Beato Lorenzino da Marostica, ucciso dai giudei

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BEATO LORENZINO

Segnalazione di Maurizio-G. Ruggiero

In onore del Beato Lorenzino da marostica martire, ucciso da alcuni Ebrei in odio alla fede cristiana

La miracolosa storia del Beato Lorenzino. Il Beato Lorenzino Sossio (o Fossa o Fosser o De Lorenzoni) nacque nella contrada di Valrovina (frazione di bassano del grappa) nel 1480. Il padre, milite della Serenissima, dopo una sola notte di matrimonio, fu costretto a partire per la guerra; tornato dopo nove mesi trovò la moglie con in braccio il neonato di dieci giorni appena. Credendosi tradito e colto da improvvisa gelosia, sguainò la spada e minacciò di uccidere la sposa, che, devota della Santissima Vergine, ne invocò la protezione nel pericolo. Ed ecco il primo miracolo: l’infante di soli dieci giorni s’interpose, afferrò con le mani la spada del padre, e gli disse: ”Fermati, padre mio, ch’io sono tuo figlio”.

Cinque anni dopo, il 5 aprile 1485, questo fanciullo di grazie preclare, venne attirato in una località isolata (Caluga) da alcuni individui, che lo trafissero con lunghi chiodi di ferro per stillarne il sangue e lo circoncisero; compiuto lo scellerato crimine furono scorti da un eremita mentre si allontanavano dal luogo dopo aver tentato di occultare il cadavere sotto un mucchio di pietre; nonostante ogni loro sforzo, sempre restava tuttavia scoperto qualche lembo del corpicino insanguinato. Dato l’allarme, fra lo strazio dei genitori, gli venne data una prima sepoltura nella nuda terra, segno che, prudentemente, non si dava ancora per scontato trattarsi di martirio. Ma, nella notte, il corpo del piccolo Beato emanava raggi di luce e profumo di fiori fragranti, mentre dalla terra sporgeva il braccino con la mano destra rivolta verso il cielo; questi eventi meravigliarono la popolazione e le autorità. Si decise quindi di dargli sepoltura in chiesa. Ma essendo sorta disputa fra bassanesi e marosticensi, che se ne contendevano le spoglie, ci si accordò di collocare la piccola salma sopra un carro, trainato da due giovenche e di lasciare che fosse la Provvidenza a indicare con qualche suo segno speciale la città prescelta. All’altezza del bivio tra Bassano e Marostica le giovenche spontaneamente si diressero verso Marostica, fermandosi soltanto all’altezza della scalinata che oggi conduce al convento di San Sebastiano e dove un capitello ricorda il Beato innocente.

Intorno alle reliquie incorrotte del Beato, subito fiorirono grazie e miracoli; addirittura le unghie delle mani e dei piedi e i capelli biondi del piccolo Martire continuarono a crescere per anni, fino a quando la madre, che sola aveva il privilegio di tagliarglieli e che intanto era rimasta vedova, non si risposò. Dopo diverse traslazioni, a causa delle soppressioni napoleoniche, le spoglie del Beato Lorenzino trovarono riposo nell’attuale chiesa parrocchiale. Durante l’ultimo conflitto mondiale, per le mani del parroco Don Casto Poletto, i marosticensi fecero voto solenne di erigere in suo onore una cappella ove la loro città fosse scampata alla distruzione. Esauditi, i marosticensi sciolsero il loro voto inaugurando solennissimamente, nell’aprile 1947, alla presenza dei vescovi di Reggio Emilia (Mons. Socche) e di Vicenza (Mons. C. Ziniato) la costruzione.

Le fonti storiche più antiche. Il processo contro i responsabili andò per le lunghe e gli atti andarono purtroppo bruciati nell’incendio della Torre di Marostica del 1509; che le autorità venete ritenessero comunque certa la matrice ebraica in odio alla fede cristiana, analogamente ad analoghi episodi di omicidio rituale che già erano avvenuti altrove (il caso del Beato Simonino a Trento, quello del Beato Andrea da Rinn, presso Bressanone, quello del Beato Sebastiano a Portobuffolé presso Treviso, tutti a breve distanza di tempo) è confermato dal bando di espulsione che nel 1489 colpì gli ebrei di Vicenza, oltre che per le consuete usure, anche per l’assassinio del piccolo Lorenzo. Marin Sanudo, storiografo della Repubblica, nei suoi Diarii, annota al 28 aprile 1500 doversi ricercare un Marcuccio, ebreo di Bassano, quale mandante del delitto, aggiungendo: “ e se si prendesse uno Marcuzzo, zudeo, si saperia qualcosa”.

Nel 1488 il Vescovo Pietro Barozzi si reca a Marostica: prudentemente, ad evitare ritorsioni contro gli ebrei a causa dell’orrendo delitto, che egli stesso, nella sua relazione, attribuisce loro, vieta il culto pubblico, non già quello privato, del Martire e ne lascia l’urna sull’altare, assieme agli ex voto, il che equivale ad una tacita approvazione del fatto e della sua veridicità; esamina la salma e osserva che è incorrotta e della statura di circa tre anni; che il bimbo, del quale è incerto il cognome, è stato circonciso; nota altresì il fenomeno della crescita delle unghie e dei capelli, che gli pare tuttavia un evento naturale.

Anche il Senatore Veneto Flaminio Cornaro e il vescovo reggente Mons. Pietro Bruti, menzionano la vicenda del bimbo di Valrovina. Il Padre Francesco Barbarano nel 1652 trascrive da documenti originali conservati nel monastero di San Sebastiano a Marostica e risalenti all’anno 1487, le numerosissime grazie dovute all’intercessione del Beato Lorenzino, con indicazione dei miracolati, dei testimoni e dei rispettivi luoghi di provenienza. Le fonti successive, una vera folla, non fanno che confermarne e accrescerne la fama di santità.

Il culto ab immemorabili prestato al Beato e il pronunciamento delle supreme autorità ecclesiastiche. Il Beato Lorenzino ricevette dunque un culto ab immemorabili, ultracentenario prima del 1634, come richiesto dai decreti del Papa Urbano VIII, grazie all’ininterrotta approvazione dei vescovi di Padova e di Vicenza sotto cui alternativamente fu posta Marostica. Ininterrotta, giacchè, come si evince dal dibattimento del 31 agosto 1867 in Roma, presso la Sacra Congregazione dei Riti, dibattimento che precedette il decreto della stessa Congregazione e del Papa Pio IX (5 settembre 1867) di confermazione del culto del Beato Lorenzino, l’antica decisione del vescovo Barozzi di vietare il culto pubblico in quel lontano 1488, fu ritenuta coatta, assunta cioè al solo scopo d’impedire turbative dell’ordine pubblico.

In effetti già nel 1602 il vescovo di Padova, Mons. Marco Corner, aveva formalmente introdotta a Roma la causa di beatificazione; per la morte del vescovo la causa fu tuttavia interrotta e in seguito gli atti andarono perduti, insieme con manoscritti, ex voto e quadri, in un rogo appiccato in un raptus di follia dal sagrestano del convento di San Sebastiano, dov’erano depositati gli originali. Uno solo di questi quadri andati a fuoco documentava ben ventidue grazie ottenute per intercessione del Beato nello spazio di un solo anno.

Tra i molti vescovi che permisero il culto del Beato, si annoverano il Beato Gregorio Barbarigo ed il Card. Carlo Rezzonico, poi Papa col nome di Clemente XIII.

Nel 1867 spettò al Vescovo di Vicenza, Mons. Giovanni Antonio Farina, l’onore di promuovere a Roma la causa di confermazione del culto del Martire Lorenzino, trionfalmente conclusa col citato decreto della Sacra Congregazione per i Riti, approvato da Pio IX.

Il 5 maggio 1889 l’allora Vescovo di Vicenza, Mons. Antonio Maria de Pol celebrò solennemente la Santa Messa in onore del Beato nella chiesa di Marostica, pronunciando nell’occasione una memorabile omelia, in cui chiamava fortunati i marosticensi: alludendo al Beato Lorenzino, “Voi possedete”, dichiarava il Vescovo, “un tesoro, invidiatovi a ragione da altre terre; possedete un pegno prezioso dell’amore divino. Deh! Fate di serbar voi, i vostri figli e i vostri nipoti degni di tanto onore e di tanta gloria. E lo farete certo, se porrete ogni cura nel difendere e nel custodire inalterata la fede degli avi, che è la fede cattolica […]”. E riferendosi alla massoneria, ormai al potere attraverso la rivoluzione francese ed il cosiddetto risorgimento, anche nell’Italia cattolica, proseguiva: “Lo farete se con quella forza che viene da Dio, e che vi intercederà il glorioso Lorenzino, resisterete strenuamente alle false dottrine dei seguaci della giudaica superstizione, qualsiasi nome e qualsiasi forma si prenda oggidì. […] Sì, è bene che lo sappiate dalla bocca del vostro Vescovo, che una setta perversa continua oggidì le superstizioni e le empietà giudaiche, assai probabilmente animata, sorretta e in parte ingannata dagli ostinati discendenti dei crocifissori di Cristo e carnefici del nostro Lorenzino; setta d’uomini perduti, che aspirano non tanto ad uccidere un cristiano, quanto ad uccidere lo stesso Cristianesimo”.

Nel 1885, in occasione del IV centenario del martirio del Beato Lorenzino, presenziò alla solenne funzione, stando a quanto scrive Don Igino Milan, nella sua opera Il Beato Lorenzino da Marostica nella storia e nel culto, lo stesso Patriarca di Venezia, Cardinale Agostini.

Dal 7 al 9 aprile 1910, presente l’allora vescovo di Vicenza, Mons. Antonio Feruglio, si tenne una delle tante solenni traslazione dell’urna del Beato; lo stesso Presule nel 1908 si congratulava col polemista cattolico, Don Ottavio Ronconi, per aver “saputo difendere l’onore […] di tre Beati, uno dei quali il nostro Beato Lorenzino di Marostica, ribattendo vittoriosamente le gratuite insinuazioni onde taluni si sforzano di scagionare gli ebrei dall’orribile delitto di esserne stati i carnefici”.

La messa propria del Beato, le sue reliquie, l’iconografia. Nel 1870 Pio IX, concesse l’ufficiatura propria del Beato, in onore di Lorenzino Sossio e a beneficio del clero di Padova e di Vicenza, fissando al 15 aprile la sua festa liturgica e la festa esterna cittadina alla seconda Domenica dopo Pasqua.

Il braccio e la mano destra del Beato si conservano tuttora esposte al culto e alla devozione in un altare laterale della chiesa di Sant’Ambrogio a Valrovina, luogo di nascita di Lorenzino.

Il clero progressista ha invece fatto sparire tutte le immagini cruente, che effigiavano il delitto di sangue; da qualche anno inoltre a Marostica la popolazione assiste allo scandalo, in occasione della festa del Beato Lorenzino, che nessuna ufficiatura religiosa si effettua all’altare e presso l’urna del Beato, mentre la cittadina, più cattolica di certi suoi ministri, festeggia civilmente il proprio patrono.

Nella parrocchiale di Santa Maria Assunta, in Marostica, rimane la grande cappella laterale in onore di Lorenzino, con la sua urna e i dipinti (incruenti); la forte devozione popolare depone ancora fiori e candele al suo altare. Sono imminenti però dei lavori di restauro: non è escluso, come tante altre volte è successo, che il clero conciliare coglierà quest’occasione per rimuovere un culto ormai scomodo all’abbraccio ecumenico in atto e per sottrarre un altro po’ di cattolicesimo ai propri fedeli. Da questi fogli lanciamo l’allarme all’amministrazione e alla cittadinanza marosticense.

Anche il soffitto della parrocchiale vede effigiato il Beato Lorenzino. A lui rimane a tutt’oggi intestata la via che fiancheggia la chiesa e una scuola materna, retta dalle suore. Rimane pure il capitello in fondo alla strada a lui dedicata. Anche nel borgo natale di Valrovina la via principale reca il nome del Beato Lorenzino; quadri (incruenti) che lo effigiano sono nella chiesa di Sant’Ambrogio, specie sul soffitto; un’edicola a monte della chiesa è dedicata al piccolo martire ed in esso un quadro ricorda il primo miracolo della parola, a soli dieci giorni d’età. A Caluga, ai margini del bosco, un capitello si erge sul luogo dove il piccolo Martire fu sacrificato. Sulla parete di fondo alcuni carnefici ebrei lo stanno martirizzando: i loro volti sembrano però volutamente scalpellati per render difficilmente riconoscibile la scena.

Le obiezioni “scientifiche” infondate mosse contro il Beato Lorenzino da anticlericali/massoni e modernisti in odio alla fede cattolica. Infondata l’accusa di una psicosi collettiva da delitto rituale o di un’immensa congiura antisemita ordita da frati fanatici e autorità ecclesiastiche e civili (in vero prudentissime, come si è visto) contro i poveri ebrei; infondata la superstizione volterriana che ha deciso che i miracoli non possono e non debbono esistere; infondata, come a suo tempo dimostrò Mons. Umberto Benigni, pure l’affermazione che il sacrificio rituale talmudico (ovvero determinato dall’esigenza di procacciarsi sangue cristiano innocente da mescolare nei pani azzimi della Pasqua ebraica) che peraltro è questione storica e non già di fede, sarebbe stato escluso da bolle di Innocenzo IV ovvero dal Cardinale Ganganelli (il quale anzi lo ammise esplicitamente nei due casi di Trento e di Rinn); falso che detto sacrificio rituale, come dimostrò a suo tempo La Civiltà Cattolica, debba perpetrarsi per forza nella Settimana Santa, così che nessuna rilevanza ha la circostanza che il 5 aprile 1485, data del martirio del Beato Lorenzino, fosse martedì dopo Pasqua e non già Venerdì Santo. Resterebbe piuttosto da accertare quando cadeva quell’anno la Pasqua ebraica, anche se il sangue per gli azzimi, ridotto in polvere, poteva essere utilizzato anche a lunghissima distanza di tempo. La questione del sacrificio rituale va comunque impostata correttamente e con giusta prudenza e soltanto per gli ebrei osservanti i precetti talmudici, cioè postbiblici. D’altronde le persecuzioni scatenate contro i cattolici da parte giudaica non costituiscono una novità: si pensi soltanto a quanto dovette patire dagl’israeliti San Paolo, flagellato e scampato ad attentati, il protomartire santo Stefano e via dicendo. In ogni caso è sul terreno religioso e non etnico o razziale e salvando la carità che la Chiesa ha sempre impostato la questione giudaica.

I castighi per chi si burla o bestemmia i Santi del Signore o per gli scettici che vogliono compiacere il mondo e i non cristiani. Il Beato Bernardino da Feltre, famoso per aver fondato i Monti di Pietà per sottrarre il popolo all’usura praticata dagli Ebrei, molte volte ebbe ad ammonire gl’increduli che non ci si burla di Dio e mettendo sull’avviso i cristiani, come si direbbe oggi, sui pericoli del falso ecumenismo e dell’empietà (profetizzò purtroppo ai trentini la morte del Beato Simonino, ma non fu ascoltato se non quando la predizione si realizzò sotto i loro occhi). Che dire allora oggi di un’intera schiera di prelati, che hanno perduto la Fede e che, afflitti da un meaculpismo tanto suicida quanto storicamente falso e scandaloso per le anime, sono disposti a tutto, anche a svendere i propri Santi, come nel caso dell’innocente Martire Lorenzino, pur di non avere fastidi dal mondo? Quale castigo incomparabilmente più grande attirano su di sé e sugli sventurati che li seguono su questa strada di empietà e di apostasia? Quando mai nella storia cristiana i ministri del Signore hanno cooperato coi nemici della Chiesa a profanare e bestemmiare (perché tale è tacciare di antisemitismo il culto al Martire Lorenzino) la Chiesa e i Santi? Certo, in vista dell’inevitabile, certa restaurazione dottrinale che metterà fine a questa incredibile crisi ecclesiale, esplosa col Concilio Vaticano II, risponde ad una segreta pedagogia divina che il male faccia il suo corso, che si faccia più tracotante: maggiore sarà il fracasso che produrrà la sua caduta, maggiore sarà il bene che ne riceveranno le anime.

I responsabili. L’Associazione italiana per lo studio della santità, dei culti e dell’agiografia (AISSCA), la Facoltà di Lettere e l’Istituto di Storia dell’Università di Verona, il Comune di Verona, che vi ha dato il patrocinio e le banche scaligere (CariVerona e Banca Popolare che finanziano sempre ciò che non devono) ma soprattutto la Biblioteca Capitolare e l’immancabile (quando si tratta di militare contro la Chiesa Cattolica) Verona ex-Fedele (18/X/98): un clero sfiduciato, sceso a patti col mondo e mendìco alla porta dei poteri forti, che sarà il trastullo degli anticlericali, finché non si rialzerà, tornando al Padre Celeste, per la via obbligata della perenne dottrina della Chiesa.

 

Bibliografia minima

·      Decreto che conferma il culto ab immemorabili prestato a Lorenzino Sossio, con approvazione del papa Pio IX. Roma, 1867. Tipografia della Camera Apostolica. (Testo in latino)

·      Animadversiones Promotoris Fidei. Responsio ad animadversiones. In: Confirmationis cultus ab immemorabili tempore prestiti Servo Dei Laurentino Sossio Martyri quinquenni Beato nuncupato in Acta ex iis decerpta quae apud Sanctam Sedem geruntur in compendium opportune redacta et illustrata… Volumen III. Romae. Typis Polyglottae Officinae S.C. De Propaganda Fide. Eq. Pietro Marietti eiusdem S.C. Socio Administro Edente. 1867

·      La Civiltà Cattolica. Vol. VIII. Serie XI. 1881 (pp. 225-231, 344-352, 476-483, 730-738); Vol. IX, 1882 (pp. 107-113, 219-225, 472-479, 605-613, 727-738). Serie di articoli sull’omicidio rituale talmudico e sul caso del Beato Simonino da Trento.

·      Pergola Daniele (ex Rabbino): La necessità del Vangelo ovvero Gesù Cristo e Giuda Iscariotta. Tipografia Editrice G. Candeletti. Torino. 1884

·      Omelia in onore del Beato Lorenzino Sossio recitata da S.E. Rev.ma Mons. Antonio Maria de Pol, Vescovo di Vicenza il giorno 5 maggio 1889 nella chiesa arcipretale di Marostica. Tipografia San Giuseppe. Vicenza 1890

·      Il pane di Pesach. In Verona Fedele, 30 aprile 1891

·      La morale giudaica e La morale giudaica e il mistero del sangue. In La Civiltà Cattolica. Vol. V. Pp. 145-160 e 269-286. Anno 1893.

·      Ronconi Sac. Ottavio: Per l’onore di tre Beati uno dei quali Lorenzino di Marostica. Libreria Editrice Ecclesiastica Giovanni Galla. Vicenza. 1908

·      Pranaitis Mons. Giustino Bonaventura: Christianus in Talmude Iudaeorum, sive Rabbinicae doctrinae de Christianis secreta. Officina Typographica Academiae Cesareae Scientiarum. Petropoli. Ristampato da Tuminelli & C. Editori. Con traduzione latina e italiana. Roma-Milano. 1939

·      Benigni Mons. Umberto: Storia sociale della Chiesa. Vallardi Editore. Vol. IV, Tomo I, pagg. 369-387 e Vol. V, pagg. 576-587. Milano. 1939

·      Milan Don Egidio: Il Beato Lorenzino da Marostica nella storia e nel culto. Tipografia Ars et Religio. Vedelago (Treviso). 1954

·      Andrea da Rinn, Beato. Voce in Bibliotheca Sanctorum. Vol. I, Coll. 1148-1149. Pontificia Università Lateranense. Società grafica romana. Roma. 1961

·      Pavani Don Giuseppe: San Domenichino Del Val Chierichetto Martire. Abbazia San Giovanni Evangelista. Padri Benedettini. 3a Edizione. Parma. 1963

·      Radzik Salomone Giuseppe: Gli ebrei ed il culto del Beato Lorenzino venerato a Marostica ed a Valrovina. Dattiloscritto. Venezia. 1985. [Con riserve]

·      Spadafora Mons. Francesco: Cristianesimo e giudaismo. Edizioni Krinon. Caltanissetta. 1987

Gruppi di Famiglie Cattoliche – Casella Postale n. 18 – 37050 VALLESE DI OPPEANO (VR) – Tel.045/8349274 – Telefax 045/7134171 – Resp. Nicola Cavedini – Verona, 23 ottobre 1998 – Sant’Antonio Maria Claret, Vescovo e Confessore –

Non erano trascorsi molti anni dai fatti di Arena, Portobuffolè e Volpedo, che un nuovo caso di omicidio rituale veniva a turbare la vita delle comunità ebraiche dell’Italia settentrionale.

Nell’aprile del 1485, durante la Settimana Santa, in Valrovina, nel territorio di Marostica, un bambino di cinque anni, Lorenzino Sossio, veniva trovato ucciso e il suo corpo orrendamente ferito[1].

A fare il macabro ritrovamento, ai piedi di una quercia in un pascolo sull’altopiano, era un capraio del luogo, mentre un eremita («un divoto Romito, che da lungi era stato spettatore et avea diligentemente osservata ogni cosa») riferiva alle autorità e al popolo che gli uccisori avevano compiuto l’orrendo crimine mutilando il povero Lorenzino nel prepuzio[2], «cacciandogli a forza di replicate punture e ferite dalle vene il sangue», e infine lapidandone il corpo e coprendolo di pietre. Si era diffusa subito la notizia che i responsabili dell’omicidio rituale fossero ebrei, provenienti da Bassano, «venuti nel vicentino per negotii o per diporto, ma forse principalmente per fare quanto fecero». Così le cronache riportavano la tragica sorte di Lorenzino Sossio da Valrovina, poi beatificato come Simonino da Trento, de quo adest traditio cum fuisse ab hebreis occisum [circa il quale si dà la tradizione che venne ucciso dagli Ebrei].

Nel 1485, 5 Aprile nella Villa di Valrovina sotto Marostica del Territorio Vicentino, gli Ebrei lapidarono il Beato Lorenzino, di anni 5, lo seppellirono più volte sotto i sassi; ma sempre stendea uno de’ suoi bracci fuori di essi. Scoperti, furono castigati i Delinquenti, e tutti gl’Ebrei scacciati da’ suddetti Vicentini dalle loro Città e Distretto; ed il Serenissimo Principe di Venezia con una sua Ducale dell’anno 1486 confermò la loro Sentenza[3].

Cinque anni più tardi, nella primavera del 1500, il podestà di Vicenza, Alvise Moro, informava le autorità veneziane che il «divoto Romito», unico testimone oculare del delitto, dopo essere stato incarcerato e debitamente torturato, avrebbe fatto il nome del colpevole dell’infanticidio di Lorenzino. Si sarebbe trattato di Marcuccio, prestatore a Bassano («quel remito è in prexon de lì, e voria licentia di darli corda, saperia la verità, e se si prendesse uno Marcuzzo, zudeo, si saperia qual cossa […] zercha quel zudio, incolpato dil puto, voria prender quel Marchuzo da Bassan et verà in la verità, et che quel remito disse quelle parole»)[4].

Marcuccio era figlio di Lazzaro Sacerdote da Treviso, che lavorava a Cittadella, e nipote di Salomone da Piove di Sacco[5]. Attivo a Bassano, se pure in una condizione di forte impopolarità a livello locale, aveva fino ad allora goduto della protezione di Venezia, costante nel tempo, che gli era valsa il rinnovo decennale della condotta per il prestito nell’aprile del 1499[6].

Non sappiamo se siano state le rivelazioni tardive del «divoto Romito» a indurlo a lasciare in tutta fretta Bassano e a cedere le redini del banco di prestito locale. Ma fu proprio quanto avvenne, dopo che il nipote di Salomone da Piove era divenuto, a quanto pare, il principale protagonista di un processo tardivo, intentatogli a Vicenza per l’uccisione del putto di Marostica. Comunque sia, anche in quella sede il mistero di questo delitto non fu risolto, né i colpevoli furono identificati con sicurezza.

Alla luce di quanto abbiamo ora osservato, sembra evidente che l’espulsione degli Ebrei da Vicenza nel 1486 e la cessazione della loro attività di prestito non siano da mettere in rapporto con il presunto martirio del beato Lorenzino[7].

Tutto ciò naturalmente non disturberà storici, eruditi e preti locali, sempre alla ricerca di personaggi sacri, più o meno immaginari, attraverso i quali esaltare il proprio povero e anonimo borgo o paese facendogli fare un salto di qualità altrimenti impensabile.

¯ Toaff Ariel, Pasque di sangue, Società Editrice Il Mulino, Bologna 2007, capitolo IV, pp. 67-69.

[1] Sull’infanticidio di Lorenzino Sossio, poi beatificato, attribuito agli Ebrei per motivi rituali vedi tra gli altri Francesco Barbarano, Historia ecclesiastica della città, territorio e diocesi di Vicenza, Vicenza, Cristoforo Rosio, 1652, pp. 172-177; I. Scotton, Compendio della vita, martirio e miracoli del Beato Lorenzino da Valrovina, Venezia 1863; G. Chiuppani, Gli Ebrei a Bassano, Bassano 1907, pp. 73-76; G. Volli, Il Beato Lorenzino da Marostica, presunta vittima d’un omicidio rituale, in «La Rassegna Mensile di Israel», XXXIV (1968), pp. 513-526, 564-569; M. Nardello, Il presunto Martirio del Beato Lorenzino Sossio da Marostica, in «Archivio Veneto», CIII (1972), pp. 25-45; T. Caliò, Un omicidio rituale tra storia e leggenda. Il caso del Beato Lorenzino da Marostica, in «Studi e Materiali di Storia delle Religioni», n.s., I (1995), n. 19, pp. 55-82.

[2] «Pueri cadaver, cuius abscisum fuisse videtur praeputium, quia a Judaeis occisus fuerit». [Cadavere di un fanciullo il cui prepuzio si vede reciso, poiché fu ucciso dai Giudei”].

[3] Cfr. [Bonelli], Dissertazione apologetica, cit., pp. 246-255.

[4] La notizia si ricava dal Sanudo (I diarii, a cura di R. Fulin et al., Venezia, 1879-1903, coll. 250, 266, 283). Vedi inoltre in proposito T. Caliò, Il «puer a Judaeis necatus».[Il bambino ucciso dai Giudei]. Il ruolo del racconto agiografico nella diffusione dello stereotipo dell’omicidio rituale, in Le inquisizioni cristiane e gli Ebrei, «Atti dei Convegni Lincei», CXCI (2003), p. 475.

[5] Marcuccio si era trasferito da Cittadella a Bassano dopo il 1467 (cfr. Carpi, L’individuo e la collettività, cit., p. 38).

[6] Sappiamo che nell’aprile del 1492 il Consiglio di Bassano aveva chiesto inutilmente a Venezia l’autorizzazione a espellere Marcuccio dalla città, cassandone la condotta. Su questi avvenimenti vedi Chiuppani, Gli Ebrei a Bassano, cit., pp. 100-104.

[7] Per una seria indagine relativa ai motivi reali legati all’espulsione degli ebrei da Vicenza nel 1486 vedi ora Scuro, Alcune notizie sulla presenza ebraica a Vicenza, cit.

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