di Giuseppe De Santis
Roma, 25 set – Non passa giorno senza che si levino, quasi a reti unificate, alti elogi nei confronti dell’operato di Bruxelles. Una propaganda quasi martellante, che non sembra però capace di raccogliere i risultati sperati. Almeno stando ad un recente sondaggio sull’Ue, che ci racconta una realtà ben diversa dalla narrazione dominante.
Il sondaggio sull’Ue: la maggioranza preferirebbe politiche economiche in mano agli Stati nazionali
La società di ricerca Redfield & Wilton Strategies ha condotto, per conto di euronews tra il 4 e il 10 agosto scorsi, interviste a 31mila cittadini residenti in 12 diverse nazioni aderenti al consesso comunitario, chiedendo tra le altre cose se a parer loro la politica finanziaria debba essere di competenza dell’Unione o degli Stati nazionali. La risposta è stata un duro colpo per i burocrati comunitari.
Il 76% dei cittadini olandesi, ad esempio, ritiene che la regolamentazione economico-finanziaria debba ritornare agli Stati. Una marcia indietro, insomma, rispetto all’attuale assetto che vede protagonisti la Commissione e la Banca centrale europea. Quello dei Paesi Bassi non è un caso isolato, dovuto magari alla (errata) convinzione di dover pagare per altri. A chiedere più sovranità nazionale in materia sono infatti anche i cittadini di Estoria, Germania, Grecia, Italia e Portogallo. Notevole la maggioranza di questa sorta di sondaggio sull’Ue e sul gradimento delle sue politiche: il 60%. Unica, curiosa eccezione l’Ungheria, con meno della metà degli intervistati favorevoli ad un arretramento di Bruxelles. Entrando ancora più nello specifico, alla domanda se Ue e Bce intervengano eccessivamente nelle faccende economiche dei singoli Paesi hanno risposto in maniera affermativa il 61% dei greci, il 34% dei tedeschi e il 31% dei lettoni.
Dati sicuramente interpretabili, ma di certo non favorevoli alla narrazione europeista. E dai quali, soprattutto, emerge che secondo la maggioranza dei cittadini Ue i disastrosi risultati della gestione della crisi post 2008 sono stati causati da errori commessi a livelli comunitario e non certo dai singoli Stati. Un conto salato le cui conseguenze si avvertono (e stiamo pagando) ancora oggi.