Antifascismo idiota

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L’EDITORIALE

di Matteo Castagna

IL PAESE DEI VOLTAGABBANA – CAMERATA DOVE SEI?

Le elezioni del 25 Settembre 2022 hanno sancito la vittoria schiacciante della destra. La volontà popolare, di cui la sinistra ha sempre fatto una bandiera ideologica, si è espressa liberamente, in modo inequivocabile. Nei giorni successivi al successo di Giorgia Meloni, tutti i soloni del Pensiero unico progressista si sono scatenati, chi più, chi meno, nel dimostrare rabbia, odio e livore antitaliano. Per Oliviero Toscani, chi ha votato Fratelli d’Italia sarebbe un “deficiente”. Saviano schiuma dalla bocca. Formigli e Mentana sembrano trasecolati. Alcuni Vip, anziché fare il loro discutibile mestiere, si spendono in giudizi politici offensivi. Per non parlare degli “influencer”, ossia i nullafacenti che guadagnano milioni sui “like” di Instagram. Il quotidiano La Repubblica, che da tempo, ha sostituito L’Unità, non ha risparmiato a Meloni neppure vigli attacchi personali. Il mantra dei radical chic arcobaleno è allarmare di un fantasioso quanto sciocco ritorno al Fascismo. Fiano, abbattuto democraticamente da Isabella Rauti, figlia di Pino, già segretario del MSI, si è giustificato dando la colpa agli italiani: “l’antifascismo non è una priorità in questo Paese”. Effettivamente, essendo trascorsi 80 anni dalla fine del Fascismo e con le enormi sfide che l’Italia (e non solo) deve affrontare, tra crisi economica ed energetica e guerra alle porte, appare almeno anacronistico, se non peggio, porre la “questione antifascista”, che risulta solo un totem di chi non ha argomenti, da usare come clava cavernicola, quando gli eredi di Marx o Stalin in salsa Mario Mieli perdono clamorosamente. Anche il buon Paolo Berizzi si sta rotolando in una delle più grottesche rosicate, sempre sbandierando sto’ antifascismo, di cui le nuove generazioni manco capiscono il significato.

La Gingko Edizioni di Verona, ha pubblicato nel 2021 un libro molto interessante, che si intitola “Camerata dove sei? Il Paese dei voltagabbana”. E’ un testo che rivela verità nascoste sui politici e giornalisti italiani nei riguardi del Fascismo, a dimostrazione di quanto siano assurde certe condanne preventive a persone che hanno un loro passato politico ed umano ben preciso e, poi, per mero opportunismo, hanno fatto il salto della quaglia. Come diceva Ennio Flaiano: “i fascisti si dividono in due categorie: fascisti e antifascisti. Gli italiani corrono sempre in soccorso dei vincitori”. I personaggi che seguono sgomitarono per salire e non seppero poi farsi da parte, cambiarono cappello e, rinnegando il proprio passato ma mai scusandosi per la gente comune che avevano ingannato o mandato a morire. Mussolini li definì “canguri giganti” perché provvisti di un largo marsupio da riempire e capaci di saltare di là dello schieramento. Invece che alla Storia, hanno preferito passare alla cassa.

Essi sono proprio i punti di riferimento degli inquisitori sinistri e democristiani di sinistra contemporanei. Sarà un caso? Vediamoli. Cesare Pavese (1908-1950) di cui parlò il quotidiano La Stampa l’8 agosto 1990, a seguito del ritrovamento del “Taccuino Fascista” del 1962, scoperto da Lorenzo Mondo fra le carte di Pavese, tenute da sua sorella. Italo Calvino rimase stupito dal contenuto, nutrito si simpatia e lodi per il Regime e consigliò di non pubblicarlo. L’originale, poi, sparì, ma ne fecero una fotocopia ( cfr. “Il Sorriso degli Dei” di Marco Borsacchi, Jouvance, Roma, 2005). Giorgio Bocca (1920-2011) si distinse per i suoi articoli apologetici del Duce, così come Indro Montanelli (1909-2001). Per non parlare di Gaetano Azzariti (1881-1961), ex presidente della Corte costituzionale, che fu anche capo del Tribunale della Razza e divenne comunista con la caduta del Fascismo. Palmiro Togliatti lo scelse come capo di gabinetto, subito dopo la caduta di Mussolini, ben sapendo chi era stato durante il periodo fascista e che sotto la sua direzione erano state create molte leggi fasciste. Dopo il 25 luglio 1943 fu nominato ministro della Giustizia nel primo governo Badoglio. La RSI gli diede una mano, condannandolo a morte in contumacia, come traditore, conferendogli così una patente da antifascista.

Antifascistissimo fu, a suo tempo, un esaltatore del regime fascista, Giulio Andreotti, che nell’ottobre del 1942 redasse per la Rivista del Lavoro (anno XI, n.7/8 ottobre-novembre 1942 – XXI) un articolo apologetico in coincidenza col ventennale del Regime. L’Italia era in guerra e questo fatto, sommato al ricordo della marcia su Roma suscitò in Giulio Andreotti uno stato di esaltazione. Michelangelo Antonioni, che rappresentò con visconti e Fellini il meglio del cinema italiano, per anni “compagno” di Monica Vitti, campione di progressismo era un camerata fedele e disciplinato, seguace di Italo Balbo, esordì nel 1935 sul “Corriere padano” esaltando la cinematografia “programmata e rivoluzionaria” “che agirà in profondità sull’anima del popolo e sarà per il Fascismo (la F maiuscola è di Antonioni!) un mezzo efficacissimo per affermarsi in tutto il mondo…”.Tra i voltagabbana annoveriamo anche Domenico Bartoli, autorevole e apprezzato giudice della democraticità altrui, estimatore stimatissimo di Ugo La Malfa e di Giovanni Malagodi; Arrigo Benedetti, che collaborò alle più note e fasciste riviste dell’epoca come il Saggiatore, Critica Fascista, Primato, Ottobre, Legioni e Falangi. Il personaggio in divisa di appartenente ai Gruppi Universitari Fascisti, ritratto sotto l’immagine gigantesca di Mussolini, è il comunista Rosario Bentivegna, medaglia d’oro della Resistenza, autore dell’attentato di via Rasella, a Roma, del 23/3/1944, che provocò la rappresaglia tedesca che uccise 335 persone alle Fosse Ardeatine. Ciò non impedì al Nostro di ricevere la medaglia e a sua moglie, Carla Capponi, compagna nell’ “eroica” impresa, di arrivare a Montecitorio e poi a Palazzo Madama nelle liste del PCI.

Alberto Mondadori, direttore di Tempo, era fascistissimo e i suoi giornalisti di punta erano i camerati di provata fede Ezio Maria Gray, Cesare Zavattini, Gian Gaspare Napolitano, Indro Montanelli nonché Carlo Bernari, che prima di diventare comunista era il corrispondente di guerra specializzato nelle esaltazioni dell’esercito e delle imprese belliche del Terzo Reich. Per il salto dall’altra parte ricordiamo altri beneficiati del regime fascista quali il Prof. Giacinto Bosco, poi Vicepresidente del CSM, Paolo Bufalini, Felice Chilanti, l’onnipresente onorevole democristiano Danilo De’ Cocci, avvocato e docente universitario. Convertito al comunismo nel 1945 ci fu Galvano della Volpe, docente dal 1938 all’Università di Messina, che giurò fedeltà al fascismo e scrisse articoli inequivocabili su Critica Fascista, L’Italiano, Primato, Prospettive e Vita Nova. Come dimenticare Amintore Fanfani, che pubblicò per l’Istituto Coloniale fascista di Milano un saggio dal titolo Cinquant’anni di preparazione all’Impero col quale proclamò spettare a Mussolini “la preveggente preparazione di forze nuove per superare la politica del piede di casa”. Poi Pietro Ingrao, ardente di fede in Mussolini espressa nel 1934 su Conquiste. Proseguiamo con Carlo Lizzani e Carlo Mazzarella, Milena Milani, Elsa Morante in ambito letterario e culturale.

Forse qualcuno resterà stupito del fatto che anche Aldo Moro fu fascista. Il 14 Aprile 1938 troviamo la prima citazione ufficiale della sua attività fascista in una cronaca dei “Littoriali della Cultura e dell’Arte”. Interventista, fascista fu Pietro Nenni. Quando i fascisti milanesi incendiarono la redazione de L’Avanti! Il Giornale del Mattino di bologna, diretto da Pietro Nenni, li difese con grande energia. Tra i beneficiati di Mussolini vale la pena citare Ferruccio Parri, presidente del Consiglio poi senatore a vita, impiegato alla Edison e “padre dei partigiani”. Nell’agosto del 1942 Pier Paolo Pasolini su Architrave, giornale dei Gruppi universitari fascisti di Bologna, dedicò un articolo entusiasta all’incontro culturale delle Giovane Europa Fascista. In altre parole, un “gemellaggio” fra le teorie fasciste e quelle naziste; una manifestazione alla quale furono ammessi i più fidati, i più sicuri fra i nuovi elementi dl regime. Pasolini parlava di “neoumanesimo” scaturito dalla “civiltà culturale veramente notevole” dell’Italia di quegli anni. Poi, le cose cambiarono, la guerra andò male e anche P.P.P. scoprì il neo-antifascismo.

Evidentemente, non poteva mancare Eugenio Scalfari, il trasformista, fondatore di Repubblica ove scrivono le penne più rosse d’Italia. Il 24 settembre 1942 in un articolo intitolato: “Volontà di potenza”, Scalfari sosteneva addirittura che non era più sufficiente limitarsi all'”Impero”, ma bisognava andare oltre, facendo leva su due elementi ben definiti: “il popolo” e “la razza”. Lo sapevi, Paolo Berizzi? Nel 1942, l’icona dell’antifascismo radical chic era fascista, imperialista e razzista e perché fosse ben chiaro il suo atteggiamento, egli scriveva articoli intitolati: “Necessità di credere” (11 giugno 1942) o ribadiva le sue tesi di fascista tutto d’un pezzo in un altro articolo, apparso il 1 ottobre 1942. Questo era Eugenio Scalfari prima che il Gran Consiglio rovesciasse Mussolini. Come redattore di Roma Fascista venne mandato a spasso con tutta la redazione direttamente dal Duce, che non apprezzò un articolo commemorativo del ventennale dalla Marcia su Roma. Il solo che, comunque, decise di continuare fu Eugenio Scalfari. Non fosse stato per il 25 luglio 1943, probabilmente sarebbe rimasto lì, a Roma fascista.

Giovanni Spadolini difese Mussolini e il fascismo anche dopo il 1943, con una serie di articoli apparsi nel 1944 sulla rivista fiorentina Italia e Civiltà. Spadolini difese la RSI e la guerra con fede fascista contro ogni avversità.

Fra le colpe del Fascismo, caro Saviano, indubbiamente non vi fu soltanto quella di aver allevato almeno tre quarti della classe dirigente politica di tutta la Prima Repubblica, ma anche quella di aver fatto da balia a coloro che, con una suggestiva quanto menzognera e “moderna” affermazione, potremmo definire i “tecnocrati” dell’attuale regime. Il nome di Gaetano Stammati, che fu una delle persone più influenti nella veste di Presidente della Banca Commerciale, durante il periodo universitario volle abbracciare il “credo corporativo”, plaudendo, in maniera eccessiva, alle conquiste sociali dell’Italia fascista. Fascista fu Paolo Emilio Taviani, così come Arturo Toffanelli.

Nell’agosto 1936 Palmiro Togliatti firmò assieme ad altri un “curioso” manifesto dal titolo: “Per la salvezza dell’Italia e la riconciliazione del popolo italiano”. In tutto il lunghissimo manifesto, il nome di Mussolini viene citato solo con la massima deferenza possibile. Sostanzialmente si trattava di un appello ai fascisti a lottare uniti ai comunisti per “fare l’Italia forte, libera, felice”, nell’ambito del regime fascista.

Anche il Segretario della Democrazia Cristiana eletto il 15 giugno 1975, Benigno Zaccagnini fu fascista. Il camerata Zaccagnini scrisse “Santa Milizia” sul periodico del Gruppo Universitario Fascista di Ravenna. Si trattava di un autentico articolo di denuncia dal titolo: “Problemi razziali: il meticciato”. E moltissimi altri politici, giornalisti, banchieri, economisti, insegnanti, medici vanno ad aggiungersi a questi nomi illustri.

Chi evoca lo spauracchio di un ritorno al fascismo, che è impossibile sul piano storico, economico, militare e sociale delle attuali circostanze geopolitiche, dovrebbe smetterla con la retorica perché un popolo di beneficiati voltagabbana ha costruito l’Italia nata dalla vittoria degli Alleati nel 1945, di cui i partigiani si sono appropriati, scrivendo pagine di racconti apologetici entusiasmanti, ma coprendo i crimini del dopoguerra e tacendo che molti dei “nuovi” potenti, troppi, erano camice nere che avevano tradito per interesse personale, trasformismo, sete di potere. Quindi, basta con la vostra bolsa retorica e basta con la vostra supponenza da professorini col ditino puntato. Il vostro pulpito, come quello dei vostri maestri e predecessori, non è credibile.

Anche se siete riusciti a tenerlo nascosto nelle foibe della memoria di chi non vuole e non può dimenticare.

 

 

 

 

Berizzi e Lerner, ma quali fascisti? A spaccare le vetrine sono stati anarchici e immigrati

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Torino, 27 ott – Non è mai colpa dei “compagni”. Durante un qualsiasi corteo organizzato da movimenti antagonisti e centri sociali qualcuno decide di assaltare una banca o attaccare deliberatamente le forze dell’ordine? Per i media allineati è colpa di un qualche “inflitrato”, se non si può parlare di “fascisti” si punta il dito contro i “black bloc”. Come se la ricerca della “conflittualità” e la violenza non facessero parte del retroterra e della prassi politica dell’antagonismo militante. Se dunque si riesce nell’impresa di assolvere i “compagni” anche nell’ambito di una manifestazione di sinistra, è abbastanza prevedibile che in un contesto più trasversale gente come Gad Lerner e Paolo Berizzi non faccia altro che puntare il dito contro i fascisti, manovratori e artefici delle violenze connesse alle proteste contro il nuovo Dpcm.

Assalto a vetrina Gucci: arrestati 2 egiziani

Con la “reductio ad Hitlerum” si evita di comprendere le ragioni della rabbia popolare e si semplificano gli scenari. A Napoli scoppia la rivolta? E’ colpa di fascisti e camorra, come se altri (dai militanti dei centri sociali fino a commercianti o semplici cittadini) non avessero preso parte alle proteste. Stessa cosa con quanto accaduto ieri sera a Torino: pure se i media mainstream si sono ben guardati di scriverlo nei titoli, parlando genericamente di “incappucciati” (come fatto vergognosamente da La Stampa), basta leggere il Corriere della Sera: “Tutto è cominciato con una decina di anarchici che, prima di defilarsi, ha provato ad accendere la miccia (…) Sono giovani, alcuni giovanissimi. In mezzo a loro anche esponenti delle tifoserie organizzate della Juventus e del Torino, oltre a molti ragazzi di origine straniera. Immigrati di seconda generazione arrivati dalle periferie”. Quello che già si evinceva dai video è stato poi confermato oggi: per l’assalto al negozio di Gucci sono stati arrestati due egiziani. 

E’ sempre colpa dei fascisti, in ogni caso

E cosa fa allora il prode Gad Lerner? Pubblica la foto del negozio di Gucci devastato e accolla il tutto ai fascisti. “Questa non è la “rivolta dei forni”, sommossa di un popolo affamato. E’ azione pianificata degli ultràs organizzati con l’estrema destra. Saccheggi e devastazioni d’un colpo prevalgono sulla curva del contagio, come se in ballo ci fosse solo il potere e non la vita di tanta gente”. Premio Pulitzer per la disinformazione, in condivisione con Paolo Berizzi che in barba ad ogni evidenza, continua a parlare di “Piazze nere” organizzate da “violenti che sfidano lo Stato”. Nel momento in cui esplode la violenza, con il mondo antagonista e anarchico in prima fila, con il “supporto” di immigrati dediti al saccheggio (in pieno stile “parigino”, come documentato dal sottoscritto un paio d’anni fa), per gli alfieri dell’antifascismo in assenza di fascismo in ogni caso è colpa dell’estrema destra. Qualsiasi cosa accada. E il bello è che il presidente della Fnsi, sindacato unico dei giornalisti, Beppe Giulietti, fa da sponsor a Berizzi, battendosi il petto e taggando su Twitter Rai, Sky etc perché invitino Berizzi in trasmissione, lui che ha “svelato le trame nazifasciste”. Una marchetta vergognosa. E niente, questo è lo stato del giornalismo in Italia.

Davide Di Stefano

DA

https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/berizzi-e-lerner-ma-quali-fascisti-a-spaccare-le-vetrine-sono-stati-anarchici-e-immigrati-172032/

Figuraccia di Berizzi: “Bottega vende odio”. Ma è un negozio antifascista e femminista

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Roma, 6 dic – Brutta figura per la punta di diamante dell’inchiesta antifascista Paolo Berizzi, che questa volta tira un bel colpo di “pietra” su un gruppo “di odio”. Peccato si tratti di giovani artigiane donne, femministe e antifasciste.

La replica di Fhate Off

La denuncia la sporgono direttamente loro, le ragazze di Fhate Off. Sulla loro pagina denunciano loro stesse di essere state oggetto quantomeno di una mala interpretazione di Berizzi che, sulla sua rubrica per Repubblica denominata Pietre (quelle di polemiche – sterili – che lui stesso scaglia) parla così di loro: “C’è un negozio a Roma, vende tshirts, cappelli, toppe anche personalizzate. Ricamano quello che vuoi. Ma gli slogan della casa sono standard: “Odio tutti”, “Ti odio”, “Magari mori”, “Acab”, “Antisocial”“…. e continua l’elenco. “L’ultima produzione della bottega dell’odio” scrive Berizzi “offriva il 20% di sconto su tutti gli articoli. Previa presentazione del coupon lamiavitadimerda“.

 

Esauriti gli argomenti?

Cosa volesse esattamente comunicarci Berizzi, rimane un mistero. Lui, che di solito indaga solo su un “odio” dal ben preciso segno politico (non dimentichiamoci che è autore di Nazitalia e di molte altre scottanti inchieste, come quella su Fiamma Negrini, esponente dei Fasci italiani del Lavoro o quella contro la “spiaggia fascista” di Chioggia) forse stavolta ha preso una cantonata colossale – o ha esaurito l’ispirazione.

“Non c’hai capito un cazzo”

“Si siamo noi” scrivono le ragazze di Fhate Off. “Si, Paolo Berizzi di NazItalia, in questo articolo apparso su la Repubblica non c’hai capito un cazzo“, rispondo prosaicamente. Fhate Off, in effetti (e basterebbe degnarsi di visitare la loro pagina Facebook e in generale i loro social) non è certamente una marca fascista, anzi. L’ultimo post in evidenza si schiera a favore della tampon tax, propongono per le feste natalizie decorazioni per l’albero rappresentanti vagine e seni da riott grrrl, borse “protect your sister” e via dicendo. Insomma, sono delle femministe tout court, molto probabilmente di sinistra, e quasi sicuramente di ispirazione punk/do it yourself. Berizzi cosa si sarà fumato quel giorno? Adesso che l’odio è la nuova emergenza nazionale non conta da dove provenga, né come venga esplicato: bisogna combatterlo a prescindere, evidentemente. Anche quando viene dal “fuoco amico”.

Inchieste all’acqua di rose

O, forse, Berizzi non s’è nemmeno sprecato di entrarci in quel negozio, di vistare la pagina di Fhate Off. Aveva bisogno di quattro frasette indignate per la sua rubrica che, manco a dirlo, sta andando piuttosto male, mannaggietta. E se continua così, non può che andare peggio e a ben vedere! Beh, per rimanere in tema… Berizzi,mettice ‘na toppa.

Ilaria Paoletti

Da https://www.ilprimatonazionale.it/sinistra-2/figuraccia-berizzi-bottega-vende-odio-negozio-antifascista-femminista-139139/