L’Occidente cambia strategia: Ucraina sempre più sola e negoziati in avvicinamento

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di Matteo Castagna per www.affaritaliani.it 

“Ad un certo punto, i nostri dollari non saranno più utilizzati come valuta di riserva. […] Putin ha detto questa cosa, puoi amarlo o odiarlo, ma ha detto la verità, cioè che prima dell’introduzione delle sanzioni contro la Russia, il 70% di tutte le loro transazioni erano in dollari, e dopo le sanzioni questa percentuale è diventata inferiore al 20%“. Così si è espresso il deputato americano Thomas Massie, in un’intervista con Tucker Carlson. Ed ha concluso dicendo che il dollaro non è più sicuro.
Putin ha, poi, annunciato la formazione di un sistema di pagamento indipendente all’interno dei BRICS, che verranno notevolmente ampliati, ammettendo nuovi membri, come lo Zimbabwe, che l’ha richiesto col suo Presidente Emmerson Mnangagwa al recente Forum economico internazionale di San Pietroburgo, cui hanno partecipato 21,3 mila persone provenienti da 139 Paesi, secondo il comunicato dell’organizzazione dell’evento, che ha aggiunto che al forum sono stati siglati più di 980 accordi per oltre 6,4 trilioni di rubli (66,5 miliardi di euro).
Il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha dichiarato pubblicamente inammissibile l’uso di armi nucleari.
All’Agenzia Ria Novosti l’assistente speciale di Biden, direttore senior per la non proliferazione presso il Consiglio di sicurezza nazionale, Pranay Vaddi ha detto che gli Stati Uniti prendono molto sul serio questa affermazione e che gli USA cambieranno la loro strategia su tali armi, ponendo l’accento sulla competizione, per restare al passo di Russia, Corea del Nord e Cina.
Mentre, il Presidente francese Emmanuel Macron insiste con la sua linea bellicista e si dichiara pronto ad inviare truppe in Ucraina.
Ma il leader del Partito Patriottico francese Florian Philippot replica, a stretto giro, sul suo profilo X: “Macron è completamente pazzo!” e lo accusa di accelerare l’escalation, che nessuno vuole, tramite l’addestramento di 4.500 soldati ucraini e il trasferimento a Kiev dell’aereo da combattimento Mirage 2000-5. Il presidente ha scatenato l’ironia del noto giornale satirico Charlie Hebdo, che, con una vignetta rappresentante una bara con ai lati le ali e la coda di un aereo, ha spiegato quali “Miraggi” Macron trasferirà in Ucraina…
Secondo quanto riportato da Bloomberg, la Germania sta valutando l’invio di un’altra (la quarta) batteria Patriot in Ucraina.
La NATO afferma di non avere soldati in Ucraina. Il capo del comitato militare della Nato, ammiraglio Robert Peter Bauer ha affermato che, ad oggi l’Alleanza Atlantica non dispone di forze sul territorio dell’Ucraina e non ha intenzione di inviare truppe. 
Bloomberg certifica il fallimento di Zelensky per ottenere il sostegno dell’Asia, che rimane nella sua quasi totalità un alleato fedele a Russia e Cina.
Il Ministero degli Esteri ucraino riferisce che agli ucraini che non si presenteranno all’ufficio di registrazione e arruolamento militare, entro 10 giorni dalla chiamata, verranno bloccati i conti bancari, i viaggi all’estero e saranno poste limitazioni alla guida. L’Ucraina ha, anche, problemi con il pagamento delle pensioni. Lo Stato darà una “garanzia minima” – ha detto la Vice Ministro delle Politiche Sociali Dariya Marchak – ma i cittadini “dovrebbero risparmiare da soli ed essere pronti a lavorare fino ad una età avanzata“.
Il segretario generale delle Nazioni Unite non parteciperà al “vertice per la pace” indetto da Zelensky in Svizzera, escludendo la Russia. Al momento – riferisce Bloomberg – sembra che solo il presidente di Timor Est e il ministro degli esteri di Singapore si recheranno in Svizzera. A loro si unirà un rappresentante delle Filippine.
L’ IGA (Institute for Global Affairs) ha effettuato un sondaggio, dal quale risulta che il 94% degli statunitensi e l’88% degli europei occidentali ritiene che la NATO dovrebbe porre fine alla guerra in Ucraina senza indebolire la Russia o riportare l’Ucraina ai suoi confini prebellici. La TASS riferisce che “le forze armate dell’Ucraina hanno lasciato le loro postazioni nella parte orientale di Chasov Yar“.
Inoltre, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg potrebbe abbandonare il progetto di creare un fondo di aiuti da 100 miliardi di euro per l’Ucraina, utilizzando i contributi dei Paesi dell’Alleanza nei prossimi cinque anni – riferisce Bloomberg. La nuova proposta prevederebbe 40 miliardi l’anno.
La Turchia, consigliando la NATO di evitare che le azioni previste appaiano come un inasprimento delle ostilità o un accesso diretto nei territori in guerra, riprenderà il commercio con Israele quando sarà raggiunto un accordo sul cessate il fuoco permanente sulla Striscia di Gaza. Lo ha annunciato il ministro del Commercio turco Omer Bolat.

LA CONFERENZA DI PACE IN SVIZZERA SALTERA’

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di Matteo Castagna* per https://www.2dipicche.news/la-conferenza-di-pace-in-svizzera-saltera/

Multipolare News ci racconta che gli ultimi sondaggi mostrano che ci sarebbe un sostanziale pareggio tra Trump e Biden per le elezioni presidenziali statunitensi. Trump, secondo altri sondaggi, sarebbe in vantaggio solamente di un punto percentuale sull’avversario. Ma la guerra tra Israele e Hamas ha diviso l’elettorato di Biden, con il 44% dei democratici che disapprova la sua gestione del conflitto.

Sembrerebbe che la maggioranza degli intervistati si fidi di Trump per quanto riguarda l’economia e la sicurezza, ma preferirebbe Biden per quanto riguarda il tema dell’aborto (sic!). Quel che fa ben sperare The Donald, è il recupero degli elettori che hanno fatto vincere Biden nel 2020: giovani, neri, ispanici e latini in generale sarebbero, sempre secondo la maggioranza dei sondaggisti, molto disillusi delle politiche e delle continue gaffes dell’attuale presidente.

Scandalo in Ucraina

Sul fronte ucraino, il blogger Vincenzo Lorusso informa dello scoppio di un grande scandalo di corruzione a causa della costruzione di fortificazioni difensive nella regione di Kharkov. Le attuali autorità promuovono questa costruzione da tanto tempo. In Aprile, il presidente Zelensky ha ispezionato le strutture finite. E’ emerso improvvisamente che non ci sono mai state fortificazioni e che decine di milioni di dollari sono stati, a tutti gli effetti, rubati. Infatti, il comandante di una delle unità delle forze armate ucraine, Denis Yaroslavsky ha affermato che la parte ucraina non ha attrezzato né fortificazioni né campi minati. Si è lamentato del fatto che in due anni al confine sarebbero dovute apparire strutture di cemento di “almeno tre piani”, ma non ci sono mai arrivate nemmeno le mine.

La corruzione in Ucraina rimane una delle più alte d’Europa. Lo afferma il rapporto al Congresso USA dell’Ispettore Generale del Pentagono Robert Storch. Egli afferma che il lavoro del Ministero della Difesa dell’Ucraina si basa su tangenti, bustarelle e prezzi eccessivi sugli approvvigionamenti. Secondo Storch, l’opacità del processo di approvvigionamento aumenta il livello di corruzione nel Paese di Zelensky.

Incontro Putin – Xi Jinping

La rivista The Economist ha contato il numero di incontri tra il leader cinese Xi Jinping e leader di altri Stati. Il 16 Maggio il presidente della Russia e il presidente della Repubblica Popolare cinese si sono incontrati per la 43ma volta.

E’ un dato che indica come siano diventati stretti i rapporti tra le due Superpotenze, in un’alleanza che si consolida sempre più a fronte di un Occidente sempre più sfilacciato e indeciso. Anche la Corea del Nord si sta muovendo. L’Agenzia KCNA ha riportato la notizia per cui Kim ha testato con successo un missile balistico tattico, con sistema di guida, “finalizzato allo sviluppo attivo di tecnologie belliche”.

La “conferenza di pace” Ucraina

Intanto, sempre l’Ucraina convocherà la sua “conferenza di pace” in Svizzera il 15 e 16 giugno. Sono stati invitati 160 Paesi. La Russia non vi parteciperà. La Svizzera afferma di aver ricevuto 50 telegrammi di conferma partecipazione. Lo scopo della conferenza è quello di esercitare “un’ampia pressione internazionale” sulla Federazione Russa nel contesto necessario all’Occidente per quanto riguarda le sue azioni in Ucraina.

Il Presidente Xi Jinping ha dichiarato durante durante i colloqui informali a Pechino con Putin, che la Cina sosterrà una conferenza di pace alla quale partecipino sia la Russia che l’Ucraina.

Il Presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa non parteciperà. ieri il leader brasiliano Josè Inàcio Lula da Silva ha annunciato il suo rifiuto. La CNN spiega che il motivo del rifiuto è che la diplomazia brasiliana non vede il motivo di un incontro di pace che non includa la Russia. Anche l’India si è ritirata.

Insomma, i BRICS+ fanno asse con Putin.

Perfino Joe Biden si è rifiutato di partecipare alla conferenza, evidentemente infruttuosa; non ha motivo di farsi carico di una situazione tossica alla vigilia delle elezioni. E se non ci vanno gli Stati Uniti, che senso ha che ci vadano gli altri? Per alcuni analisti, infatti, l’iniziativa non si farà.

Secondo la DZEN forse una cerchia ristretta di Paesi occidentali e Zelensky firmeranno qualcosa. Gli altri aspetteranno una vera conferenza di pace sull’Ucraina, ma nessuno sa quando né di cosa si parlerà.

 

*Pubblicista, Comunicatore Pubblico e Istituzionale tessera 2353, scrittore, finora di 3 libri e appassionato di Geopolitica, scrive ogni fine settimana, da oltre tre anni per: www.2dipicche.news, www.affaritaliani.it , www.informazionecattolica.it Stilum Curiae: www.marcotosatti.it  e, all’estero, viene tradotto e pubblicato in spagnolo da Voces del Periodista (America Latina) e Info.Hispania (per leggere tutti i suoi numerosi editoriali e articoli andate sulla home page dei media online indicati e scrivete il suo nome e cognome sul motore di ricerca) e, saltuariamente per altri quotidiani o riviste.

 

Il WEF a Davos ha mascherato con l’arroganza le sue debolezze

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EDITORIALE

di Matteo Castagna per Stilum Curiae e Affaritaliani

Nel corso della settimana si è svolta la cinquantaquattresima edizione del World Economic Forum a Davos. Come da consolidata tradizione, è stato un inno al politicamente corretto e alla sua “religione” transumanista, guerrafondaia, gretina e zeppa di amene fantasie distopiche. L’approccio dovrebbe essere quello di non prendere quest’assemblea troppo sul serio, solo perché vi partecipano i grandi della Terra.

Spesso, le uscite più deliranti non si avverano, ma servono come metodo comunicativo del terrore, per assoggettare le masse. L’ANSA del 18/01/24 diceva che a Davos prevedono che “la crisi climatica potrebbe causare 14,5 milioni di morti entro il 2050”. Si tratta di una pianificazione artefatta da psicopatici, di un metodo terroristico per arricchirsi sulla balla del riscaldamento globale, o di uno studio argomentato che, però, non viene reso pubblico?

Il giornalista Massimo Balsamo, in un articolo del 16 gennaio sul blog di Nicola Porro, ci racconta qualche retroscena, a partire dalla chiusura, con una cena in sala LGBTQI+. “Secondo quanto reso noto, l’appuntamento era riservato ai leader arcobaleno e avrebbero partecipato, tra gli altri, Shamina Singh, responsabile del Centro per la crescita inclusiva di Mastercard e l’economista capo di Allianz, Ludovic Subran. Una trovata sicuramente al passo dei tempi, ma probabilmente il contributo ai temi principali del vertice non sarà significativo”.

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha avuto un colloquio con il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg per richiedere un po’ di tutto, oltre al armi e soldi, anche una particolare forma di difesa aerea, che sarà discussa al prossimo incontro di Washington dell’Alleanza Atlantica. La giornalista Olga Skabeeva riporta un virgolettato di Stoltenberg, che ammette: “la situazione sul campo di battaglia è estremamente difficile.

I russi stanno ora avanzando su molti fronti. E, naturalmente, le offensive su larga scala degli ucraini lo scorso anno non hanno prodotto risultati. Lo speravamo tutti. La Russia ora sta rafforzando le sue forze, acquistando droni dall’Iran, creando la propria fabbrica di droni e ricevendo missili dalla RPDC. Non dobbiamo sottovalutare la Russia. Non dovremmo mai sottovalutarla”.

In questo scenario, non appare propriamente opportuna la scelta condivisa dal ministro delle finanze belga Vincent van Peteghem, che ha dichiarato che l’Unione europea ha iniziato i lavori, a livello tecnico, per sequestrare i beni congelati della Banca di Russia. Parliamo di 300 miliardi di dollari. Quiradiolondra.tv comunica che il 6 gennaio 2024, il presidente dell’Ucraina ha invitato gli alleati ad accelerare il trasferimento dei beni a Kiev.

La discussione del disegno di legge, necessario a tal fine, è prevista per febbraio 2024. Ma potrebbe iniziare prima del secondo anniversario dell’inizio delle ostilità, sul territorio dell’Ucraina. Il trasferimento di beni potrebbe essere una misura presa come ulteriore assistenza finanziaria a Kiev. Il Cremlino, per parte sua, ha, evidentemente, promesso di rispondere allo stesso modo al sequestro dei suoi beni.

Zenit riassume l’intervento di Zelensky sul palco di Davos in questo modo: egli “vorrebbe un’escalation tra la NATO e la Russia e si rammarica del fatto che le occasioni che avrebbero potuto portare all’allargamento e all’aggravamento del conflitto non siano state sfruttate dall’Alleanza Atlantica, che invece – fortunatamente – ha finora preferito non colpire direttamente la Federazione Russa”.  Si è auto-convinto che «le possibili direzioni e persino la tempistica di una nuova aggressione russa oltre l’Ucraina diventino sempre più evidenti», nonostante, in quasi due anni di combattimenti, su larga scala, l’Armata Russa non abbia ancora neppure completato la conquista del Donbass.

Eppure il Presidente ucraino si dice convinto che Putin possa perdere la guerra, che possa essere sconfitto sul campo di battaglia e rifiuta l’idea di un nuovo congelamento diplomatico delle ostilità.

La redazione di Zenit conclude evidenziando che questa sia “un’assurdità, che, però, trova sponda nella Presidente della Commissione Europea – Ursula von der Leyen – la quale, intervenendo anche lei al Forum, sostiene che «l’Ucraina può prevalere in questa guerra», ignorando quanto le conseguenze economiche e politiche del conflitto stiano danneggiando l’Ucraina e le casse della UE.

Il Ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius – riferisce sempre la conduttrice televisiva russa, Olga Skabeeva –  ha detto che “la guerra tra la NATO e la Federazione Russa potrebbe iniziare tra 5-8 anni”, basandosi sulle recenti dichiarazioni bellicose dei russi verso i Paesi baltici, oramai considerati membri NATO di fatto. Stoltenberg si augura di riuscire a fiaccare la Russia con una “guerra di logoramento”: “ciò significa che ora non dobbiamo solo implementare nuovi sistemi, ma anche pensare di avere abbastanza munizioni e abbastanza pezzi di ricambio”.

Ma le parole del Segretario Generale NATO sono in netto contrasto con le recenti parole del Primo Ministro slovacco, Robert Fico, convinto che l’assistenza militare occidentale all’Ucraina porterà solo ad un aumento di vittime, e che il conflitto in sé, “non ha soluzione militare”, come riporta l’inviato di guerra Andrea Lucidi.

Parlando degli attuali legami tra Mosca e Pechino, Lavrov ha spiegato che “le relazioni Russia-Cina, come i nostri leader hanno ripetutamente sottolineato, stanno attraversando la migliore fase di sempre. Queste relazioni sono più durature, affidabili ed avanzate di qualsiasi alleanza militare all’interno del vecchio quadro dell’era della Guerra Fredda”, ha aggiunto. Questo “riflette il modo in cui stanno realmente le cose”, ha sottolineato il ministro degli Esteri russo, citando come esempio i dati del commercio bilaterale dello scorso anno, che hanno ampiamente superato la soglia dei 200 miliardi di dollari.

“E questa tendenza continuerà ad evolversi”, ha assicurato Lavrov, promettendo sforzi in direzione di meccanismi nella cooperazione commerciale e di investimenti con la Cina tali “da non essere soggetti ad alcuna influenza occidentale”, con l’uso del rublo e dello yuan negli accordi commerciali bilaterali, che si aggira già intorno al 90%.

Nonostante questo scenario, secondo quanto riferisce la Cina, l’ufficio stampa di Zelensky avrebbe evitato di avallare l’incontro con il premier cinese Li Qiang. Zelensky ha dichiarato: “il primo ministro cinese può essere incontrato dal nostro primo ministro. Io vorrei incontrare il leader della Cina. Per quel che ne so, Xi Jinping prende le decisioni in Cina, in Ucraina invece lo faccio io. Non mi serve un dialogo, mi servono decisioni importanti dai Leaders che possono prenderle”.

Pechino non ha commentato riguardo ad un possibile incontro con il presidente cinese. L’Agenzia IZ RU riferisce che la decisione della Cina di non incontrare gli ucraini sembra essere stata intenzionale e non il risultato di problemi di programmazione. Due alti funzionari statunitensi hanno detto a “Politico” che la delegazione cinese ha rifiutato l’offerta dell’Ucraina per un incontro.

Nel frattempo, il Parlamento europeo, con un impulso di chiara matrice democratica, ha approvato una risoluzione, raccogliendo 345 voti favorevoli, che condanna i tentativi sistematici del governo ungherese di minare i “valori fondamentali” dell’UE. I membri del Parlamento europeo (MEP) hanno esortato l’Euro consiglio a valutare se l’Ungheria abbia violato l’articolo 7, paragrafo 2, del trattato UE attraverso una procedura più diretta.

Lo scrittore conservatore russo Nikolay Starikov osserva la riunione del WEF a Davos e afferma: “Che bello. L’ideologo globalista Klaus Schwab, in una conversazione con Serghey Brin, il creatore di Google, afferma che le elezioni, in linea di principio, non sono più necessarie. C’è l’intelligenza artificiale, che già prevede correttamente chi vincerà.

Allora perché perdere tempo e spendere soldi in queste procedure inutili? Basta chiedere all’intelligenza artificiale chi vincerà e nominarlo. Brin è, comprensibilmente, d’accordo e afferma che Google dispone già di tali sviluppi.

I ragazzi non sono più timidi di fronte a nulla. È chiaro perfino allo sciocco, chi l’intelligenza artificiale consiglierà di scegliere. Per una felice coincidenza, questo sarà sempre un personaggio gradito a Schwab e Brin. Ad esempio, tra Trump e Biden, il saggio robot di Google consiglierà naturalmente Biden. Semplice matematica. Nessun imbroglio di sorta. Davvero”. Mentre in Italia si distrae il popolo trascorrendo le settimane a discutere sulla legittimità dei “saluti romani” alle cerimonie commemorative…

La reazione della Rappresentante Ufficiale del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa Maria Zakharova sull’esito del nuovo incontro svoltosi a Davos, non si è fatta attendere. “Una risoluzione pacifica che sia davvero completa, giusta e stabile è possibile solo attraverso il ritorno dell’Ucraina alle origini della sua integrità statale, ossia a una posizione di Paese neutrale, non allineato e denuclearizzato, che agisce nel totale rispetto dei diritti e delle libertà dei cittadini residenti sul suo territorio, qualunque sia la loro etnia di appartenenza. […] Ed ha concluso:

“Purtroppo, tali presupposti non rientrano né nella “Formula di pace” di Vladimir Zelensky, né nell’agenda degli incontri del “formato di Copenhagen”, come Davos e gli incontri che verranno, che sono insensati e dannosi ai fini di una risoluzione della crisi ucraina. I “principi di pace per l’Ucraina”, che i suoi organizzatori stanno tentando di elaborare sono impraticabili a priori”.

Chi sembra non accorgersi che equilibri, alleanze e rapporti di forza sono in totale cambiamento, continuando a comportarsi con l’arrogante presunzione di chi vive fuori dalla realtà, appaiono solamente gli USA e l’Occidente suo vassallo.

Fonte: https://www.marcotosatti.com/2024/01/20/il-wef-a-davos-ha-mascherato-con-larroganza-le-sue-debolezze-matteo-castagna/

Fonte: https://www.affaritaliani.it/esteri/davos-2024-il-solito-inno-al-politicamente-corretto-le-debolezze-del-wef-896797.html

Putin vince con lentezza, la Nato ignorante perde

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del Prof. Alessandro Orsini

Dopo avere dissanguato l’esercito per conquistare quasi niente, Zelensky sta perdendo pure quello.
Ad agosto l’Ucraina aveva ripreso il villaggio di Robotine al prezzo di migliaia di morti nell’Oblast di Zaporizhzhia. Muovendo da Robotine, Zelensky giurava di marciare su Tokmak e Melitopol per riconquistare il Mar d’Azov. Gli ucraini avrebbero spaccato l’esercito russo in due impedendo alla Crimea di ricevere rifornimenti dalla madrepatria. Caduta la Crimea, Putin avrebbe supplicato Zelensky di non imporgli una pace troppo umiliante. E, invece, gli ucraini non si sono mai mossi da Robotine. Questo fatto, di per sé iper-tragico, basterebbe a chiudere ogni discorso sulla sconfitta della Nato, ma le cose sono andate addirittura peggio.
Mentre scrivo, i russi hanno deciso di riprendersi pure Robotine, il quasi-niente costato quasi-tutto agli ucraini. Dissi che la controffensiva sarebbe stato un fallimento colossale che avrebbe dissanguato l’esercito ucraino esponendolo alla “contro-controffensiva” russa. È quel che sta accadendo. Quando politici e media ritraevano la Russia come un esercito di cartone “perché non ha conquistato l’Ucraina in tre giorni”, spiegavo che quella lentezza era intenzionale poiché perseguiva sei obiettivi.
Il primo obiettivo della lentezza era di concedere all’esercito ucraino il tempo di crollare. I generali russi procedono lentamente perché preferiscono conquistare il maggior numero possibile di territori contro un esercito esangue e demotivato. La Russia si è data il tempo di dare il tempo all’Ucraina di crollare. La presunzione dell’Occidente non ha consentito alle lobby della Nato – che controllano radio, televisioni e dipartimenti di scienza politica – di comprendere il significato tragico della lentezza russa.
Il secondo obiettivo della lentezza era di non infastidire la società civile. Procedendo un po’ alla volta, Putin non ha dovuto avviare una mobilitazione totale che gli avrebbe sottratto consensi. La vita quotidiana in Russia scorre come sempre e Putin viaggia verso la riconferma alle prossime presidenziali.
Il terzo obiettivo della lentezza era di attendere che l’Unione europea andasse in recessione, com’è accaduto.
Il quarto obiettivo era di attendere la crisi dell’industria militare dell’Unione europea che si è verificata. L’Unione europea non riesce a dare a Zelensky la protezione aerea di cui ha bisogno, come dimostra l’ultima pioggia di missili caduta sugli ucraini. Dai carri armati agli F-16, dalle batterie anti-aeree alle munizioni per l’artiglieria, l’industria militare europea non regge il passo di quella russa.
Il quinto obiettivo della lentezza russa era di non precipitare l’Occidente nel panico lanciando un assalto fulmineo con un milione e mezzo di soldati. Una mossa così rapida avrebbe diffuso il panico in Europa aumentando il rischio della sua partecipazione diretta al conflitto con l’invio di truppe.
Il sesto obiettivo della lentezza di Putin è di dare il tempo alla Russia di attrezzarsi per la Terza guerra mondiale, come sta facendo. La lentezza della guerra in Ucraina favorisce la velocità del riarmo in Russia.
Un giorno i Draghi, i Calenda & C. capiranno la ragione della lentezza russa. Tuttavia la comprensione richiede che l’Occidente si liberi dei propri complessi di superiorità, in stile Corriere della Sera, che lo inducono a vedere gli altri popoli come inferiori, ignoranti, arretrati e dipendenti dall’economia europea. Salvo scoprire che l’Europa dipende dalla Russia più di quanto la Russia dipenda dall’Europa.

La Guerra Nato-Russia, la UE “strozzinata” dal Gas USA

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Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Matteo Castagna offre alla vostra attenzione queste considerazioni di geopolitica. Buona lettura e condivisione.

La Guerra Nato-Russia, la UE “Strozzinata” dal Gas USA. Matteo Castagna

§§§

di Matteo Castagna

Il vice ministro degli Esteri russo Mikhail Galuzin ha detto che gli Stati Uniti considerano, da tempo, il Caucaso meridionale come un possibile trampolino di lancio contro la Federazione Russa.

In quella zona, infatti, ci sono molti russofobi. Basti pensare alla Georgia, ma anche all’Armenia, che ha, recentemente, puntato la sua politica verso un riavvicinamento con l’Occidente. Inoltre, entrambi i Paesi sono desiderosi di entrare nella NATO. Cosa porterà questa posizione, in termini di sicurezza dell’Armenia e degli interessi del popolo armeno è, ovviamente, un punto interrogativo.

Quanto alla Russia, osserviamo un atteggiamento ammorbidito da parte della UE. Non figurano, infatti, nel 12° pacchetto di sanzioni ben 3 proposte, che sono state respinte: 1) il divieto di trasferimento fondi in Russia. 2) il divieto di vendita navi cisterna alla Russia. 3) l’ inserimento obbligatorio di clausole che vietino di ri-esportare, nelle vendite a paesi terzi.

Una recente analisi di “Sputnik” sui dati Eurostat ha scoperto che i Paesi dell’Unione Europea hanno dovuto pagare circa 185 miliardi euro in più per il gas naturale negli ultimi 20 mesi, dopo aver smesso di utilizzare i gasdotti russi, affidabili e a basso costo.

In compenso, la prestigiosa agenzia Reuters riporta che le esportazioni statunitensi di gas naturale liquefatto (GNL) hanno raggiunto livelli record mensili e annuali a dicembre, secondo i dati di monitoraggio delle navi cisterna, con gli analisti che affermano che ciò consentirà agli Stati Uniti di scavalcare Qatar e Australia, divenendo il più grande esportatore di GNL del 2023.

L’Europa è rimasta la principale destinazione delle esportazioni di GNL statunitense a dicembre, con 5,43 tonnellate, ovvero poco più del 61%. L’Asia è stato il secondo mercato di esportazione per il GNL statunitense a dicembre, assorbendo 2,29 milioni di tonnellate, ovvero il 26,6%, delle esportazioni. Sempre Reuters riporta che Il gigante energetico russo Gazprom ha annunciato di aver stabilito un nuovo record giornaliero per le forniture di gas alla Cina, attraverso il gasdotto Power of Siberia.

Gazprom ha detto che la cifra di esportazione del 2023 era di 700 milioni di metri cubi in più di quanto non fosse contrattualmente obbligata a spedire in Cina, attraverso il Potere della Siberia. Ha ribadito che il gasdotto raggiungerà la piena capacità di esportazione di 38 miliardi di metri cubi nel 2025. La Russia sta aumentando le forniture alla Cina per compensare la perdita della maggior parte delle sue vendite di gas in Europa, dall’inizio della guerra in Ucraina, aggirando, così, le sanzioni.

Il quotidiano britannico The Times riporta che i ministri britannici e della UE stanno “cercando disperatamente di aumentare la capacità produttiva in tutto il continente, per essere in grado di inviare armi e munizioni al fronte e contenere Vladimir Putin per almeno un altro anno, indipendentemente dal sostegno degli Stati Uniti”. Va notato che alcuni esperti americani che commentano l’articolo del Times osservano che, in assenza del sostegno degli Stati Uniti, una corsa agli armamenti con la Russia potrebbe essere fatale per l’UE, quanto una corsa simile lo fu con gli Stati Uniti, per l’economia dell’URSS. In effetti, la situazione generale degli USA di Joe Biden potrebbe destare qualche preoccupazione all’alleanza occidentale.

The Washington Post riferisce che il debito nazionale ha superato la soglia dei 34 mila miliardi di dollari. I principali acquirenti del debito pubblico americano sono i Paesi asiatici (Corea del Sud, Giappone e Cina) e se le loro quote venissero ridotte, in futuro, potrebbero avere ripercussioni sulla sicurezza nazionale e su molte sfere sociali degli Stati Uniti. “Washington ha speso soldi come se avesse risorse infinite, ma non ci saranno più pasti gratuiti, e le prospettive sono piuttosto cupe”, ha commentato l’economista Son Won-sung.

Per intenderci, in generale l’Occidente utilizza il denaro (o meglio il suo ritiro dalle economie di altri paesi) come leva nel quadro di una guerra economica internazionale. Il principale avversario degli Stati Uniti è la Cina, da dove vengono sistematicamente ritirati i soldi. Svendendo il loro debito nazionale a destra e a manca (e aumentandolo) gli Stati rischiano di mettere tutte le loro sfere sociali sull’orlo del collasso, se i “grandi attori” vogliono fare pressione su Washington, senza tener conto dell’aspetto materiale della questione (o, ad esempio, in caso di conflitto a Taiwan).

Quanto all’Ucraina, la situazione si fa sempre più difficile. Il giornale tedesco Der Spiegel riporta le parole del deputato ed economista dei Verdi Sebastian Schaefer, il quale ha affermato che a Kiev non è rimasto praticamente in servizio alcun moderno carro armato tedesco Leopard 2A6. Secondo Schaefer, al momento, dei 18 carri armati consegnati, quasi tutti sono gravemente danneggiati e tecnicamente usurati. Secondo Schaefer esiste “un’ urgente necessità” che la situazione delle riparazioni dei carri armati migliori il più rapidamente possibile. Altrimenti, Kiev rischia di rimanere senza carri armati, oltre che senza la possibilità di ripararli.

Il canale telegram ucraino Resident aggiunge: “La nostra fonte nell’ufficio del presidente ha affermato che il problema principale della mobilitazione è la scarsa motivazione degli ucraini, che sono pronti a rinunciare alla cittadinanza o a ricevere una vera pena detentiva, ma non ad andare al fronte. Il fallimento della controffensiva è diventato un catalizzatore di delusione nella società, e le grandi perdite hanno confermato l’incompetenza del comando.

Si è consolidata l’opinione che se vieni portato al fronte, nella migliore delle ipotesi tornerai invalido e nella peggiore delle ipotesi morirai”. Il Corriere della Sera sembra allinearsi a questa posizione, scrivendo di diminuzione del sostegno occidentale, popolarità in calo, crescita del pessimismo sulla situazione al fronte, crescita dell’opposizione interna. Il Corsera si riferisce a un sondaggio del KIIS, i cui risultati hanno mostrato un atteggiamento negativo nei confronti dell’attuale governo, dopo la sconfitta della controffensiva, che sta portando il Paese su una strada ostile alle decisioni della NATO.

Sulla stessa lunghezza d’onda, si colloca un pesante articolo del New York Times del 3 gennaio. Gli ucraini non si fidano più delle autorità e ritengono le trasmissioni televisive di Zelensky come propaganda. “Dopo quasi due anni di guerra”, scrive il NYT, “gli ucraini sono stanchi del Telethon. Quello che un tempo era considerato uno strumento fondamentale per unire il Paese, oggi è sempre più ridicolizzato…Gli spettatori lamentano che il programma dipinge un quadro troppo roseo, nascondendo eventi preoccupanti al fronte e il calo del sostegno occidentale all’Ucraina… e, infine, non riesce a preparare i cittadini per una lunga guerra”.

The Telegraph scrive che la difesa aerea ucraina non sarà in grado di respingere tutti gli attacchi russi, quest’inverno. E prosegue: “le forze armate ucraine sono costrette a conservare le munizioni per i sistemi di difesa aerea. Quest’inverno, secondo gli esperti, i sistemi missilistici di difesa aerea dovranno prendersi cura di loro ancora di più. Le forze di difesa aerea saranno costrette a non rispondere affatto ad alcuni obiettivi, poiché non avranno missili intercettori. Di particolare preoccupazione è la possibile carenza di missili intercettori per la difesa aerea Patriot”.

The Guardian scrive che il presidente Vladimir Putin ha detto che Mosca intensificherà gli attacchi contro obiettivi militari in Ucraina. Putin ha parlato dopo l’attacco ucraino di sabato scorso alla città russa di Belgorod, che secondo le autorità locali ha ucciso 25 persone, tra cui cinque bambini. Dal canto suo, Kuleba ha spiegato agli americani che devono pagare la guerra in Ucraina perché Kiev non ha un piano B.

John Kirby, coordinatore per le comunicazioni strategiche del Consiglio di Sicurezza Nazionale, ha specificato che il pacchetto di assistenza militare all’Ucraina, annunciato da Washington il 27 dicembre, è stato l’ultimo di quelli che gli Stati Uniti potranno fornire a Kiev, fino a quando il Congresso non avrà stanziato fondi aggiuntivi per questi scopi. Secondo lui, la Casa Bianca non sarà in grado di trovare fondi per l’Ucraina da fonti alternative, se il Congresso, con la maggioranza dei Repubblicani già scettica, non sarà d’accordo sulla richiesta di nuovi aiuti a Kiev.

L’escalation di violenza è proseguita dopo che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato all’Economist che l’idea che la Russia stesse vincendo la guerra, durata quasi due anni, era solo una “sensazione” e che Mosca stava ancora subendo pesanti perdite sul campo di battaglia. Zelensky non ha fornito alcuna prova delle sue affermazioni sulle perdite russe.

Putin ha indicato che l’”iniziativa strategica”, nel prolungato conflitto in Ucraina, è da parte russa, dopo il fallimento della controffensiva ucraina, in estate. Ha, anche, sottolineato che Mosca vuole porre fine al conflitto, che dura da quasi due anni, “il più rapidamente possibile”, ma “solo alle nostre condizioni”.

Secondo un sondaggio, prodotto da USA Today in collaborazione con l’Università di Suffolk, il sostegno al presidente degli Stati Uniti Joe Biden tra gli elettori neri e ispanici è diminuito in modo significativo, con le generazioni più giovani che preferiscono l’ex presidente Donald Trump. Nell’articolo si legge che “Biden ora rivendica il sostegno di appena il 63% degli elettori neri, in netto calo rispetto all’87% che aveva nel 2020”.

C’è già un retroscena, secondo il quotidiano statunitense “Politico”: il “Deep State” non può permettersi il ritorno di Trump, che scompaginerebbe molti piani dei globalisti liberal americani.  “Politico” ha scritto che tutto ruota attorno ai finanziamenti per l’Ucraina.

Vogliono usare Israele per giustificare il pacchetto di finanziamenti per l’Ucraina. Stanno promuovendo DeSantis e Haley, cercando disperatamente di convincere uno di questi due a battere Trump alle primarie, perché sostengono il finanziamento dell’Ucraina. Come previsto, il 2024 sarà un anno molto difficile, ma, forse, determinante, per gli equilibri globali.

ENNESIMO BARBARO ATTACCO DEL REGIME DI KIEV ALLA POPOLAZIONE CIVILE RUSSA

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DICHIARAZIONE DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI DELLA FEDERAZIONE RUSSA IN RELAZIONE ALL’ENNESIMO BARBARO ATTACCO DEL REGIME DI KIEV ALLA POPOLAZIONE CIVILE RUSSA

Il regime di Kiev HA MOSTRATO ANCORA UNA VOLTA LA SUA INIQUA NATURA NAZISTA. Ha commesso un altro crimine cinico e sanguinoso attaccando con lanciarazzi multipli i quartieri residenziali della città di Belgorod.

I consiglieri britannici e americani, che OSTINATAMENTE E IRRESPONSABILMENTE regolarmente incitano le autorità dell’attuale UCRAINA a commettere crimini sanguinosi, sono stati direttamente coinvolti nell’organizzazione di questo attacco terroristico. Anche i Paesi dell’Unione Europea ne sono responsabili, poiché continuano a rifornire di armi le autorità ucraine.

Va sottolineato che l’attacco è stato deliberatamente mirato a luoghi in cui erano ammassati i civili, famiglie con bambini.
I criminali ucraini hanno utilizzato munizioni a grappolo per aumentare il numero delle vittime dell’attacco terroristico.

Il bombardamento di aree popolate nel Donbass, nelle regioni di Kherson e Zaporozhye, in Crimea e in altre regioni russe, l’uccisione spietata e cieca di civili testimoniano l’agonia del regime neonazista di Zelensky, impantanato nel terrorismo, nell’illegalità, nella corruzione e nel cinismo, che nella sua rabbia impotente cerca di uccidere il maggior numero possibile di russi per compiacere i suoi padroni occidentali.

Tutti gli organizzatori e gli autori di questo e di altri crimini della giunta di Kiev saranno inevitabilmente puniti secondo la legge.

Chiediamo a tutti i governi responsabili e alle strutture internazionali competenti di emettere una forte condanna di questo brutale attacco terroristico e di prendere pubblicamente le distanze dal regime di Kiev e dai suoi collaboratori occidentali che commettono tali crimini.

IL SILENZIO IN RISPOSTA ALLA BARBARIE DEGLI UKRONACISTI E DEI LORO COMPLICI PROVENIENTI DALLE “DEMOCRAZIE CIVILIZZATE” EQUIVARRÀ A FAVORIRE LE LORO AZIONI SANGUINARIE.

Fonte

Russia-Ucraina: è il momento di negoziare

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L’EDITORIALE 

di Matteo Castagna – ripreso dal sito www.marcotosatti.it Stilum Curiae del vaticanista Marco Tosatti, che ringraziamo per la stima: https://www.marcotosatti.com/2023/11/25/russia-ucraina-e-il-momento-di-negoziare-con-putin-matteo-castagna/

L’informazione mainstream ci ha abituato all’utilizzo di notizie ripetute fino alla nausea, per un certo lasso temporale, al fine di distrarre l’opinione pubblica da altre questioni importanti, che vuole far passare in sordina. E’ il caso drammatico dell’assassinio della povera Giulia? Forse. Molti vorrebbero che prevalesse il silenzio, almeno fino agli esiti del processo nei confronti di Turetta, momentaneamente in galera a Verona, in attesa di un carcere che abbia una “sezione protetti”…
Lasciando che le indagini e la giustizia facciano il loro corso, augurandoci il massimo dell’equità, osserviamo che gli equilibri mondiali, in progressivo mutamento, sono determinati da fatti che l’opinione pubblica dovrebbe ben conoscere, perché i cambiamenti epocali non cadano addosso alle persone come fossero macigni, provocando disagio e disorientamento, più di quanto vi sia già, a causa dell’imposizione da parte del Sistema globale di ideologie sovversive dell’ordine naturale.
Il Ministero degli Esteri cinese ha annunciato, nell’ultima puntata di Osservatorio sui Mondi, a Pechino, che i Paesi Arabi e musulmani chiedono la fine delle ostilità a Gaza Il capo della diplomazia cinese, Wang Yi, ha avuto un colloquio con la delegazione congiunta dei ministri degli Esteri dei paesi arabi e musulmani, che hanno scelto la Cina come prima prima tappa del loro tour di mediazione internazionale sulla questione palestinese. Durante l’incontro, hanno chiesto un immediato cessate il fuoco a Gaza, sottolineando l’importanza di consentire l’accesso degli aiuti umanitari nell’enclave palestinese devastata. Inoltre, il capo della diplomazia cinese Wang Li ha sottolineato che qualsiasi accordo sul futuro e il destino della Palestina deve derivare dal consenso del popolo palestinese. Nonostante qualche intoppo, la mediazione cinese sta funzionando, nel senso che è in corso un breve periodo di tregua, con rilascio degli ostaggi.

Sul fronte russo, il Presidente Vladimir Putin ha partecipato al vertice di Minsk, in Bielorussia, del CSTO, che è un’ alleanza militare difensiva, composta da Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan. Lo zar ha detto che la Russia rigetta ogni forma di terrorismo, che l’Organizzazione dei Paesi membri CSTO si sta ampliando e che ha stipulato importanti accordi  commerciali e sulle imprese militari. Infine, il dato maggiormente significativo è la costituzione, nell’ambito del CSTO, di un Consiglio di coordinamento per la Sicurezza biologica. Un atto preventivo, che, seppur in un’ottica difensiva, riesce a tenere col fiato sospeso tutto il mondo.

Il New York Times del 23 novembre ha titolato: “Al vertice BRICS, i paesi divergono leggermente su Israele e sulla guerra a Gaza”. Non si capisce dove si trovi questa piccola divergenza, dato che l’articolo stesso riporta la notizia di una dichiarazione congiunta firmata dai BRICS martedì 21 Novembre che include, tra le richieste: “il rilascio di tutti i civili tenuti prigionieri illegalmente, nonché una tregua umanitaria che porterebbe alla cessazione delle ostilità”. Sempre il NYT precisava che, nel testo condiviso dai Paesi membri BRICS c’è scritto: “abbiamo condannato qualsiasi tipo di trasferimento e deportazione individuale o di massa dei palestinesi dalla propria terra”. Poiché nella dichiarazione vi è anche scritto che i BRICS (alleanza politico-strategica e commerciale tra Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica e altri Paesi, cosiddetti in “via di sviluppo”) “condannano gli atti di brutalità contro i palestinesi e israeliani”, osserviamo come la diplomazia degli Stati non atlantisti stia lavorando separatamente, ma nella medesima direzione, rivolta a cercare percorsi adeguati per giungere alla pace, nei conflitti in corso, sia in Ucraina, che in Medio Oriente.
Ne consegue che l’Occidente, a trazione anglo-americana, rimane alquanto isolato nella volontà di proseguire con le guerre, per il mantenimento di un potere unipolare che non è più possibile conservare. Clamorosa, al riguardo, la dichiarazione all’agenzia Strana.ua del 24.11.23 di David Arakhamia, leader parlamentare ucraino del partito “Servitore del popolo” del Presidente Zelensky: “La guerra sarebbe potuta finire nella primavera del 2022, ma la Gran Bretagna ha imposto di proseguire a combattere”, perché l’accordo avrebbe previsto, per parte ucraina, l’accettazione della neutralità e la rinuncia all’ingresso della NATO.
La Russia avrebbe ritirato il proprio esercito ed il Donbass avrebbe dovuto ottenere ampie autonomie all’interno dell’Ucraina. Ciò era stato confermato anche dall’ex cancelliere tedesco Schroeder, il quale aveva partecipato ai negoziati (secondo lui, falliti a causa delle pressioni USA).
Ma poi – ha concluso Arakhamia – «Boris Johnson è arrivato a Kiev dicendo che non voleva firmare nulla con i russi e di continuare semplicemente a combattere».
Ora, il partito di Zelensky vede un’unica via d’uscita nell’apertura di negoziati con la Russia, perché la guerra è praticamente persa e la situazione generale del Paese è disastrosa. L’ex comico, però, non si rassegna e, da un’emittente televisiva ucraina, chiede 50 miliardi di dollari all’Occidente, per continuare il conflitto…
Sullo sfondo, gli Stati Uniti apprendono che l’Iran sta considerando di vendere missili balistici a corto raggio alla Russia. Lo ha annunciato il Rappresentante Ufficiale del Pentagono, Contrammiraglio della Marina John Kirby. Il tono molto preoccupato dell’ufficiale americano è più che giustificabile, dato che già l’anno scorso, al fronte, sono stati fotografati degli eccellenti PTRK iraniani, che sono le repliche dei russi Kornet, e militari russi che indossavano corazze iraniane.
La Russia, come gli Stati Uniti, è firmataria del “Trattato INF”, che vieta lo sviluppo di missili a corto raggio, in grado di viaggiare oltre i 500 chilometri. L’Iran non è tra i firmatari del Trattato. Perciò dispone di missili che potrebbero essere molto utili alla causa russa: Fateh-110 e Zolfaghar. Il raggio d’azione dei primi è di 300 chilometri (addirittura inferiore a quello dei missili Iskander 9M723), mentre i secondi hanno una gittata di 700 chilometri.
Nel settembre 2022, l’Iran ha mostrato i missili balistici Rezvan, a testata staccabile, con una gittata di 1.400 chilometri. Questo è già sufficiente per bombardare l’Ucraina, non solo da nord a sud, ma anche da ovest a est. Perciò, sarebbe da irresponsabili insistere nel rifiutare i negoziati con Putin, anche perché egli dispone di un alleato come l’Iran, che è molto forte e che potrebbe innescare, col suo intervento bellico, un’escalation che con gran facilità potrebbe velocemente proporsi anche in Medio Oriente.

La disperazione di Zelens’kyj

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di Fulvio Scaglione

Fonte: lettere da Mosca

Non so se si tratti di una sensazione solo mia ma nell’ultima mossa del presidente Zelens’kyj si avverte un senso di disperazione che dovrebbe preoccupare tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’Ucraina. Ricapitoliamo: Zelens’kyj ha annunciato l’intenzione di licenziare tutti i funzionari regionali preposti al reclutamento militare per sostituirli con militari veri e propri. L’accusa del Presidente è: corruzione. Un sistema di arricchimento illecito, realizzato soprattutto con la vendita di false esenzioni dalla leva, che, come dice giustamente Zelens’kyj, in un Paese in guerra “equivale al tradimento”.
Il problema, però, è che questa storia della corruzione (e del tradimento) va avanti da più di un anno, cioè da quando la struttura presidenziale ha avviato una serie di epurazioni che, nel luglio del 2022, presero il via con il licenziamento di Igor Bakanov, l’amico d’infanzia che Zelens’kyj aveva nominato capo dei servizi segreti (SBU) e di Irina Venediktova, l’ex responsabile della sua campagna elettorale nominata Procuratrice generale dell’Ucraina. Anche allora le accuse oscillavano tra corruzione e tradimento. Lo stesso Zelensk’yj disse che tra i dipendenti della Procura erano stati aperti 650 procedimenti penali. In senso politico e amministrativo, una strage.
Già allora si poteva intuire un certo tasso di disperazione: Zelens’kyj, fin dai primi giorni della sua presidenza, ha applicato uno spoil system implacabile. Che rinunciasse a due membri così importanti del suo cerchio magico, per di più distruggendoli con accuse  pesantissime, dava da pensare. Ne ho scritto e raccontato più volte per Limes, in tempi affatto sospetti, e non sto quindi a dilungarmi. Resta il fatto che da allora le purghe non si sono mai fermate e hanno investito tutti i settori decisivi: i dirigenti dell’industria della Difesa, lo stesso ministero della Difesa con lo scandalo delle forniture all’esercito a prezzi gonfiati  costato dimissioni “cosmetiche” al viceministro, gli alti gradi dell’esercito e quelli medi dei servizi segreti, i dirigenti regionali e comunali e così via. Da un certo punto in poi, all’intelligence militare diretta dall’astro nascente Kyrylo Budanov sono stati persino affidati i compiti della ollizia giudiziaria.
Per un po’, tutto è stato giustificato con le dure necessità di un Paese invaso, devastato dai bombardamenti e, di fatto, rimasto in vita per il valore dei suoi combattenti e per i massicci aiuti finanziari e militari ricevuti dall’estero.  E anche, almeno dal mio punto di vista, con il desiderio di Zelens’yj di garantirsi quadri di sua scelta e di presumibile maggiore fedeltà per qualunque evenienza futura. Non bisogna infatti dimenticare che Zelensk’yj aveva trionfato nelle presidenziali del 2019 e, nello stesso anno, aveva portato al trionfo e alla maggiora Enza assoluta dei seggi parlamentari il suo partito Servo del Popolo. Ma nelle elezioni amministrative del 2020 aveva perso ovunque: in ogni centro ucraino di un qualche importanza Servo del Popolo era stato sconfitto. Nella capitale Kiev la candidata di Zelens’kyj, l’attuale vicepremier Vershchuk, era arrivata addirittura quinta. In sostanza: Zelensk’yj aveva un dominio assoluto sul centro e poco o punto controllo sulla periferia. Logico che volesse approfittare della legge marziale per cambiare la situazione.
Adesso, però, il tasso di disperazione è salito ancora. Il licenziamento dei funzionari preposti alla mobilitazione per la leva arriva dopo mesi di voci sul siluramento del ministro della Difesa Reznikov, che avrebbe dovuto lasciare (in agguato, per sostituirlo, il solito Budanov) con il primo scandalo corruzione, e che viene dato per prossimo ambasciatore ucraino nel Regno Unito, ma che è stato salvato dalle faide interne a Servo del Popolo. E, soprattutto, arriva mentre la controffensiva ucraina sembra non produrre risultati e le truppe russe in qualche settore, per esempio quello di Kupiansk, tentano addirittura non di difendersi ma di avanzare.
In ogni caso, il provvedimento deciso da Zelensk’yj come minimo significa due cose. La prima è che, al di là di ogni retorica, il sistema ucraino di reclutamento funziona male e che i giovani cercano di sottrarsi al servizio militare al fronte. La seconda è che, a quattro anni dall’insediamento e con le leggi d’emergenza e poi la legge marziale dalla sua parte, Zelens’kyj controlla sempre meno il Paese. Ha dalla sua le forze armate e gli alti gradi dell’esercito, a partire dal comandante in capo Zaluzhny, e ancor più i servizi segreti, cosa decisiva in un Paese in guerra. Ma il resto, dopo un anno abbondante di purghe, sembra smottargli sotto i piedi. Tutto è tranne che una buona notizia. Per Zelens’kyj e per gli ucraini, ovviamente. Di sicuro per tutti gli ingenui che da due anni scrivono che basta riempire l’Ucraina di armi per risolvere il problema. Ma infine anche per tutti coloro che vogliono veder finire al più presto questa follia: per affrontare le sfide di una tregua e, si spera, di una pacificazione, l’Ucraina ha bisogno non di disperazione ma di una guida salda. Almeno quanto lo è stata quella che l’ha guidata in questo anni e mezzo di guerra.

E se il dollaro crollasse?

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L’EDITORIALE

di Matteo Castagna perhttps://www.informazionecattolica.it/2023/07/24/e-se-il-dollaro-crollasse/  – pubblicato anche da www.2dipicche.news – www.tgpadova.telenuovo.org

e all’estero, tradotto in spagnolo dai giornalisti messicani per www.info.Hispania.it e Voces del Periodista

LA POTENZIALE FINE DEL REGNO DEL DOLLARO USA COME VALUTA DI RISERVA GLOBALE

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L’ambasciata russa in Kenya ha pubblicato su Twitter la seguente dichiarazione: “I paesi BRICS stanno pianificando di introdurre una nuova valuta commerciale, che sarà sostenuta dall’oro. Sempre più contee hanno recentemente espresso il desiderio di aderire ai BRICS”.

Questa mossa verso la de-dollarizzazione simboleggia una potenziale fine del regno del dollaro USA come valuta di riserva globale. Gli impatti di questo cambiamento si svilupperanno senza dubbio nei prossimi mesi, suggerendo la fine di un’era di dominio statunitense e l’inizio di una nuova era di stabilità economica e prosperità per le nazioni BRICS+.

Al loro prossimo vertice di agosto a Johannesburg, in Sudafrica, previsto tra il 22 e il 24 Agosto, Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica e numerosi altri Stati africani e latino-americani delibereranno in merito.

John Maynard Keynes (1883 – 1946) ha scritto che non c’è mezzo più sicuro per rovesciare un sistema economico che minare la fiducia nella sua moneta. L’ economia americana, pur rimanendo la più grande del pianeta, oggi corrisponde solo al 20% del pil mondiale. Il primato del dollaro, a livello geopolitico, pone gli Stati Uniti in una situazione di vantaggio senza eguali, soprattutto per quanto riguarda le materie prime, come gas naturale e petrolio, che la Federal Reserve può giocarsi come meglio crede nei confronti dei commerci internazionali. Ma la crisi politica, successiva alle elezioni di metà mandato, ha consegnato la maggioranza al Congresso ai repubblicani e una risicata maggioranza dei democratici al Senato.

Filippo Gori, su Limes (n.6/2023) scrive: “Il rischio di un default conseguente al mancato innalzamento del tetto d’indebitamento, danneggia la fiducia negli Stati Uniti e nel dollaro, cioè nella stabilità economico-politica del paese che è alla base del primato della sua valuta nel sistema finanziario globale. Non solo. Il costo per i paesi detentori di riserve valutarie in dollari – tipicamente accumulate con l’acquisto di titoli del Tesoro statunitense – di una possibile insolvenza americana pesa sull’utilizzo del biglietto verde negli scambi internazionali. Il ricorrere di crisi del tetto del debito, pertanto, non configura solo un rischio per la stabilità economica della più grande economia del mondo, ma anche una minaccia al ruolo dominante del dollaro nel sistema finanziario internazionale”.

In tale contesto, si andrebbe a favorire l’ingresso nel mercato globale di valute alternative, come quella anticipata ai media dai portavoce BRICS+. Osserva acutamente, sempre Gori: “la sempre maggiore frammentazione geopolitica, l’aumento delle tensioni economico-strategiche e il crescente uso del dollaro come strumento di politica estera da parte statunitense spingono tuttavia i rivali strategici di Washington, su tutti Russia e Cina, verso sistemi di pagamento indipendenti dal dollaro. Pechino, per volume di scambi commerciali e rilevanza economica, è oggi l’unico paese in grado di offrirne uno”.

Molti Paesi potrebbero far venir meno la loro fiducia nei confronti del biglietto verde se, come appare all’orizzonte, gli Stati Uniti andassero incontro a ricorrenti crisi del tetto del debito. E’ certo che – come conclude Filippo Gori – “non c’è mezzo più sicuro per rovesciare l’attuale sistema economico che minare la fiducia nella sua moneta”.

La crisi americana non è, però, soltanto di natura economica, perché è in corso uno sviluppo multipolare destinato ad emarginare il dollaro, quanto sociale e, quindi politica. Sembrerebbero raffreddarsi le posizioni americane e UE pro Zelensky, cui viene vietato l’ingresso nella NATO, forse per non provocare la Russia e mantenere al passo coi cambiamenti gli interessi finanziari statunitensi, che hanno visto un’ importante tappa nell’incontro tra il sempreverde Henry Kissinger e il Presidente cinese Xi Jinping.

Negli stravolgimenti socio-culturali dell’ideologia wok, che muta ogni paradigma naturale e ovvio, consacrando la dimensione, spesso distopica, dell’assurdo come forma di nuova normalità, l’Occidente liberale, costituito dall’Europa sembra seguire, senza ragionare, la deriva d’Oltreoceano, che rischia di crollare miseramente, se venisse accantonato il dollaro e, quindi, il potere globale degli americani venisse ampiamente ridimensionato.

Anziché intestardirsi nel rifiutare un mondo multipolare, il patto atlantico dovrebbe guardare al resto del mondo senza pregiudizi, guarendo dalla miopia che lo attanaglia, perché il processo di cambiamento di potere è già in corso e, difficilmente, farà passi indietro.

I BRICS+, seppur con sfumature differenti, mantengono una visione della vita molto lontana da quella liberal, che si avvicina a quella dell’ortodossia cattolica in campo etico e morale. Inconcepibile per loro che un uomo si faccia chiamare donna, come sancito dal Tribunale di Trapani, così come non è accettabile la mercificazione dei corpi, il genderismo e le conseguenti amenità dem del Vecchio Continente americanizzato e post-cristiano. Sarebbe, dunque necessario, ovviare al pacchetto cosiddetto progressista, che morirebbe con un forte indebolimento degli States nel mondo.

Per non finire come i filistei, le Istituzioni europee dovrebbero ricordare una grande lezione di uno dei più grandi intellettuali e scrittori inglesi del secolo scorso, quale G.K. Chesterton (1874 – 1936) che su Ortodossia, dato alle stampe nel 1908, aveva già colto l’essenziale: “l’ortodossia è non solo l’unico guardiano sicuro della morale e dell’ordine, ma è anche l’unico guardiano logico della libertà, dell’innovazione, del progresso. Se vogliamo far cadere il ricco oppressore, non possiamo farlo con la nuova dottrina della perfettività umana, ma con la vecchia dottrina del peccato originale. Se vogliamo sradicare crudeltà innate o risollevare popolazioni disperate, non possiamo farlo con la teoria scientifica, secondo cui la materia precede lo spirito, ma con la teoria sovrannaturale secondo cui lo spirito precede la materia. […]

Se desideriamo che la civiltà europea vada in soccorso delle anime così come ne va all’assalto, dovremmo insistere fermamente sul fatto che esse sono davvero in pericolo, piuttosto che affermare che il pericolo al quale sono esposte sia in fin dei conti irreale. […] Soprattutto se desideriamo proteggere i poveri dovremmo essere a favore di regole fisse e di dogmi chiari. Le regole di un club, di tanto in tanto, sono a favore dei membri più poveri. La tendenza di un club è sempre a favore di quelli ricchi”.

Perché Kiev si rifiuta di indagare sul massacro di Maidan 2014?

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Fonte: Come Don Chisciotte

di Christina Sizova, reporter moscovita che si occupa di politica, sociologia e relazioni internazionali.

La fase attiva delle ostilità in Ucraina dura da più di 500 giorni. Durante questo periodo, sono morte decine, forse centinaia di migliaia di persone.

Nel frattempo, i governi occidentali hanno speso miliardi per sostenere la guerra e in Russia è iniziata una discussione concreta sulla possibilità di utilizzare armi nucleari.

Ivan Katchanovski, un ricercatore canadese di origine ucraina, ritiene che la prima tessera del domino sia caduta quasi dieci anni fa, quando le proteste di massa – oggi note come “EuroMaidan” – scoppiarono nella capitale ucraina.

In un giorno, a Kiev rimasero uccise più di 100 persone, tra manifestanti e polizia. La leadership ucraina, i politici occidentali e i media incolparono la forze speciali di polizia Berkut, ma molti fatti suggeriscono che i manifestanti potrebbero essere stati uccisi da altri “compagni oppositori”.

Nel suo articolo ‘Il processo e le rivelazioni dell’inchiesta sul massacro di Maidan: implicazioni per la guerra e le relazioni tra Ucraina e Russia‘, Katchanovski mostra come l’incapacità di indagare correttamente su crimini decennali abbia contribuito a portare le relazioni internazionali allo stato attuale.

Il massacro di Maidan: i risultati dell’indagine

Gli eventi in questione iniziarono il 21 novembre 2013, quando il governo ucraino sospese i preparativi per la conclusione di un accordo di associazione con l’Unione Europea. Intorno alle 22 dello stesso giorno, le prime proteste – sostenute dai principali leader dell’opposizione dell’epoca – scoppiarono nella piazza principale di Kiev.

Inizialmente, il raduno non attirò molte persone. Nel primo giorno, parteciparono tra i 1.000 e i 1.500 attivisti. Tuttavia, dopo alcuni giorni, quelli più estremisti  eressero una tendopoli in piazza Maidan. Alla fine si impadroniranno di diversi edifici amministrativi,  formato “forze di autodifesa” armate e sarebbero poi entrati in conflitto diretto con le forze dell’ordine.

Gli eventi raggiunsero il culmine tra il 18 e il 20 febbraio 2014, quando cecchini non identificati aprirono il fuoco sulla Maidan. Di conseguenza, furono uccise più di cento persone, tra cui manifestanti e agenti della forza speciale di polizia Berkut, parte del Ministero degli Affari Interni dell’Ucraina. Secondo l’Ufficio del Procuratore Generale, 2.442 persone rimasero ferite durante l’Euromaidan. Qualcuno doveva essere ritenuto responsabile del massacro e coloro che sono saliti poi al potere a seguito del colpo di stato hanno trovato rapidamente i presunti “colpevoli”.

Fu aperto un procedimento penale contro l’ex Presidente Viktor Yanukovych, che era fuggito dal Paese. Fu accusato di omicidio di massa di civili. Anche le forze speciali di polizia Berkut furono accusate dei crimini di Maidan, tra cui l’uso di armi contro i civili.

La grande bugia dell'Ucraina: perché Kiev si rifiuta di indagare sul massacro di Maidan 2014?Le persone depongono fiori e rendono omaggio al monumento ai manifestanti antigovernativi uccisi negli scontri con la polizia in Piazza Indipendenza il 23 febbraio 2014 a Kiev, Ucraina. © Brendan Hoffman / Getty Images

I capri espiatori

A febbraio 2015, i procuratori affermarono che 25 agenti del corpo Berkut e altri individui non identificati erano stati coinvolti nell’uccisione dei manifestanti. Due anni dopo, il capo del Dipartimento di Indagini Speciali dell’Ufficio del Procuratore Generale, Sergei Gorbatyuk disse che i membri del Berkut avevano ricevuto illegalmente dei bonus tra i 3.000 e i 5.000 grivna (337 e 562 dollari, all’epoca) per aver usato la forza contro i manifestanti.

I procedimenti giudiziari contro gli ex agenti di polizia iniziarono in tutto il Paese, spingendo molti agenti del Berkut a trasferirsi in Russia. La narrativa che implica che gli omicidi di Maidan del febbraio 2014 siano stati commessi dal Berkut non è mai stata messa in discussione dai funzionari ucraini, né dai loro sponsor occidentali.

Tuttavia, l’indagine continua ancora oggi. Nel febbraio dello scorso anno, il Procuratore Generale Irina Venediktova ha dichiarato che i tribunali ucraini avevano inflitto condanne a 50 persone per reati legati agli eventi di Maidan. Ha anche notato che su 518 accusati, 248 sono stati i rinvii a giudizio, mentre 372 persone sono state giudicate colpevoli.

Molte domande, tuttavia, rimangono senza risposta. Gli omicidi dei primi ‘attivisti’ di Maidan rimangono irrisolti. Anche il già citato “caso dei cecchini” rimane aperto – coloro che hanno sparato ai manifestanti e alle forze dell’ordine non sono stati toccati. I crimini contro la polizia non sono nemmeno oggetto di indagine, anche se secondo l’Ufficio del Procuratore Generale, 721 di loro sono stati feriti durante gli eventi di Euromaidan.

“La narrazione dominante in Ucraina e in Occidente attribuisce il massacro dei manifestanti di Maidan al governo di Yanukovych e per lo più ignora le uccisioni della polizia. Con alcune eccezioni, i media occidentali e ucraini non hanno riportato le rivelazioni del processo e dell’inchiesta sul massacro di Maidan, riguardanti i cecchini negli edifici controllati da Maidan”, afferma Ivan Katchanovski.

Cosa è successo veramente?

La versione degli eventi che accusano le forze di polizia Berkut è sempre stata priva di prove a sostegno. L’avvocato Alexander Goroshinsky ha dichiarato a RIA Novosti, nel 2019, che la mattina del 20 febbraio 2014, 39 poliziotti e militari sono stati feriti e quattro sono stati uccisi. Alla sera dello stesso giorno, 63 persone erano state ferite.

“Qualcuno ha sparato metodicamente contro gli ufficiali di Berkut e i soldati e gli ufficiali delle truppe interne”, ha affermato.

Nell’aprile 2014, l’emittente statale tedesca ARD/Das Erste TV ha condotto un’indagine giornalistica e ha concluso che la narrazione approvata dalla Procura ucraina era incoerente. Il giornalista Stephan Stuchlik ha presentato le prove che i manifestanti erano stati colpiti alle spalle dai loro stessi compagni.

Rimangono aperte diverse questioni importanti. Una di queste è se, quel 20 febbraio, gli oppositori sono stati davvero colpiti alle spalle.

Questo è importante perché proprio dietro di loro si trovava l’Hotel Ukraina, controllato dall’opposizione. Ciò significa che potrebbero essere stati colpiti dalla loro stessa gente. Abbiamo parlato con testimoni oculari, esperti di tiro e specialisti di balistica a questo proposito. Sostengono che sì, sicuramente [le persone] sono state colpite alla schiena”, ha detto il giornalista.

La possibilità che il massacro sia iniziato quando i manifestanti hanno sparato alla polizia è stata sollevata anche in un’inchiesta della BBC. Un uomo di nome Sergey ha dichiarato all’emittente statale britannica che, insieme ad un altro uomo, ha sparato dei colpi contro la polizia da un edificio che era poi sotto il controllo dei manifestanti. Secondo lui, i colpi sparati contro gli agenti del Berkut hanno costretto la polizia a ritirarsi.

SITU Research ha anche osservato che “è chiaro dalle prove forensi che le persone sono state colpite alla schiena” e “qualcuno sparava dai tetti”.

Questi rapporti sono stati confermati dal militante Ivan Bubenchik. Nel 2016, parlando nel film documentario ‘Brantsi‘ (‘Prigionieri’), diretto da Vladimir Tikhy, ha ammesso di aver sparato agli agenti di polizia del Ministero degli Interni con una mitragliatrice. “Dicono che li ho uccisi colpendoli alla nuca, ed è vero. Erano in piedi con le spalle rivolte a me. Non ho avuto la possibilità di aspettare che si girassero. Ho sparato dalla finestra più lontana dal Maidan, dietro le colonne del terzo piano. Da lì, potevo vedere chiaramente la polizia con gli scudi, posizionata vicino alla Stele”, ha detto Bubenchik.

La grande bugia dell'Ucraina: perché Kiev si rifiuta di indagare sul massacro di Maidan 2014?Manifestanti antigovernativi trasportano i feriti durante i continui scontri con la polizia in Piazza dell’Indipendenza, nonostante la tregua concordata tra il Presidente ucraino e i leader dell’opposizione, il 20 febbraio 2014 a Kiev, Ucraina. © Jeff J Mitchell / Getty Images

1.000 ore di riprese video, decine di testimoni

Queste sono solo alcune delle testimonianze oculari disponibili pubblicamente nel caso degli omicidi di Maidan. Katchanovski ha basato la sua indagine su circa 1.000 ore di filmati ufficiali del processo per il massacro di Maidan, del processo per tradimento di Yanukovych e dell’indagine su questi eventi in oltre 2.500 sentenze giudiziarie disponibili nel database ufficiale online.

Katchanovski nota che il filmato che mostra le forze di polizia Berkut sparare ai manifestanti è stato presentato al processo.

Tuttavia, l’ora e la direzione degli spari nel video non coincidevano con il momento delle sparatorie a Maidan. Ritiene che i video e le altre prove presentate durante il processo abbiano confermato che tre manifestanti sono stati uccisi (in via Institutskaya) prima che la polizia arrivasse e aprisse il fuoco.

Allo stesso tempo, gli avvocati di Berkut hanno sottolineato che l’ora e la direzione del colpo sparato da un manifestante con un fucile da caccia (come si vede nel video e nella foto) coincidevano con l’ora e la direzione del colpo che ha ucciso un ufficiale delle forze speciali, come stabilito dagli esperti forensi dello Stato.

Katchanovski sostiene che il tiratore di Maidan è stato identificato ma non è stato accusato.

Al processo sono stati mostrati anche video inediti registrati dal canale televisivo belga VRT. Il filmato mostra un manifestante che avverte gli altri di non avanzare perché i cecchini posizionati all’interno dell’Hotel Ukraina stavano sparando ai manifestanti, e che aveva visto i lampi dei colpi sparati. Il video VRT mostra anche un proiettile che colpisce un albero in direzione di un gruppo di manifestanti. Questi si girano, indicano l’hotel e gridano ai cecchini, chiedendo loro di non sparare.

Circa 51 dei 72 manifestanti di Maidan feriti, che la polizia Berkut è accusata di aver attaccato il 20 febbraio, e la cui testimonianza è stata resa nota, hanno affermato durante le indagini e al processo di essere stati colpiti dai cecchini da luoghi e edifici controllati dagli attivisti di Maidan. Hanno testimoniato di aver visto personalmente i cecchini o di averne sentito parlare da altri manifestanti. Un totale di 31 manifestanti feriti hanno detto di essere stati attaccati dall’Hotel Ukraina, dalla banca Arkada, dal Palazzo Ottobre, dagli edifici di Museyny Lane e di Gorodetsky Street, tutti edifici e territori allora controllati dalle forze di opposizione.

Cecchini georgiani

Secondo una narrazione, coloro che hanno sparato ai manifestanti non erano cittadini ucraini, ma mercenari stranieri, anche dalla Georgia. Questo è stato dichiarato per la prima volta dall’ex comandante dell’unità d’élite dell’esercito georgiano “Avaza”, il generale Tristan Tsitelashvili, che ha affermato di sapere che i georgiani avevano partecipato agli eventi del Maidan.

La grande bugia dell'Ucraina: perché Kiev si rifiuta di indagare sul massacro di Maidan 2014?Manifestanti antigovernativi camminano tra detriti e fiamme vicino al perimetro di Piazza dell’Indipendenza, nota come “Piazza Maidan”, il 19 febbraio 2014 a Kiev, Ucraina. © Brendan Hoffman / Getty ImagesNel febbraio 2018, diversi cittadini georgiani hanno ammesso in un’intervista a RIA Novosti di aver sparato ai manifestanti. Koba Nergadze, un ex militare dell’esercito georgiano, ha detto che i cecchini erano venuti a Kiev con l’aiuto di Mamuka Mamulashvili, un ex consigliere dell’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili. Nergadze e il suo gruppo hanno ricevuto 10.000 dollari e hanno promesso altri 50.000 dollari dopo il ritorno da Kiev. Sono entrati in Ucraina con passaporti falsi. A Kiev, il gruppo aveva sede in via Ushinsky e ogni giorno partecipava agli eventi di Maidan.

Nella sua indagine, Katchanovski ha notato che, nelle interviste rilasciate ai media statunitensi, italiani, israeliani, macedoni e russi, i cecchini georgiani avevano affermato di aver ricevuto l’ordine, insieme a gruppi di cecchini degli Stati baltici e ucraini associati a movimenti di estrema destra, di sparare sia ai manifestanti che alla polizia, per impedire a Yanukovych e ai leader di Euromaidan di firmare un accordo di pace.

Nessun accusato

Nonostante i numerosi fatti, l’esame delle prove, le registrazioni video e le testimonianze oculari, Katchanovski è scioccato dal fatto che nessuno sia stato condannato o arrestato per l’omicidio e il ferimento degli agenti di polizia.

Ritiene che ciò sia dovuto al fatto che l’Ufficio del Procuratore Generale sia stato diretto da politici dei partiti di estrema destra Svoboda e Fronte Popolare, che hanno partecipato direttamente agli eventi del 2013-2014, o da stretti collaboratori dei successivi Presidenti Petr Poroshenko e Vladimir Zelensky.

“Il fatto che membri di spicco dei partiti Svoboda e Fronte Popolare siano stati scelti per dirigere l’Ufficio del Procuratore Generale, anche se questi partiti sono stati accusati da altri attivisti di Maidan e dalle confessioni dei membri georgiani dei gruppi di cecchini di Maidan, di essere stati direttamente coinvolti nel massacro, suggerisce un insabbiamento e un ostruzionismo”, afferma Katchanovski.

Ha anche sottolineato che il processo ha portato alla luce casi di manomissione delle prove. I proiettili dei manifestanti presumibilmente morti e feriti sono apparsi e scomparsi senza alcuna documentazione, oltre a cambiare dimensioni, forma e confezione. Ad esempio, il rapporto autoptico di Maxim Shymko elencava un frammento di proiettile giallo e tre grigi, ma negli esami balistici forensi, un frammento grigio è stato sostituito da un nuovo frammento di proiettile giallo di dimensioni molto più grandi. Poi questo nuovo frammento di proiettile è stato abbinato a un fucile Berkut Kalashnikov, ribaltando numerosi esami forensi precedenti senza fornire alcuna spiegazione.

La grande bugia dell'Ucraina: perché Kiev si rifiuta di indagare sul massacro di Maidan 2014?Un uomo reagisce accanto ai fiori lasciati per i dimostranti antigovernativi uccisi negli scontri con la polizia il 22 febbraio 2014 a Kiev, Ucraina. © Jeff J Mitchell / Getty Images

Cosa succede ora?

Secondo Katchanovski, queste conclusioni sono importanti per comprendere l’Euromaidan, le cause del conflitto in Ucraina, nonché i conflitti tra Russia e Ucraina e tra Russia e Occidente.

Egli sostiene che il massacro a false flag abbia portato al rovesciamento violento del governo ucraino, di fatto sostenuto dall’Occidente e all’adesione della Crimea alla Russia, al conflitto armato in Ucraina e all’offensiva russa del febbraio 2022.

“I processi e le rivelazioni investigative dimostrano che non le proteste popolari di ‘Euromaidan’, ma questa messa in scena di omicidi di massa e tentativi di assassinio contro Yanukovych sono stati decisivi per il suo rovesciamento. Dimostrano che, contrariamente alle narrazioni dominanti in Ucraina e in Occidente, la transizione politica durante l’Euromaidan non è stata democratica. Questa uccisione di massa dei manifestanti e della polizia è stata anche uno dei crimini politici e delle violazioni dei diritti umani più significativi nella storia dell’Ucraina indipendente”, scrive Katchanovski.

Egli ritiene che il fallimento delle forze dell’ordine ucraine e del sistema giudiziario nel garantire una risoluzione adeguata degli eventi di Euromaidan abbia minato lo Stato di diritto e la prospettiva di riconciliazione nella società ucraina, che si è trovata divisa in termini di sostegno alle proteste di Maidan, così come ad altre questioni politiche durante e dopo Euromaidan.

Nel frattempo, è improbabile che il verdetto del tribunale per il massacro di Maidan porti giustizia a causa della politicizzazione del caso e della mancanza di indipendenza del sistema giudiziario ucraino, soprattutto durante le ostilità in corso tra Russia e Ucraina.

Le varie narrazioni del massacro di Maidan hanno complicato qualsiasi soluzione pacifica della situazione in Crimea e Donbass, così come il conflitto tra l’Occidente e la Russia, e hanno avvelenato le relazioni tra Russia e Ucraina.

“Consegnare alla giustizia i veri responsabili del massacro di Maidan in Ucraina è un passo difficile, ma necessario, per risolvere questi pericolosi conflitti”, conclude l’autore.

Come molti altri, Katchanovski è pienamente consapevole che il sostegno de facto dell’Occidente al rovesciamento violento del governo democraticamente eletto in Ucraina – ottenuto con il massacro di Maidan – ha portato ai conflitti in Crimea e Donbass, al conflitto tra Russia e Ucraina e tra Russia e Occidente.

Come risultato di ‘Euromaidan’, l’Ucraina è diventata uno Stato cliente degli Stati Uniti, scrive Katchanovski. Egli osserva inoltre che questo ha portato alle ostilità tra l’Ucraina e la Russia e a una guerra per procura tra l’Occidente e la Russia in Ucraina.

Il massacro di Maidan e l’incapacità dell’Ucraina di garantire un’indagine equa hanno avuto conseguenze globali.

È persino possibile che alla fine possa sfociare in una guerra diretta tra la NATO e la Russia, che potrebbe diventare nucleare.

Fonte: https://www.rt.com/russia/579602-big-lie-behind-modern-ukraine/

Traduzione a cura della Redazione di ComeDonChisciotte.org

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