di Paul Craig Roberts (articolo segnalato da F.P.)
Una menzogna palese e palese è stata trasformata in verità in tutto il mondo occidentale. La menzogna è che la Russia abbia invaso l’Ucraina. Vi fornirò la storia fattuale, facilmente verificabile.
Quando Washington rovesciò il governo ucraino nel 2014 e insediò un fantoccio, si affidò ai banderiti per spingere il governo all’ostilità con le aree dell’Ucraina abitate dai russi, come la Crimea e il Donbass, che originariamente facevano parte della Russia. Che i banderiti, seguaci di Stepan Bandera, siano o meno neonazisti, sono certamente ostili ai russi.
Il conflitto in Ucraina è iniziato nel 2014 con aggressioni di strada contro i russi nel Donbass e i tentativi del governo di vietare l’uso della lingua russa e di imporre altri divieti nelle aree russe. Queste aggressioni di strada si sono presto trasformate in attacchi di artiglieria contro le città del Donbass e nell’occupazione del territorio del Donbass da parte di milizie ucraine con insegne naziste. Per proteggersi, il Donbass si è diviso in due repubbliche indipendenti – Luhansk e Donetsk – e ha formato gruppi paramilitari per difendersi.
Nel 2014 Donetsk e Luhansk votarono a stragrande maggioranza per essere riassorbite dalla Russia come la Crimea, ma Putin rifiutò. Putin si affidò invece all’Accordo di Minsk, firmato dall’Ucraina e dalle repubbliche indipendenti e che Germania e Francia avrebbero dovuto far rispettare. L’accordo, sponsorizzato dalla Russia, manteneva il Donbass in Ucraina ma garantiva una certa autonomia, come una polizia e tribunali indipendenti per proteggere i diritti degli abitanti russi. Putin si affidò ingenuamente all’Accordo di Minsk, che il cancelliere tedesco e il presidente francese in seguito dichiararono essere stato utilizzato per ingannare Putin mentre gli Stati Uniti costruivano ed equipaggiavano un grande esercito ucraino.
Entro la fine del 2021, questo esercito era pronto a invadere il Donbass, gran parte del quale era già sotto occupazione ucraina, e a reintegrarlo forzatamente nell’Ucraina senza alcuna autonomia. Di fronte agli abusi e al possibile massacro del popolo russo, Putin e il suo ministro degli Esteri Lavrov hanno tentato, tra dicembre 2021 e febbraio 2022, di ottenere un accordo di sicurezza reciproca con l’Occidente che escludesse l’Ucraina dall’adesione alla NATO e contribuisse alla sicurezza reciproca normalizzando le relazioni tra Russia e Occidente. Il regime di Biden, la NATO e l’UE hanno categoricamente rifiutato. A questo rifiuto è seguito il conflitto .
Vedendo il destino segnato e non potendo evitarlo, la Russia ha riconosciuto ufficialmente le repubbliche del Donbass. Ciò ha permesso a Donetsk e Luhansk di chiedere alla Russia di intervenire in loro aiuto, cosa che Putin ha fatto all’ultimo minuto, con otto anni di ritardo. Nonostante l’invito a entrare nel Donbass, la Russia non ha nemmeno invaso il Donbass, tanto meno l’Ucraina.
Putin ha definito l’intervento russo un'”operazione militare speciale”, limitata allo sgombero delle truppe ucraine dalle aree russe. Dopo sette mesi dall’intervento militare, il 30 settembre 2022, la Russia ha reincorporato alla Russia le aree russe di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson. I combattimenti terrestri si sono limitati allo sgombero delle truppe ucraine dal territorio che è tornato a far parte della Russia.
Chiedetevi come e perché la verità è stata sostituita da una menzogna. La risposta è che coloro che traggono profitto dalla guerra forniscono la propaganda bellica.
Ora chiediamoci perché è importante. La risposta è che la propaganda è un ostacolo alla comprensione e a una soluzione diplomatica pacifica a un conflitto che può facilmente degenerare in una guerra più ampia.
La propaganda secondo cui l’invasione dell’Ucraina da parte del malvagio dittatore-criminale di guerra-Putin sarebbe il primo passo per la ricostruzione dell’Impero sovietico limita la capacità di Trump e Putin di mettere le relazioni Est-Ovest su un piano meno rischioso. I media occidentali, puri e corrotti, stanno già urlando che Trump sta svendendo l’Ucraina, che Trump sta svendendo l’Europa, che Trump è creta nelle mani di Putin. Questi e altri slogan ignoranti simili saranno usati dai neoconservatori sionisti e dal complesso militare/di sicurezza statunitense per creare divisioni tra Trump e i suoi sostenitori. Gli americani sono stati indottrinati a considerare la Russia come il nemico per 75 anni. Questa convinzione è istituzionalizzata.
Il progresso verso relazioni pacifiche richiede un’informazione veritiera e la correzione di convinzioni consolidate che sono false. È possibile raggiungere questo obiettivo quando i sostenitori neoconservatori ben piazzati dell’egemonia statunitense difendono i propri interessi e il complesso militare/di sicurezza è determinato a proteggere il proprio potere e i propri profitti? Trump può aspettarsi scarso aiuto dai media. Gli ingenui russi non dovrebbero lasciarsi trasportare dalle loro speranze di un accordo con l’Occidente. Forti barriere si frappongono alle speranze russe e i russi non hanno i mezzi per rimuoverle. È improbabile che Trump ne abbia.
Ora ponetevi un’ultima domanda: perché è il PCR a sostenere il buon senso e la verità? Perché non lo fanno la comunità di politica estera statunitense, il Cremlino, i media cinesi, russi, occidentali, il governo tedesco, il governo britannico, il governo indiano? Perché i sostenitori di Trump non lo sostengono? Io sono solo una voce facilmente taciuta come “agente/fedele di Putin” dal Washington Post, dalla CNN, da Fox News, da NPR, dalla BBC, dalla MSNBC, dal NY Times, dal Wall Street Journal, dal Guardian e dal resto dei media disonesti e da una pletora di siti internet sponsorizzati da guerrafondai. La normalizzazione delle relazioni tra Occidente e Russia richiederà molte voci. Dove sono queste voci?
Nota: le prostitute della BBC e il resto dei media prostituzionali riportano erroneamente che il ripristino della cittadinanza russa da parte della Russia per Crimea, Donbass, Zaporizhia e Kherson è illegale. Il ripristino della cittadinanza russa è del tutto legale secondo le norme internazionali di autodeterminazione. Non vi è alcun tentativo da parte di Crimea, Donbass, Zaporizhia e Kherson di tornare all’Ucraina.
Contrariamente a quanto si possa pensare, l’Ucraina è dominata da una potente loggia massonica di matrice ebraica, la B’nai B’rith, che fin dal 2014 ha soffiato sul fuoco della guerra,conducendo all’attuale conflitto
Poche ore dopo l’invasione russa dell’Ucraina (cominciata alle prime ore del 24 febbraio), la sezione inglese della loggia massonica ebraica B’nai B’rith – nota per influenzare la politica e i governi di tutto l’Occidente – ha emanato un significativo, seppur breve, comunicato di denuncia, che rivela le reali posizioni dell’ebraismo massonico e militante nei confronti del conflitto ucraino:
La loggia B’nai B’rith denuncia l’invasione ingiustificata e illegale dell’Ucraina da parte delle forze della Federazione Russa. È chiaro che questo attacco è una grave violazione del diritto internazionale e una violazione fondamentale della pace e della sicurezza in Europa. È altrettanto chiaro che le vite e le libertà di molti ucraini innocenti sono ora a rischio, comprese quelle di molti membri B’nai B’rith nel paese. La loggia B’nai B’rith chiede ai leader occidentali di fornire un vasto sostegno al popolo ucraino e di intraprendere tutte le azioni necessarie per contribuire a ripristinare la sovranità e l’integrità territoriale del paese. Senza tali azioni, la libertà di molte nazioni sarà in pericolo dal comportamento degli stati aggressivi [come la Russia].
Anche il governo d’Israele – molto critico nei confronti della Russia di Putin e dell’imperialismo slavo – ha espresso il proprio sostegno al popolo ucraino, condannando fermamente l’invasione. «L’attacco russo all’Ucraina è una grave violazione dell’ordine internazionale», ha dichiaratoYair Lapid, Ministro della Difesa israeliano. «Israele condanna l’attacco ed è pronto a fornire assistenza umanitaria ai cittadini ucraini».
Così, anche il Primo Ministro d’Israele, Naftali Bennet (che, a ottobre 2021, aveva partecipato ad un incontro «caloroso e positivo» con Putin), si è espresso a favore del popolo ucraino e contro l’invasione russa. «Come tutti gli altri, preghiamo per la pace e la calma in Ucraina», ha asserito. «Questi sono momenti difficili e tragici, e i nostri cuori sono con i civili, che non per colpa loro sono stati catapultati in questa situazione».
Pertanto, è doveroso domandarsi: che cosa unisce l’ebraismo militante e massonico, e con esso Israele, all’Ucraina e al suo presidente, l’ebreo Volodymyr Zelens’kyj? Esiste un legame occulto fra la B’nai B’rith e la nuova Ucraina europeista e filo-americana emersa dal “golpe” del 2014? Di chi sono le responsabilità del conflitto?
Maidan: progetto sionista?
Per rispondere a tali domande è necessario ritornare a novembre 2013, anno in cui il presidente ucraino filo-russo Viktor Yanukovych – stretto collaboratore di Putin – decise di sospendere l’accordo di libero scambio con l’Unione Europea, provocando forti proteste popolari, che, «appoggiate dal governo americano di Barack Obama e dalle logge massoniche progressiste occidentali», presero il nome di Euromaidan.
Fra le logge occidentali più influenti che hanno supportato finanziariamente e moralmente le proteste, contribuendo – nel febbraio 2014 – allo sviluppo di un vero e proprio colpo di Stato (al quale aderì anche l’ebreo ungherese George Soros), vi è la potentissima B’nai B’rith, loggia pre-sionista «d’ispirazione totalmente massonica, ma con una specificità giudaica», strettamente legata a Israele, ma con sede negli Stati Uniti.
Obiettivo della B’nai B’rith, in sintesi, fu quello di coinvolgere gli ebreiucraini (e altre minoranze etniche, come i tatari) nelle proteste, convogliando tutte le forze anti-russe – compresa la destra radicale, composta dal partito Svoboda, dal Congresso Nazionalista e dal movimento Pravyj Sektor – in un unico, grande cartello europeista e filo-americano, in grado di condurre ad un radicale cambio di governo e svincolare così l’Ucraina dalle grinfie della Russia. Attraverso ONG e attivisti locali e stranieri, la loggia B’nai B’rith soffiò sul fuoco del malcontento ucraino, portando ad una veloce escalation delle proteste e alla conseguente fuga di Yanukovych (febbraio 2014), che, come previsto, lasciò il paese in mano alla cricca europeista e filo-sionista del nuovo presidente Petro Porošenko, il quale, un anno dopo, è già a Gerusalemme per stringere diversi accordi bilaterali, ammettendo: «L’Ucraina è con lo Stato di Israele».
Guerra in Donbass
Ma non tutti i cittadini ucraini hanno accettato in silenzio la rimozione del presidente Yanukovych e l’instaurazione di un governo europeista e filo-sionista. Difatti, mentre la Crimea, dopo un controverso referendum vinto con oltre il 90% dei voti, viene annessa alla Federazione russa, in Donbass (sud-est dell’Ucraina) esplode un’intensa guerra civile, dalla quale emergono due nuove repubbliche indipendenti anti-sioniste, la Repubblica di Doneck e la Repubblica di Lugansk, i cui leader accusano subito «del conflitto in corso i massoni americani ed europei», dichiarandosi ideologicamente vicini alla Russia di Putin.
«Nessuno è responsabile del fatto che le nostre banche, i negozi, l’aeroporto [di Doneck] siano chiusi, ad eccezione dei fascisti ucraini e dei liberi muratori degli Stati Uniti e dell’Europa», dichiaròVladimir Antiufeyev, all’epoca vice Primo Ministro della Repubblica di Doneck. «Non siamo consapevoli dell’influenza che esercitano le logge massoniche in Occidente?!».
Volontari ebrei
Per contro, gli attivisti del B’nai B’rith, col supporto dalle logge progressiste e dei gruppi ebraico-sionisti americani, si sono attivati per mobilitare, in ottica anti-russa, gran parte degli ebrei ucraini, la cui comunità costituisce la terza più grande comunità ebraica in Europa e la quinta più grande al mondo. Fin dal 2014, numerosi ebrei vengono così arruolati come volontari, finendo inquadrati persino in reparti dichiaratamente nazionalsocialisti, come il famigerato battaglione Azov (equipaggiato con armi israeliane), il cui fondatore – Andry Bilecky – ha incredibilmente ammesso di essere «un convinto sostenitore di Israele», in quanto «il suo modello di società e di difesa è molto vicino al modello ideale per l’Ucraina». «Diversi ebrei hanno combattuto con noi», ha infine confessato. «Le opinioni personali non contano, conta difendere il Paese».
A conferma di ciò, Josef Zissels, co-presidente dell’Associazione delle organizzazione e delle comunità ebraiche in Ucraina, ha dichiarato che, dopo il golpe del 2014, «l’atteggiamento verso gli ebrei [in Ucraina] è drasticamente migliorato, poiché essi erano attivi durante [le proteste di] Maidan e si sono arruolati per combattere al fronte. Gli ebrei hanno dimostrato che si identificano con lo Stato ucraino, con il suo futuro e le sue sfide, e che sono pronti ad assumersi la loro parte di responsabilità».
Nuova Gerusalemme
Nel 2015, la maggior parte del debito sovrano dell’Ucraina viene acquisito dal fondo di investimento statunitense Franklin Templeton, che è di proprietà della famiglia Rothschild. Ma è nell’aprile 2016 che vi è la svolta. Appoggiato dalla B’nai B’rith e dall’ebraismo militante internazionale, il sionista ebreo Volodymyr Grojsman – presidente dal 2014 della Verchovna Rada – diviene Primo Ministro, succedendo ad Arsenij Jacenjuk. Il suo obiettivo, fin da subito, è quello di eseguire – affianco al compare Porošenko – gli ordini più rivoluzionari e ambiziosi della loggia B’nai B’rith, ossia ebraicizzare l’Ucraina, per farla diventare – come auspicava un tempo l’ebraismo “chassidico” dei Chabad Lubavitch – una sorta di nuova Israele.
È il giornale Kremenchug che, per la prima volta, in un articolo del 2017 scritto dal generale ucraino Grigory Omelchenko, svela al mondo il progetto occulto della B’nai B’rith. Secondo Omelchenko, il governo Grojsman-Porošenko avrebbe infatti «sviluppato un piano», per creare una «”nuova Gerusalemme“» in Ucraina, coinvolgendo le città di Odessa, Zaporizhzhya, Dnipropetrovsk, Mykolaïv e Cherson. Questa «nuova repubblica», con «capitale culturale» Odessa, avrebbe dovuto rappresentare, in antitesi alle prerogative di russificazione di Putin, una «”Gerusalemme ucraina“», nella quale reinsediare – secondo le direttive del piano – «circa 5 milioni di ebrei» provenienti da Israele o da altri paesi.
Stando alle parole del generale, furono persino formati i quadri politici (precisamente «dodici leader») di questa nuova repubblica, promettendo ad ogni abitante «una pensione di 500 euro mensili, indipendentemente dall’esperienza lavorativa». Ma, alla fine, a causa del proseguimento del conflitto in Donbass e della forte instabilità del paese, si decise di accantonare il progetto e attendere tempi più favorevoli.
Arriva Zelens’kyj
Dopo tre visite ufficiali del presidente Porošenko a Gerusalemme e la conclusione di vari accordi bilaterali con lo Stato di Israele, nel maggio del 2019 vince le elezione ucraine, con il 73% dei voti, il sionista e uomo della B’nai B’rith Volodymyr Zelens’kyj, divenendo il primo presidente ebreo nella storia dell’Ucraina.
Egli, affascinato dal vecchio progetto della “Gerusalemme ucraina” ideato da Grojsman e Porošenko, rafforza fin da subito i legami fra Ucraina e Israele, arrivando a firmare – nell’agosto del 2019 – un accordo con Netanyahu finalizzato a «promuovere lo studio della lingua ebraica nelle istituzioni educative in Ucraina». In sostanza, si comincia a insegnare l’ebraico nelle scuole. In tutte le scuole.
Ma v’è di più. Una ricerca condotta in quel periodo dal Pew Research Center di Washington, ha concluso che, fra le varie nazioni europee esaminate durante la ricerca, l’Ucraina è «la nazione più amichevole verso gli ebrei». Il generale Omelchenko, che è stato anche deputato della Verkhovna Rada, ha addirittura concluso che «l’Ucraina è il premio principale per il sionismo internazionale» e che essa «si sta trasformando in un “piccolo Israele”».
Biden e la guerra
Tuttavia, fino al 2020 l’Ucraina gode di una relativa pace, con l’insorgere di sporadici episodi di micro-conflitto fra i separatisti del Donbass e le forze nazionali ucraine, nelle quali continuano a combattere numerosi ebrei. Ma, nel gennaio 2021, con l’arrivo alla Casa Bianca di Joe Biden (agente occulto della B’nai B’rith e «uomo di Israele a Washington»), le direttive cambiano radicalmente.
«Siamo davanti ad atti provocatori lungo la linea di contatto», ha dichiarato ad aprile 2021 Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino. «Sono le forze armate dell’Ucraina che hanno intrapreso un percorso verso l’escalation di questi atti provocatori, e stanno continuando questa politica. Queste provocazioni tendono a intensificarsi. Tutto questo sta creando una potenziale minaccia per la ripresa di una guerra civile in Ucraina».
Nello stesso mese, anche Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, ha dichiarato che la situazione in Donbass peggiora di giorno in giorno a causa delle «intenzioni bellicose di Kiev».
«Truppe ed equipaggiamenti militari vengono dispiegati nella regione e i piani di mobilitazione vengono aggiornati», ha concluso Zakharova. «I media ucraini stanno fomentando l’isteria basata sul mito della minaccia russa».
Obiettivo raggiunto
In risposta alle provocazioni ucraino-americane, il 24 febbraio 2022 Vladimir Putin dichiara guerra all’Ucraina, mirando alla capitale Kiev, dove risiede il presidente Volodymyr Zelens’kyj. «Ho preso la decisione di un’operazione militare», ha enunciato il presidente della Federazione russa. «Un ulteriore allargamento della NATO ad est è inaccettabile».
Dunque, l’obiettivo della loggia B’nai B’rith è stato raggiunto: l’Ucraina è in guerra con la Russia. Così, per una seconda volta, gli uomini della B’nai B’rith – capitanati dal presidente della sezione ucraina, il “fratello” Vadim Kolotushkin – chiamano a raccolta l’intera galassia ebraica, che, in Ucraina, è rappresentata da oltre centossessanta comunità, tra cui «duecento famiglie di emissari Chabad Lubavitch», molte delle quali residenti a Kiev.
«Gli ebrei d’Ucraina combatteranno a fianco dei loro vicini contro l’invasione russa», ha dichiarato Meir Stambler, rabbino capo di Kiev vicino alla B’nai B’rith. «È vero, questo Paese è intriso del nostro sangue e la nostra storia, qui, è complessa e dolorosa. Ma gli ultimi anni sono stati buoni, abbiamo un’ottima relazione con i nostri concittadini e condividiamo le sofferenze di questa assurda invasione: fianco a fianco».
A conferma di ciò, l’ebreo italiano Paolo Salom, sul Corriere, ha rammentato che tantissimi ebrei «ora sono in prima linea a difendere quello che considerano il proprio paese [ossia l’Ucraina]. Dunque, ha senso parlare di «denazificazione»?».
«Non credete alla propaganda», ha fatto eco un artista di Kiev. «Giusto per vostra informazione, nel nostro parlamento non c’è un solo deputato nazista, mentre abbiamo eletto un presidente ebreo [Volodymyr Zelens’kyj]».
«Questa è una crisi alla quale noi ebrei più fortunati non dobbiamo chiudere gli occhi e le orecchie», ha dichiaratoAlan Miller, presidente della sezione britannica della B’nai B’rith. «Non possiamo ignorare la situazione. Dovremo aumentare considerevolmente gli aiuti… Tutti noi ci faremo avanti finanziariamente, per aiutare coloro che hanno un così grande bisogno».
De-ebraicizzazione?
Pertanto, sorge spontanea una domanda: è corretto, nel caso dell’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe, parlare di «denazificazione», quando invece i cosiddetti “nazisti” ucraini non possiedono alcun seggio in parlamento e il paese è governato da un ebreo massone? «Dobbiamo concentrarci sui fatti», ha dichiarato il reporter Avi Yemini. «I russi hanno invaso perché l’Ucraina è nazista? No. Esiste un problema di estremismo in Ucraina? Sì, ma non è questa la ragione che spiega quello che sta accadendo».
Dunque, non sarebbe forse più giusto parlare di de-ebraicizzazione? In ogni modo, la giornalista ebrea Anne Applebaum, domandandosi: «Perchè l’Ucraina è diventata l’ossessione di Putin?», ha risposto: «È una democrazia, e questo per [Putin] è un pericolo. Putin è spaventato all’idea che a Mosca possa ripetersi quello che è accaduto a Kiev nel 2014. Lo considera una minaccia personale. Ho sempre pensato che Putin fosse razionale, a modo suo. Non ha mai preso grossi rischi, in fondo. Era brutale, magari, ma non si è mai buttato in sfide che non potesse vincere. Oggi è diverso. L’invasione sembra un azzardo. […] Non so di cosa abbia paura, se della morte o di perdere il potere».
Esprimo alcune posizioni, in ordine sistematico (quanto meno nelle mie intenzioni) a proposito della guerra tra Russia e NATO in atto, con teatro principale almeno provvisorio, purtroppo per gli ucraini, il territorio ucraino:
1.L’attuale guerra è un episodio (per ora l’ultimo cronologicamente parlando) di una fase della “riprogettazione dell’ordine mondiale” avviata con l’inizio dell’amministrazione Biden negli USA e caratterizzata da tre aspetti salienti: a. la ripresa forte, con il binomio Biden-Harris, della tradizionale politica del Partito Democratico statunitense, che consiste nella fede nel “manifesto destino” della nazione americana facente centro sul principio che interesse statunitense e libertà-diritto alla felicità del genere umano coincidono; b. consapevolezza dell’obiettivo declino dell’egemonia mondiale della superpotenza statunitense dopo il “picco” dell’inizio degli Anni Novanta (gli anni della maldestra “profezia” di Francis Fukuyama); c. consapevolezza profonda della necessità di “distrarre” l’opinione pubblica statunitense ( e mondiale) dallo spettacolo del declino degli USA, dall’impoverimento socioeconomico e culturale del popolo statunitense all’enormità insostenibile del debito pubblico ed estero ecc., costringendo gli USA e il mondo a guardare altrove, allo scenario mondiale; e ciò a qualunque costo, anche a quello di una guerra. Difatti ne hanno scelta una: quella con la Russia, a meno che non sia possibile anche là il golpe della “Rivoluzione arancione”, magari provocata dagli oligarchi che attualmente possono essere più o meno putiniani, ma che sono sempre e comunque, in quanto appunto “oligarchi” (pertanto una lobby plutocratica, affaristica e imprenditoriale), spettatori sensibili nonché in parte coprotagonisti del turbocapitalismo che governa o comunque dirige il pianeta.
2.L’attuale guerra non è cominciata alla fine del febbraio 2022 con l’aggressione russa all’Ucraina, bensì nel 2014 con il golpe che a Kiev rovesciò il governo legittimo di Janukovich (com’era avvenuto nel 2003 con la “rivoluzione delle rose” in Georgia e con quella “arancione” del 2004-2005 in Ucraina) e avviò un primo tentativo, con il governo Poroshenko, di passare dalla parte formale dell’Unione Europea, cioè sostanzialmente da parte della NATO; con episodi infami, come il massacro degli inermi cittadini russi a Odessa da parte delle milizie estremiste ucraine (2.5.2014).
3.Il “protocollo di Minsk” concordato il 5.9.2014 tra Russia, Ucraina e comunità russofone del Donbass sotto egide dell’OSCE aveva concordato ampie autonomie per il Donbass stesso; nel contempo la NATO si era impegnata (lo faceva del 1991) a non cercare ulteriormente di avanzare verso est.
4.Il “protocollo di Minsk” è stato disatteso sia dalla NATO, che soprattutto col governo Želensky ha trattato il passaggio dell’Europa all’UE (cioè sostanzialmente alla NATO, con avanzata verso est della sua linea missilistica ”difensiva”) mentre il governo ucraino ha intensificato almeno dal 2015 la repressione contro i gruppi politici stimati “filorussi” e le azioni militari contro le comunità del Donbass e le sevizie ai cittadini “non allineati”.
5.Il governo russo ha più volte ammonito quello ucraino affinché violenze e prevaricazioni cessassero e nel dicembre 2021 ha ufficialmente inoltrato al governo statunitense una proposta di accordo sulla situazione ucraina. Tutti gli appelli sono rimasti inevasi e i media occidentali non ne hanno parlato.
6.A questo punto la Federazione Russa poteva affidarsi solo alle armi per le tutela delle due autoproclamate repubbliche del Donbass; e doveva farlo al più presto per precedere un eventuale ingresso ucraino nella NATO. Da qui il discorso televisivo di Putin della notte del 25.2.2022.
7. Scelte come l’invio di armi all’Ucraina in un momento di conflitto sono formalmente atti di guerra della NATO contro la Russia; solo la moderazione e il senso di responsabilità del governo della Federazione Russa ci salvano da una risposta legittima, che coinciderebbe a questo punto con una guerra mondiale.
8. Aggressione di uno stato sovrano? Benissimo: proceda pure la corte dell’Aja contro la Federazione Russa. A quando i processi contro la NATO (posta sotto alto comando USA) per Serbia 1998-9, Afghanistan 2001, Iraq 2003, Georgia 2004-13 (l’infame governo del criminale Saak’ashvili), Libia 2011, Siria 2011.
9.Le sanzioni contro la Russia le paga la Russia, ma anche l’Europa; gli USA e la NATO, che pagano pochissimo, se ne fregano.
10.La verità ultima, da tener bene presente, è che quella in corso è una guerra scatenata dalla NATO direttamente contro la Russia per sovvertire l’ordinamento interno di quel paese e distogliere l’opinione pubblica statunitense e mondiale dalla rovina nella quale il governo Biden sta precipitando gli USA.; e indirettamente contro l’Europa, asservita alla NATO e a rischio di trovarsi in prima linea in caso di estensione del conflitto.
11.Ma veniamo all’Europa e all’Italia, presumibilmente vittime del conflitto e a quanto pare felicissima d’inasprirlo. L’invio di armi all’Ucraina in un momento di conflitto rappresenta formalmente una atto di guerra della NATO contro la Russia. Dal 1914 al 1917 l’America mandava aiuti all’Inghilterra con la scusa della legge sugli affitti e i prestiti: il Kaiser affondava i convogli inglesi con i sottomarini. Alla fine però è scoppiata anche la guerra: cerchiamo di non arrivare a questo. Quanto alle sanzioni contro la Russia: paga la Russia, ma anche l’Europa mentre gli USA e la NATO, che pagano pochissimo, se ne fregano. Preoccupanti comunque le notizie del 15 u.s. dagli States: se Želensky comincia a dar segni di cedimento (che sarebbe piuttosto ragionevolezza), attorno a lui spuntano “falchi” che rifiutano ogni sorta di trattativa e sembrano trovare una sponda inattesa negli ambienti vicini al presidente Biden, che per la sua cronica indecisione viene messo in difficoltà. Entra a gamba tesa nel dibattito anche l’ineffabile Mike Pompeo, il “superfalco”, anche lui per la linea dura. C’è da chiedersi se tutto ciò non sia per caso sintomo di qualcosa che bolle in pentola. La storia è imprevedibile. Se nelle prossime ore o nei prossimi giorni avvenisse qualcosa d’inatteso, che rimettesse tutto in discussione, non ci sarebbe da stupirsi. Magari qualcosa di grave da attribuirsi subito e facilmente ai russi – “che bisogno abbiamo dei testimoni?” -, una specie di nuovo “incendio del Reichstag”. Che cosa significa lla vaga ma ostinata insinuazione, circolante in molti ambienti giornalistici e addirittura militari, che i russi potrebbero usare “le armi chimiche”, un’eventualità obiettivamente remota in questo tipo di conflitto?
12.Le notizia di stamattina 16.3.2022 a proposito della prossima presenza del presidente Biden a Bruxelles per il prossimo vertice NATO fa crescere le inquietudini. L’esitante Biden sente sempre di più su di lui l’ombra incombente della signora Kamala Harris e quindi della signora Clinton, patrona di tutti i “falchi americani” fautori dell’”Armiamoci-e-partite” e ben decisi a combattere la Russia fino all’ultimo ucraino, magari fino all’ultimi europeo. Quanto reggeranno le buone intenzioni di Želenski a proposito della necessità di tenersi fuori dalla NATO? Mio umile e sommesso convincimento sarebbe che Putin farebbe bene ad assecondarle anziché dichiararle (come in effetti pur sono) insufficienti: una posizione del genere rischia di ricacciare l’ancor presidente ucraino tra le fauci di quelli che (in Ucraina, in Europa, soprattutto negli USA) vogliono l’indurimento dell’embargo antirusso e magari anche al guerra, convinti che pagheranno di persona poco il primo e che vinceranno pe corpora alterius (alias Europeorum) anche una guerra “allargata”…E, viene da domandarsi, quyanto allargata, fino a che punto? Nel peggiorissimo dei casi, i missili russi difficilmente cadranno sul New England o sulla California, bensì quasi subito sulla Sicilia, sul Veneto e sulla Toscana, sedi principali delle besi USA-NATO in Italia e linea avanzata dello schieramento “occidentale”.
1 Consiglio la preliminare consultazione di: Grand Atlas du monde, dir. p. F. Tétart, Paris 2013; La gèopolitique mondiale en 40 cartes, Paris 2022; Le bilan du mone – “Le Monde”, Hord Série, éd 2002, Paris 2022: La Russia cambia il mondo, “Limes”, 2, 2002.
2. O.Boyd-Barrett, Western Mainstream Media and the Ukraine Crisis, Routledge 2016.
3. Cfr.rapporto OSCE 15.4.2016, PC.SHDM.NGO/17/16.
4. Ma cfr. “Il Manifesto”, 15.12.2021.
5. Cfr. M. D. Nazemroaya, La globalizzazione della NATO, Bologna 2014; D. Ganser, Breve storia dell’impero americano, Roma 2021.
6. Cfr. M. Fulgenzi, La guerra delle sanzioni, Rimini 2021.
7. Cfr. A. Bedini, L’Italia “occupata”. La sovranità militare italiana e le basi USA-NATO; Rimini 2013;