vite di migliaia di bambini. Ecco perché cinquanta intellettuali francesi, fra cui medici, filosofi, psicanalisti, avvocati, magistrati e insegnanti hanno sottoscritto un appello pubblicato da L’Express e ripreso dal FeministPost in cui esprimono una dura condanna verso quella che considerano “la deriva del bambino transgender”.

Ecco il testo del comunicato: “Non possiamo più tacere su quella che consideriamo una grave deriva in nome dell’emancipazione del “bambino transgender” (che dichiara di non essere nato nel “corpo giusto”). I discorsi radicali legittimano le richieste di cambiamento di sesso sulla base della semplice percezione, presentata come verità. Ma questo al costo di un trattamento medico o addirittura chirurgico per tutta la vita (rimozione di seni o testicoli) sul corpo di bambini o adolescenti. È questo fenomeno e il suo alto profilo mediatico a preoccuparci, e non le scelte degli adulti transgender”. Chiarissimo. Nessun problema se, la decisione di cambiare sesso viene effettuata da una persona pienamente consapevole. Discorso ben diverso, invece, quando a voler cambiare genere è un bambino, che non è in grado di fare una scelta tenendo conto di tutti gli elementi o peggio, che può essere indotto a farlo dalla famiglia stessa, dalle pressioni sociali o da chi può lucrare su questo fenomeno.

I numeri e le cause del fenomeno

“Per capirne la portata numerica sempre più preoccupante basti pensare – spiega Chantal Delsol, fondatrice dell’Istituto Hannah Arendt, membro dell’Accademia delle scienze morali e politiche – che le risposte mediche attraverso trattamenti ormonali o interventi chirurgici mutilanti alle richieste di transizione sono passate nella sola regione dell’Ile-de-France dalle 10 all’anno, nel 2020, alle 10 al mese nel 2021. Dunque, in un’unica porzione di territorio francese, in soli 12 mesi, circa 120 bambini hanno iniziato le procedure per cambiare sesso e la sensazione è che questi numeri siano destinati a crescere. Ma come si arriva in molti casi a questa soluzione estrema? “Li si persuade – continua la Delsol – del fatto che gli è stato “assegnato” un sesso alla nascita, e che possono cambiarlo liberamente. Così facendo questi bambini vengono patologizzati per tutta la loro esistenza: diventano consumatori a vita di prodotti chimici ormonali commercializzati dalle compagnie farmaceutiche, consumatori ricorrenti di sempre più operazioni chirurgiche nel perseguimento del sogno chimerico di un corpo fantastico”. E in tutto questo un ruolo decisivo lo giocherebbero le associazioni Lgbtqi+.

Il ruolo delle associazioni Lgbt
“Per paura di questi gruppi viene imposto un idioma specifico o addirittura una nuova lingua a coloro che circondano questi giovani che spesso si esprimono con un linguaggio stereotipato, come se avessero perso ogni pensiero critico (che è una caratteristica del controllo ideologico). Regna la confusione – prosegue – in gran parte mantenuta allo scopo di manipolare l’umanità nel suo substrato più profondo: la sua evoluzione, la sua temporalità, le sue peregrinazioni e i suoi dubbi. In nome del rifiuto di una presunta assegnazione di sesso, stiamo assistendo imbarazzati e senza capirci nulla, a un’assegnazione di identità. È sintomatico della nostra epoca, colpita da radicalismi politici che prevaricano qualunque dibattito”.
Un problema globale

Il problema, però, non è limitato ovviamente alla sola Francia. In Scozia, ad esempio, il governo ha emesso ad agosto nuove linee guida per l’inclusione Lgbt, in base alle quali i bambini, a partire dai quattro anni d’età, potranno cambiare nome e genere a scuola senza il consenso dei genitori. Due anni fa, inoltre, un’inchiesta del Times rivelò presunti abusi sui bimbi inglesi da parte del Gids (Gender Identity Development Service) il servizio di sviluppo dell’identità di genere della Fondazione Tavistock & Portman. “È in corso un esperimento di massa sui bambini, i più vulnerabili – avrebbero dichiarato i medici che si sono licenziati dall’ente denunciando le pressioni della clinica per avviare al percorso di transizione il più gran numero di bambini possibile dopo sedute di sole tre ore – bimbi che hanno avuto problemi di salute mentale, abusi, traumi familiari. Ma a volte questi fattori vengono semplicemente insabbiati”.

A questa clinica sarebbero arrivati ben 2.519 tra bambini e adolescenti, di cui il più giovane a solamente 3 anni di età. Fra loro c’era anche Keira Bell, una ragazzina che, stando ai suoi racconti, nel giro di tre soli appuntamenti alla Tavistock cominciò ad assumere ormoni, a subire iniezioni di testosterone e operazioni chirurgiche, iniziando il processo di transizione, salvo poi cambiare idea qualche tempo dopo (quando era ormai troppo tardi) e portando quindi la clinica in tribunale. Nonostante nel 2020 l’Alta Corte britannica le avesse dato ragione, la sentenza è stata ribaltata recentemente dalla Corte d’appello e ora la parola passerà alla Corte Suprema a cui la Bell ha presentato ricorso.

Bisogna fermare questa follia

Il tema è ovviamente molto delicato. Certamente esisteranno anche realtà serie che portano avanti queste pratiche seguendo le linee guida internazionali che prevedono interventi medici da effettuarsi per fasi graduali, ognuna della quali deve essere accompagnata da un’attenta e approfondita valutazione dal punto di vista psicologico, famigliare e sociale del paziente e che prima di arrivare all’irreversibilità del processo ci siano diversi step intermedi in cui la persona può decidere di tornare sui suoi passi. Ma il fatto che sempre più medici e intellettuali esperti nel campo decidano di denunciare la non spontaneità del fenomeno e le troppe parti in causa interessate, getta un’ombra piuttosto fosca su queste pratiche e sugli scenari futuri. I bambini sono ciò che di più sacro esista al mondo ed è necessario l’impegno di tutti per difenderli da chi se ne approfitta per ragioni politiche o di business. 

Fonte: https://www.nicolaporro.it/allarme-dalla-francia-sui-baby-trans/

Ecco chi ha rinunciato a tutto per lottare contro il green pass

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di Carlo Toto

Piovono dimissioni e richieste di aspettativa dal mondo del lavoro per colpa del green pass.
L’ultimo protagonista a prendere le distanze dalla certificazione verde è Stefano Leoni, docente al Conservatorio Giuseppe Verdi. Tramite una lunga lettera, Leoni ha dato le dimissioni dal suo incarico di vicedirettore dell’ente. Non si è però dimesso dal suo ruolo di musicologo: continuerà a insegnare ai suoi studenti del Conservatorio estetica musicale ma online, almeno fino a dicembre.

Il Vicedirettore del Conservatorio di Torino ritiene il certificato verde eticamente disdicevole, e un “abominio dal punto di vista legale, costituzionale, normativo, carente e confusionario sotto il profilo giuridico”. Secondo lui poi è una forma surrettizia di «coercizione e adesione forzata alla campagna vaccinale, istituendo nei fatti una pressione indebita su lavoratori (docenti, personale Ata) e studenti, “inducendoli a sottoporsi all’inoculazione di un siero genico sperimentale dall’efficacia non ancora esattamente definita nella limitazione dei contagi e delle ospedalizzazioni, e dagli effetti collaterali ignoti o colpevolmente ignorati”.

Situazione analoga è quella di Francesca Del Santo, 46enne ormai ex professoressa di biologia a Salice, in Provincia di Pordenone, che di fronte alla scelta di aderire o meno al green pass ha deciso di rassegnare le dimissioni. “Non navigo nell’oro e non ho rendite: mi mancheranno molto gli studenti ma la priorità è quella di una scelta etica”, ha commentato la 46enne ormai ex professoressa di biologia.

Sulla stessa linea è Andrea Camperio Ciani, docente ordinario all’Università degli studi di Padova per le cattedre di Etologia, Psicobiologia e Psicologia evoluzionistica. Sempre a motivo del green pass, in Alto Adige, venti persone tra docenti e personale Ata si sono dimesse dalla scuola, e altri 58 dipendenti sono stati sospesi. Si dimette anche Fabrizio Masucci, presidente e direttore della Cappella Sansevero a Napoli, dopo quasi 11 anni di carriera alla guida del noto museo, custode del celeberrimo Cristo Velato. L’imposizione del green pass, secondo Masucci, costituirebbe una misura eccessiva e non giustificata in un luogo già provvisto di tutte le norme di sicurezza anti contagio, andando a sovvertire addirittura il concetto di “inclusività” che è proprio del museo.

All’ elenco aggiungiamo le dimissioni di Leonardo Rebonato da direttore artistico di Hostaria Verona, perché contrario all’obbligo del green pass. «Per me il green pass è una sciagura democratica», afferma Leonardo Rebonato annunciando la sua auto-sospensione: «È una disposizione politica che ritengo allucinante, oltraggiosa dei fondamentali diritti della libertà personale». Ad unirsi al coro è Maria Gabriella Capizzi, direttrice del museo privato “Archimede e Leonardo” di Siracusa, che si dice fermamente contraria al green pass per i visitatori del museo: “I musei, e il mio non fa eccezione, sono luoghi di inclusione e non di discriminazione”.

E come dimenticare l’appello firmato dal famoso storico Alessandro Barbero insieme a centinaia di docenti universitari per dire no al certificato verde obbligatorio?

Una lista lunghissima di contrari al green pass destinata con molta probabilità a crescere. Forse la soluzione alla divisione ideologica tra chi è favorevole e chi è contrario al green pass si trova fuori dai nostri confini, dove le restrizioni sono un brutto ricordo. In Danimarca ad esempio le restrizioni sono ormai abolite e la gente vive serena ed in libertà.

Carlo Toto, 25 settembre 2021 Fonte: https://www.nicolaporro.it/ecco-chi-ha-rinunciato-a-tutto-per-lottare-contro-il-green-pass/

 

 

I virologi piangono solo se zittiscono loro

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di Francesco Giubilei

Dopo mesi di marginalizzazione dal dibattito pubblico e mediatico di ogni voce che provasse ad avanzare dubbi sulla gestione della pandemia in Italia, anche i virologi gridano a una presunta censura nei loro confronti a causa di un ordine del giorno discusso in parlamento. Il coro unanime di Galli, Bassetti e Preglisco “no al bavaglio” arriva a causa dell’odg al Dl green pass bis che afferma: “I professionisti sanitari possono fornire informazioni relative alle disposizioni sulla gestione dell’emergenza sanitaria in corso su esplicita autorizzazione della propria struttura sanitaria”.
In poche parole i virologi e tutti i medici, prima di rilasciare dichiarazioni o interviste sui media, devono farsi autorizzare dall’azienda sanitaria in cui lavorano per “evitare di diffondere notizie o informazioni lesive per il Sistema sanitario Nazionale e di conseguenza per la salute dei cittadini”. Una proposta sulla carta sbagliata ma nata dopo un anno e mezzo di sovraesposizione mediatica in cui i virologi hanno detto tutto e il contrario di tutto nei principali media nazionali.
La levata di scudi dei virologi contro la presunta censura contraddice il loro silenzio nei mesi passati quando a non avere spazio erano voci critiche di molte decisioni legate al covid non da un punto di vista medico ma politico, sociale, economico e costituzionale. Numerosi giornalisti, costituzionalisti, intellettuali hanno avanzato legittimi dubbi sul green pass o su misure che mettono in discussione diritti costituzionali eppure, pur non addentrandosi in analisi di carattere medico, sono stati etichettati come no-vax e marginalizzati. Sarebbe stato importante anche in questo caso che i virologi si esprimessero contro la censura e il bavaglio. Eppure nei mesi passati non abbiamo sentito nessun appello alla libertà di parola e di dissenso su determinate scelte politiche.
Al contrario, ogni volta che qualche commentatore aveva l’ardire di contraddire le posizioni dei virologi, veniva tacciato come antiscientifico. Il problema è che nell’ultimo anno e mezzo molti di loro non si sono limitati a parlare di medicina o covid da un punto di vista scientifico ma sono diventati veri e propri tuttologi intervenendo quotidianamente su ogni tema e sostituendosi spesso alla politica. Abbiamo assistito al paradosso che, mentre i virologi accusavano commentatori a vario titolo di parlare a sproposito di medicina e di “dover studiare”, erano essi stessi a esprimersi su argomenti in cui deficitavano di una preparazione. Si sarebbero perciò dovuti accorgere prima che la libertà di parola va sempre difesa e non solo quando ad essere toccati sono i propri interessi.

Covid e chiusure, brutte notizie per chi ci governa

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di Giancristiano Desiderio per www.nicolaporro.it

(clicca sul sito di Porro per vedere il Video)

Per fare un passo avanti e provare ad uscire, almeno mentalmente, dallo stato di continua emergenza nel quale ci troviamo, forse è necessario fare un passo indietro. Dopo il lockdown, il coprifuoco, le delazioni, lo smartworking e la dad, noi ancora non sappiamo perché abbiamo subito tutte queste disposizioni governative che hanno fatto strame delle libertà costituzionali. Lo dico a ragion veduta, perché le caratteristiche del virus e le modalità di diffusione non giustificano minimamente quanto abbiamo subito.

Ormai con i risultati disastrosi avuti, con gli esempi di altri Paesi che si sono comportati in maniera diversa, inizia a emergere una verità un po’ scomoda per chi ci ha governato in questo tempo. Ovvero che non è assolutamente vero che le libertà individuali dovevano essere bilanciate da necessità sociali. Ossia, in parole povere, e detto terra terra, non è vero che la libertà era un impedimento al contenimento dell’epidemia. Anzi. Sta venendo fuori che è esattamente il contrario: proprio le libertà individuali, proprio le nostre risorse cognitive, la nostra capacità di discernere, di scegliere e capire, erano delle risorse sulle quali poter far conto.

Ecco perché vi suggerisco la lettura di questo testo appena uscito per Marsilio, scritto da Alberto Mingardi e Gilberto Corbellini, dal titolo La società chiusa in casa. La libertà dei moderni dopo la pandemia. Noi eravamo una società aperta ed è diventata chiusa. O meglio, la società aperta è stata rinchiusa in casa. E lì è iniziata veramente l’epidemia e il nostro dramma, da cui non riusciamo ancora ad uscire.

Giancristiano Desiderio, 23 settembre 2021 https://www.nicolaporro.it/covid-e-chiusure-brutte-notizie-per-chi-ci-governa/

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