Ecco perchè la CIA ha tentato una “rivolta in stile Maidan” in Brasile

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di Pepe Escobar

Fonte: Come Don Chisciotte

Un ex funzionario dei servizi segreti degli Stati Uniti ha confermato che il caotico remix del Maidan inscenato a Brasilia l’8 gennaio è stato un’operazione della CIA e lo ha collegato ai recenti tentativi di rivoluzione colorata in Iran.

Domenica, presunti sostenitori dell’ex presidente di destra Jair Bolsonaro avevano preso d’assalto il Congresso, la Corte Suprema e il palazzo presidenziale del Brasile, aggirando le fragili barricate di sicurezza, salendo sui tetti, spaccando finestre, distruggendo proprietà pubbliche, tra cui preziosi dipinti, e invocando un colpo di stato militare come parte di un piano di cambio di regime che aveva come obiettivo il presidente eletto Luis Inacio “Lula” da Silva.

Secondo la fonte statunitense, il motivo per cui l’operazione (che presentava segni evidenti di una pianificazione affrettata) era stata organizzata proprio adesso, era dovuto al fatto che il Brasile è destinato a riaffermarsi nella geopolitica globale, insieme agli Stati BRICS, Russia, India e Cina.

Ciò suggerisce che i pianificatori della CIA sono avidi lettori dello stratega del Credit Suisse ed ex dirigente della Fed di New York, Zoltan Pozsar. Nel suo innovativo rapporto del 27 dicembre intitolato War and Commodity Encumbrance, Pozsar affermava che “l’ordine mondiale multipolare non è costruito dai capi di Stato del G7, ma dal ‘G7 dell’Est’ (i capi di Stato dei BRICS), che, in realtà, è un G5, ma che, a causa della ‘BRICSpansion’, mi sono preso la libertà di arrotondare.”

L’autore si riferiva alle notizie secondo cui Algeria, Argentina e Iran hanno già chiesto di entrare a far parte dei BRICS (o meglio della loro versione allargata “BRICS+”), con un ulteriore interesse espresso da Arabia Saudita, Turchia, Egitto, Afghanistan e Indonesia.

La fonte statunitense ha tracciato un parallelo tra il Maidan della CIA in Brasile e una serie di recenti manifestazioni di piazza in Iran, strumentalizzate dall’agenzia come parte di un nuovo tentativo di rivoluzione colorata: “Queste operazioni della CIA in Brasile e in Iran sono analoghe all’operazione in Venezuela del 2002, che, all’inizio, aveva avuto un grande successo, poiché i rivoltosi erano riusciti a spodestare Hugo Chavez.”

Fa il suo ingresso il “G7 dell’Est

I neoconservatori straussiani ai vertici della CIA, indipendentemente dalla loro affiliazione politica, sono furiosi per il fatto che il “G7 dell’Est” (come la configurazione BRICS+ del prossimo futuro) si stia rapidamente allontanando dall’orbita del dollaro USA.

Lo straussiano John Bolton (che ha appena reso noto il suo interesse a candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti) chiede ora l’estromissione della Turchia dalla NATO, mentre il Sud globale si riallinea rapidamente all’interno delle nuove istituzioni multipolari.

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il suo nuovo omologo cinese Qin Gang hanno appena annunciato la fusione della Belt and Road Initiative (BRI), a guida cinese, e dell’Unione Economica Eurasiatica (EAEU), a guida russa. Ciò significa che il più grande progetto di commercio/connettività/sviluppo del XXI secolo (le Nuove Vie della Seta cinesi) è ora ancora più complesso e continua ad espandersi.

Ciò pone le premesse per l’introduzione, già in fase di progettazione a vari livelli, di una nuova valuta commerciale internazionale destinata a soppiantare il dollaro statunitense. Oltre al dibattito interno ai BRICS, uno dei vettori principali è il gruppo di discussione istituito tra l’UEEA e la Cina. Una volta concluse, queste deliberazioni saranno presentate ai Paesi partner BRI-UEE e, naturalmente, al BRICS+ allargato.

Lula, alla guida del Brasile in quello che è il suo terzo mandato presidenziale non consecutivo, darà un enorme impulso al BRICS+. Negli anni 2000, a fianco del Presidente russo Putin e dell’ex Presidente cinese Hu Jintao, Lula era stato uno dei principali patrocinatori di un ruolo più profondo per i BRICS, compreso il commercio nelle loro valute.

I BRICS come “il nuovo G7 dell’Est”, secondo la definizione di Pozsar, sono un anatema, tanto per i neoconservatori straussiani quanto per i neoliberali.

Gli Stati Uniti vengono, lentamente ma inesorabilmente, estromessi dalla grande Eurasia dalle azioni concertate del partenariato strategico Russia-Cina.

L’Ucraina è un buco nero, dove la NATO rischia un’umiliazione che farà sembrare l’Afghanistan una Alice nel Paese delle Meraviglie. Un’UE debole, costretta da Washington a deindustrializzarsi e ad acquistare gas naturale liquefatto (GNL) statunitense a costi assurdi, non ha risorse essenziali saccheggiabili da parte dell’Impero.

Dal punto di vista geoeconomico, l’obiettivo principale rimane quello che gli Stati Uniti chiamano l’”emisfero occidentale,” in particolare l’immenso Venezuela, ricco di energia. Dal punto di vista geopolitico, l’attore regionale chiave è il Brasile.

Il gioco neoconservatore straussiano consiste nel fare di tutto per impedire l’espansione commerciale e l’influenza politica di Cina e Russia in America Latina, che Washington (a prescindere dal diritto internazionale e dal concetto di sovranità) continua a chiamare “il nostro cortile.” In tempi in cui il neoliberismo è così “inclusivo” che i Sionisti indossano la svastica, la Dottrina Monroe è tornata, gonfiata con gli steroidi.

È sempre la solita “strategia della tensione

Indizi sul Maidan in Brasile se ne possono trovare, ad esempio, presso il Comando cibernetico dell’esercito statunitense a Fort Gordon, dove non è un segreto che la CIA avesse dispiegato centinaia di agenti in tutto il Brasile prima delle recenti elezioni presidenziali, fedele al manuale della “strategia della tensione.”

Le comunicazioni della CIA a Fort Gordon erano state intercettate già dalla metà del 2022. Il tema principale era l’imposizione di una narrativa generale secondo cui “Lula avrebbe potuto vincere solo barando.”

Un obiettivo chiave dell’operazione della CIA era quello di screditare con ogni mezzo il processo elettorale brasiliano, aprendo la strada ad una narrazione preconfezionata che ora si sta dipanando: un Bolsonaro sconfitto che fugge dal Brasile e che cerca rifugio nella villa di Mar-a-Lago dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Bolsonaro, consigliato da Steve Bannon, è effettivamente fuggito dal Brasile, perdendosi l’insediamento di Lula, ma solo per la paura di finire gattabuia prima del tempo. E, comunque, ora si trova a Orlando, non a Mar-a-Lago.

La ciliegina sulla torta stantia del Maidan sono stati gli avvenimenti di domenica scorsa: inscenare l’8 gennaio a Brasilia un golpe che rispecchiasse gli eventi del 6 gennaio 2021 a Washington e, naturalmente, imprimere il legame Bolsonaro-Trump nella mente della gente.

La natura amatoriale degli eventi dell’8 gennaio a Brasilia suggerisce che i pianificatori della CIA si siano persi nella loro stessa trama. L’intera farsa doveva essere anticipata dal rapporto di Pozsar, letto da tutti coloro che contano sull’asse New York-Beltway.

Ciò che è chiaro è che, per alcune fazioni del potente establishment statunitense, sbarazzarsi a tutti i costi di Trump è ancora più cruciale che paralizzare il ruolo del Brasile nei BRICS+.

Per quanto riguarda i fattori interni del Maidan brasiliano, tanto per citare il romanziere Gabriel Garcia Marquez, tutto cammina e parla come la Cronaca di un colpo di stato annunciato. È impossibile che l’apparato di sicurezza intorno a Lula non abbia potuto prevedere questi eventi, soprattutto considerando lo tsunami di segnali sui social network.

Quindi ci deve essere stato uno sforzo concertato per agire in modo morbido, senza alcun bastone preventivo, con in sottofondo il solito chiacchiericcio neoliberista.

Dopotutto, il gabinetto di Lula è un disastro, con ministri che si scontrano continuamente e alcuni membri che, fino a pochi mesi fa, appoggiavano Bolsonaro. Lula lo chiama “governo di unità nazionale,” ma, più che altro, è un pacchiano lavoro di patchwork.

L’analista brasiliano Quantum Bird, uno studioso di fisica rispettato a livello mondiale e tornato in patria dopo un lungo periodo di permanenza nei Paesi della NATO, osserva come ci siano “troppi attori in gioco e troppi interessi antagonisti. Tra i ministri di Lula, troviamo bolsonaristi, neoliberisti-rentier, convertiti all’interventismo climatico, praticanti di politiche identitarie e una vasta fauna di neofiti politici e arrampicatori sociali, tutti ben allineati agli interessi imperiali di Washington.”

I “militanti” sobillati dalla CIA a caccia di prede

Uno scenario plausibile è che settori potenti dell’esercito brasiliano – al servizio dei soliti think tank neocon straussiani, oltre che del capitale finanziario globale – non abbiano potuto realizzare un vero e proprio colpo di Stato, visto il massiccio rifiuto popolare, e si siano dovuti accontentare, come massimo risultato, di una farsa “soft.” Questo fa capire quanto questa fazione militare, autocelebrativa e altamente corrotta, sia isolata dalla società brasiliana.

Ciò che è altamente preoccupante, come osserva Quantum Bird, è che, mentre tutti hanno condannato i fatti dell’l’8 gennaio, nessuno se ne è assunto la responsabilità, e questo “fa capire come Lula navighi praticamente da solo in un mare poco profondo infestato da coralli taglienti e squali affamati.”

La posizione di Lula, aggiunge, “decretando un intervento federale tutto da solo, senza volti forti del proprio governo o delle autorità competenti, mostra una reazione improvvisata, disorganizzata e dilettantesca.”

E tutto questo, ancora una volta, dopo che per giorni “militanti” sobillati dalla CIA avevano organizzato le “proteste” sui social media, senza farne un segreto.

Tuttavia, continua a rimanere all’opera lo stesso vecchio manuale della CIA. È ancora incredibile quanto sia facile sovvertire il Brasile, uno dei leader naturali del Sud globale. I tentativi di colpo di Stato della vecchia scuola, con tanto di cambio di regime/rivoluzione colorata, continueranno ad essere messi in scena – ricordiamo il Kazakistan all’inizio del 2021 e l’Iran solo pochi mesi fa.

Per quanto la fazione autocelebrativa dei militari brasiliani possa credere di controllare la nazione, se le masse che realmente sostengono Lula scenderanno in piazza in tutta la loro forza contro la farsa dell’8 gennaio, l’impotenza dell’esercito sarà ancora più evidente. E, poiché si tratta di un’operazione della CIA, i responsabili ordineranno ai loro vassalli militari tropicali di comportarsi come degli struzzi.

Il futuro, purtroppo, è infausto. L’establishment statunitense non permetterà che il Brasile, l’economia dei BRICS con il miglior potenziale dopo quella della Cina, torni in attività a pieno regime e in sincronia con il partenariato strategico russo-cinese.

I neoconservatori e i neoliberisti straussiani, sciacalli e iene geopolitiche a tutti gli effetti, diventeranno ancora più feroci quando il “G7 dell’Est,” Brasile compreso, si muoverà per porre fine al dominio del dollaro USA, mentre il controllo imperiale sul mondo svanisce.

 

Fonte: thecradle.co
Link: https://thecradle.co/Article/Columns/20209
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

La guerra elettrica

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di Pepe Escobar

Fonte: Come Don Chisciotte

Eco di passi nella memoria
nei passaggi dove non c’incamminammo
verso la non spalancata porta
sul roseto. L’eco delle mie
parole, nei tuoi pensieri.
Per quale scopo
sollevino polvere da una coppa di foglie di rosa
io non so.
T.S. Eliot, Burnt Norton [*]

Pensiamo per un attimo all’agricoltore polacco che fotografa i rottami di un missile – poi indicati come appartenenti ad un S-300 ucraino. Così un contadino polacco, i cui passi riecheggiano nella nostra memoria collettiva, potrebbe aver salvato il mondo dalla Terza Guerra Mondiale, scatenata da un pessimo complotto architettato dall’”intelligence” anglo-americana.

Questa ignobile bassezza è stata aggravata da un ridicolo insabbiamento: gli Ucraini stavano sparando in una direzione da cui i missili russi non potevano provenire. Ovvero: la Polonia. E poi il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, il venditore di armi Lloyd “Raytheon” Austin, aveva sentenziato che la colpa era comunque della Russia, perché i suoi vassalli di Kiev stavano sparando a missili russi che non avrebbero dovuto essere in volo (e infatti non lo erano).

Il Pentagono ha elevato la menzogna palese al rango di arte piuttosto scadente.

Lo scopo anglo-americano di questo complotto era quello di generare una “crisi mondiale” contro la Russia. È stato smascherato – questa volta. Ciò non significa che i soliti sospetti non ci riproveranno. Presto.

La ragione principale è il panico. I servizi segreti occidentali si sono resi conto che Mosca sta finalmente mobilitando il proprio esercito – pronto a scendere in campo il mese prossimo – mentre, come forma di tortura cinese, mette fuori uso le infrastrutture elettriche dell’Ucraina.

Quei giorni di febbraio in cui erano stati inviati al fronte solo 100.000 uomini – e si lasciava che le milizie della DPR e della LPR, i commando di Wagner e i Ceceni di Kadyrov facessero la maggior parte del lavoro pesante – sono ormai lontani. Nel complesso, i Russi e i Russofoni si erano trovati di fronte ad orde di militari ucraini – forse fino ad 1 milione. Il “miracolo” di tutto ciò è che i Russi se la sono cavata abbastanza bene.

Tutti gli esperti militari conoscono la regola di base: una forza d’invasione dovrebbe essere tre volte superiore alla forza di difesa. L’esercito russo, all’inizio dell’Operazione Militare Speciale (OMS) era una piccola frazione di questa regola. Le forze armate russe hanno probabilmente un esercito permanente di 1,3 milioni di uomini. Sicuramente avrebbero potuto impiegare qualche decina di migliaia di uomini in più rispetto ai 100.000 iniziali. Ma non l’hanno fatto. È stata una decisione politica.

Ma ora l’OMS è finita: questo è il territorio della CTO (Counter-Terrorist Operation). Una sequenza di attacchi terroristici – che hanno preso di mira le condotte del Nord Stream, il ponte di Crimea, la Flotta del Mar Nero – ha infine dimostrato l’inevitabilità di andare oltre una semplice “operazione militare.”

E questo ci porta alla Guerra Elettrica.

Preparare la strada per una smilitarizzazione

La Guerra Elettrica viene gestita essenzialmente come una tattica – mirata all’imposizione finale delle condizioni della Russia in un eventuale armistizio (che né l’intelligence anglo-americana né il vassallo NATO vogliono).

Anche se ci fosse un armistizio – ampiamente propagandato da qualche settimana – questo non porrebbe fine alla guerra. Perché le condizioni russe, più profonde e tacite – fine dell’espansione della NATO e “indivisibilità della sicurezza” – erano state chiaramente illustrate sia a Washington che a Bruxelles lo scorso dicembre, e successivamente respinte.

Poiché da allora nulla – concettualmente – è cambiato, e la militarizzazione dell’Ucraina da parte dell’Occidente ha raggiunto il massimo livello, lo Stavka dell’era Putin non poteva che ampliare il mandato iniziale dell’OMS, che rimane la denazificazione e la smilitarizzazione. Ma ora il mandato dovrà comprendere anche Kiev e Leopoli.

E questo inizia con l’attuale campagna di de-elettrificazione, che va ben oltre la riva orientale del Dnieper e interessa la costa del Mar Nero, fino ad Odessa.

Questo ci porta alla questione chiave della portata e della profondità della guerra elettrica, in termini di creazione di quella che sarebbe una demilitarizzazione – completa di terra di nessuno – ad ovest del Dnieper per proteggere le aree russe dall’artiglieria, dagli HIMARS e dagli attacchi missilistici della NATO.

Quanto in profondità? 100 km? Non sono sufficienti. Meglio 300 km – dato che Kiev ha già richiesto artiglieria con quel tipo di gittata.

L’aspetto cruciale è che, già a luglio, a Mosca se ne discuteva ampiamente ai massimi livelli dello Stavka.

In un’ampia intervista di luglio, il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, aveva, diplomaticamente, fatto uscire il gatto dal sacco:

“Questo processo continua, in modo coerente e persistente. Continuerà finché l’Occidente, nella sua rabbia impotente, desideroso di aggravare il più possibile la situazione, continuerà ad inondare l’Ucraina con armi sempre più a lungo raggio. Prendiamo gli HIMARS. Il ministro della Difesa Alexey Reznikov si vanta di aver già ricevuto munizioni da 300 chilometri. Ciò significa che i nostri obiettivi geografici si allontaneranno ancora di più dalla linea di contatto attuale. Non possiamo permettere che la parte dell’Ucraina, che Vladimir Zelensky, o chiunque lo sostituisca, entri in possesso di armi che rappresentano una minaccia diretta per il nostro territorio o per le repubbliche che hanno dichiarato la loro indipendenza e vogliono determinare il proprio futuro.”

Le implicazioni sono chiare.

Per quanto Washington e la NATO siano ancora più “disperate di aggravare la situazione il più possibile” (e questo è il piano A, non c’è un piano B), dal punto di vista geoeconomico gli Americani stanno intensificando il Nuovo Grande Gioco: la disperazione qui è tutta nel tentativo di controllare i corridoi dell’energia e di fissarne il prezzo.

La Russia non si lascia intimorire: continua ad investire nel Pipelineistan (verso l’Asia), a consolidare il Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INTSC) multimodale, con i partner chiave, India e Iran, e a fissare il prezzo dell’energia tramite l’OPEC+.

Un paradiso per i saccheggiatori oligarchici

Gli straussiani/neo-conservatori e i neoliberali-conservatori che permeano l’apparato di intelligence/sicurezza anglo-americano – di fatto virus armati – non si fermeranno. Non possono permettersi di perdere l’ennesima guerra della NATO, per di più contro la “minaccia esistenziale” Russia.

Anche se le notizie dai campi di battaglia ucraini promettono di essere ancora più tristi con l’arrivo del Generale Inverno, si può trovare conforto almeno nella sfera culturale. Il racket della transizione verde, condito in una tossica insalata mista con l’etica eugenista della Silicon Valley, continua ad essere un contorno offerto con il piatto principale: la “Grande Narrazione” di Davos, ex Grande Reset, che, ancora una volta, ha mostrato la sua brutta testa al G20 di Bali.

Questo significa che tutto va bene per quanto riguarda il progetto di distruzione dell’Europa. De-industrializzare ed essere felici, ballare la danza dell’arcobaleno al ritmo delle melodie woke sul mercato, congelare e bruciare legna benedicendo le “energie rinnovabili” sull’altare dei valori europei.

Un rapido flashback per contestualizzare il punto in cui ci troviamo è sempre utile.

L’Ucraina aveva fatto parte della Russia per quasi quattro secoli. L’idea stessa della sua indipendenza era stata inventata in Austria durante la Prima Guerra Mondiale allo scopo di indebolire l’esercito russo – e questo era certamente accaduto. L’attuale “indipendenza” era stata creata per permettere agli oligarchi trotzkisti locali di saccheggiare la nazione, proprio mentre un governo allineato alla Russia stava per muoversi contro quegli stessi oligarchi.

Il golpe a Kiev del 2014 era stato essenzialmente organizzato da Zbig “Grande Scacchiere” Brzezinski per impantanare la Russia in una nuova guerra partigiana – come in Afghanistan – ed era stato seguito da ordini ai petrolieri del Golfo affinché facessero crollare il prezzo del greggio. Mosca aveva dovuto proteggere i Russofoni della Crimea e del Donbass – e questo aveva portato ad ulteriori sanzioni occidentali. Era stata tutta una montatura.

Per otto anni, Mosca si è sempre rifiutata di inviare i suoi eserciti persino nel Donbass, ad est del Dnieper (storicamente parte della Madre Russia). Il motivo: non trovarsi impantanati in un’altra guerra partigiana. Il resto dell’Ucraina, nel frattempo, veniva saccheggiato dagli oligarchi sostenuti dall’Occidente e sprofondava in un buco nero finanziario.

L’Occidente collettivo ha deliberatamente scelto di non finanziare questo buco nero. La maggior parte delle sovvenzioni del FMI sono state semplicemente rubate dagli oligarchi e il bottino trasferito fuori dal Paese. Questi saccheggiatori oligarchici sono stati ovviamente “protetti” dai soliti sospetti.

È sempre fondamentale ricordare che, tra il 1991 e il 1999, l’equivalente dell’attuale intero patrimonio nazionale della Russia era stato rubato e trasferito all’estero, soprattutto a Londra. Ora, gli stessi soliti sospetti stanno cercando di rovinare la Russia con le sanzioni, visto che il “nuovo Hitler” Putin ha fermato il saccheggio.

La differenza è che il piano di usare l’Ucraina come pedina del loro gioco non sta funzionando.

Sul terreno, ciò che è avvenuto finora sono per lo più scaramucce e poche, vere battaglie. Ma, con Mosca che sta ammassando truppe fresche per un’offensiva invernale, l’esercito ucraino potrebbe essere completamente sbaragliato.

La Russia non se l’è cavata poi così male – considerando l’efficacia della sua artiglieria contro le posizioni fortificate ucraine, le recenti ritirate pianificate o la guerra di posizione, tutte cose che hanno mantenuto basse le perdite e distrutto la potenza di fuoco ucraina.

L’Occidente collettivo crede di avere in mano la carta della guerra per procura in Ucraina. La Russia punta sulla realtà, dove le carte economiche sono cibo, energia, risorse, sicurezza delle risorse e un’economia stabile.

Nel frattempo, come se per un’UE suicida dal punto di vista energetico non fosse sufficiente dover affrontare una miriade di calvari, ci saranno almeno 15 milioni di Ucraini disperati e in fuga da villaggi e città senza energia elettrica che busseranno alla sua porta.

La stazione ferroviaria di Kherson, temporaneamente occupata, ne è un esempio lampante: qui la gente fa la fila per riscaldarsi e ricaricare i propri cellulari. La città non ha elettricità, né riscaldamento, né acqua.
Le attuali tattiche russe sono l’esatto contrario della teoria militare della forza concentrata sviluppata da Napoleone. Ecco perché la Russia sta accumulando seri vantaggi mentre “solleva la polvere da una coppa di foglie di rosa.”

E, naturalmente, “non abbiamo ancora iniziato.”

[*] Traduzione di Elio Grasso.

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://strategic-culture.org/news/2022/11/23/electric-war/

Scelto e tradotto da Markus per www.comedonchisciotte.org

Sun Tzu entra in un bar a Kherson…

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QUINTA COLONNA

di Pepe Escobar

Fonte: Controinformazione

Deal or no deal, il “generale Winter” sta arrivando in città, pronto a intrattenere il suo ospite d’onore Sun Tzu (l’arte della guerra) con così tanti nuovi piatti a tavola.

L’annuncio del ritiro di Kherson potrebbe aver segnato uno dei giorni più cupi della Federazione Russa dal 1991.

Lasciare la riva destra del Dnepr per allestire una linea di difesa sulla riva sinistra può esprimere un senso di sconfitta militare. Lo stesso generale Armageddon, sin dal suo primo giorno di lavoro, aveva lasciato intendere che questo avrebbe potuto essere inevitabile.

Così com’è sulla scacchiera, Kherson è dalla parte “sbagliata” del Dnepr. Tutti i residenti di Kherson Oblast – 115.000 persone in totale – che volevano essere trasferiti a latitudini più sicure sono stati evacuati dalla riva destra.

Il generale Armageddon sapeva che era inevitabile per diversi motivi:
nessuna mobilitazione dopo che i piani iniziali dell’operazione SMO hanno colpito la polvere; distruzione di ponti strategici attraverso il Dnepr – con tanto di metodico martellamento ucraino di ponti, traghetti, pontoni e moli per tre mesi; nessuna seconda testa di ponte a nord di Kherson o a ovest (verso Odessa o Nikolaev) per condurre un’offensiva.

E poi, la ragione più importante: l’armamento massiccio unito alla NATO, quella che de facto guida la guerra, si è tradotta in un’enorme superiorità occidentale in ricognizione, comunicazioni, comando e controllo.

Militari NATO in Ucraina

Alla fine, il ritiro di Kherson potrebbe essere una perdita tattica relativamente minore. Eppure, politicamente, è un disastro assoluto, un imbarazzo devastante.

Cherson è una città russa. I russi hanno perso, anche se temporaneamente, la capitale di un nuovissimo territorio annesso alla Federazione. L’opinione pubblica russa avrà enormi problemi ad assorbire le notizie.

L’elenco degli aspetti negativi è considerevole. Le forze di Kiev si assicurano il fianco e possono liberare le forze per andare contro il Donbass. L’armamento fornito da parte dell’Occidente collettivo ottiene una spinta importante. Il sistema HIMARS ora può potenzialmente colpire obiettivi in ​​Crimea.

L’ottica è orrenda. L’immagine della Russia nel Sud del mondo è gravemente offuscata; dopotutto, questa mossa equivale all’abbandono del territorio russo, mentre i crimini di guerra seriali ucraini scompaiono all’istante dalla “narrativa” principale.

Come minimo, molto tempo fa i russi avrebbero dovuto rafforzare il loro principale vantaggio strategico testa di ponte sul lato occidentale del Dnepr in modo che potesse resistere, a meno di un’alluvione della diga di Kakhovka ampiamente prevista. Eppure i russi hanno ignorato per mesi anche la minaccia del bombardamento della diga. Questo spiega una pianificazione terribile.

Ora le forze russe dovranno conquistare di nuovo Kherson. E parallelamente stabilizzare le linee del fronte; tracciare confini definitivi; e poi sforzarsi di “smilitarizzare” per sempre le offensive ucraine, tramite negoziati o bombe a tappeto.

È abbastanza rivelatore che una serie di tipi di informazioni della NATO, dagli analisti ai generali in pensione, sono sospettosi della mossa del generale Armageddon: la vedono come una trappola elaborata, o come ha detto un analista militare francese, “una massiccia operazione di inganno”. Uno stile Sun Tzu classico. Questo è stato debitamente incorporato come narrativa ufficiale ucraina.

Quindi, per citare Twin Peaks , quel classico eversivo della cultura pop americana, “i gufi non sono quello che sembrano”. In tal caso, il generale Armageddon cercherebbe di allungare gravemente le linee di rifornimento ucraine; indurli all’esposizione; e poi cimentarsi in un’enorme sparatoria al tacchino.

Quindi o questa è una mossa stile Sun Tzu; o un accordo è dietro le quinte, in coincidenza con il G20 per la prossima settimana a Bali.

L’arte dell’affare

Sembra che sia stato raggiunto un accordo tra Jake Sullivan e Patrushev.
Nessuno conosce davvero i dettagli, nemmeno quelli che hanno accesso agli sgargianti informatori della quinta colonna a Kiev. Ma sì, l’accordo sembra includere Kherson. La Russia manterrebbe il Donbass ma non avanzerebbe verso Kharkov e Odessa. E l’espansione della NATO sarebbe definitivamente congelata. Un affare minimalista, forse.

Questa ipotesi spiegherebbe perché Patrushev è stato in grado di imbarcarsi su un aereo per Teheran in contemporanea all’annuncio della ritirata di Kherson e di occuparsi, in tutta tranquillità, di importanti affari di partnership strategica con Ali Shamkhani, segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale iraniano.

L’accordo potrebbe essere stato anche il “segreto” insito nell’annuncio di Maria Zakharova che “siamo pronti per i negoziati”.

I russi lasceranno la sponda del fiume Dnepr in una ritirata militare gestita. Ciò non sarebbe possibile senza negoziati militari-militari gestiti.

Queste trattative di back channel vanno avanti da settimane. Il messaggero è l’Arabia Saudita. L’obiettivo degli Stati Uniti, a breve termine, sarebbe verso una sorta di accordo di Minsk 3 – con annessa mediazione Istanbul/Riyadh.

Nessuno presta la minima attenzione al pagliaccio della coca cola Zelensky. Sullivan è andato a Kiev per presentare una sorta di fatto compiuto.

Il Dnepr sarà – nella tesi – il fronte stabile e negoziato.

Kiev dovrebbe ingoiare una linea di contatto congelata a Zaporizhye, Donetsk e Lugansk – con Kiev che riceve elettricità da Zaporozhye, quindi cessa di bombardare la sua infrastruttura.

Gli Stati Uniti avrebbero escogitato un prestito di 50 miliardi di dollari più parte dei beni russi confiscati – cioè rubati – per “ricostruire” l’Ucraina. Kiev riceverà moderni sistemi di difesa aerea.

Non c’è dubbio che Mosca non accetterà nessuna di queste disposizioni.

Si noti che tutto questo coincide con l’esito delle elezioni americane, dove i democratici non hanno esattamente perso.

Nel frattempo la Russia sta accumulando sempre più guadagni territoriali nella battaglia per Bakhmut.

Non ci sono illusioni di sorta a Mosca sul fatto che questo cripto-Minsk 3 sarebbe rispettato dall’Impero “non in grado di accettare accordi”.

Jake Sullivan è un avvocato di 45 anni con zero background strategico ed “esperienza” pari a una campagna per Hillary Clinton. Patrushev può mangiarlo a colazione, pranzo, cena e spuntino a tarda notte – e vagamente “accettare” qualsiasi cosa.

Allora perché gli americani sono disperati per offrire un accordo? Perché potrebbero intuire che la prossima mossa russa con l’arrivo del generale Winter dovrebbe essere in grado di vincere definitivamente la guerra alle condizioni di Mosca. Ciò includerebbe la chiusura del confine polacco con una lunga mossa a freccia dalla Bielorussia verso il basso. Con il taglio delle linee di rifornimento per armi, in tal caso il destino di Kiev sarebbe segnato.

Deal or no deal, il “generale Winter” sta arrivando in città, pronto a intrattenere il suo ospite d’onore Sun Tzu con così tanti nuovi piatti a tavola.

Fonte: Strategic Culture

Traduzione: Luciano Lago

La sottile linea rossa: dopo Kabul la NATO non può permettersi di perdere anche Kiev

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di Pepe Escobar

Fonte: Come Don Chisciotte

Cominciamo con il Pipelineistan. Quasi sette anni fa, avevo mostrato come la Siria fosse l’ultima guerra del Pipelineistan.

Damasco aveva rifiutato il progetto – americano – di un gasdotto Qatar-Turchia, a vantaggio di Iran-Iraq-Siria (per il quale era stato firmato un memorandum d’intesa).

Ne era seguita una feroce e concertata campagna “Assad deve andarsene”: la guerra per procura come strada per il cambio di regime. La situazione era peggiorata esponenzialmente con la strumentalizzazione dell’ISIS – un altro capitolo della guerra del terrore (corsivo mio). La Russia aveva bloccato l’ISIS, impedendo così un cambio di regime a Damasco. Il gasdotto favorito dall’Impero del Caos aveva morso la polvere.

Ora l’Impero si è finalmente vendicato, facendo esplodere i gasdotti esistenti – Nord Stream (NS) e Nord Steam 2 (NS2) – che trasportavano o stavano per trasportare il gas russo ad un importante concorrente economico dell’Impero: l’UE.

Ormai sappiamo tutti che la condotta B di NS2 non è stata bombardata, né perforata, ed è pronta a partire. Riparare le altre tre linee danneggiate non sarebbe un problema: una questione di due mesi, secondo gli ingegneri navali. L’acciaio dei Nord Stream è più spesso di quello delle navi moderne. Gazprom si è offerta di ripararle, a patto che gli Europei si comportino da adulti e accettino severe condizioni di sicurezza.

Sappiamo tutti che questo non accadrà. Nulla di tutto ciò viene discusso dai media della NATO. Ciò significa che il Piano A dei soliti sospetti rimane in vigore: creare una voluta carenza di gas naturale che porti alla deindustrializzazione dell’Europa, il tutto come parte del Grande Reset, ribattezzato “La Grande Narrazione.”

Nel frattempo, il Muppet Show dell’UE sta discutendo il nono pacchetto di sanzioni contro la Russia. La Svezia si rifiuta di condividere con la Russia i risultati della losca “indagine” intra-NATO su chi ha fatto esplodere i Nord Stream.

Alla Settimana dell’energia russa, il Presidente Putin ha riassunto i fatti.

L’Europa incolpa la Russia per l’affidabilità delle sue forniture energetiche, anche se riceveva l’intero volume acquistato in base a contratti fissi.

Gli “orchestratori degli attacchi terroristici del Nord Stream sono coloro che ne traggono profitto.”

La riparazione delle condotte del Nord Stream “avrebbe senso solo nel caso in cui ne fossero garantiti il funzionamento e la sicurezza.”

L’acquisto di gas sul mercato spot causerà una perdita di 300 miliardi di euro per l’Europa.

L’aumento dei prezzi dell’energia non è dovuto all’Operazione Militare Speciale (OMS), ma alle politiche dell’Occidente.

Tuttavia, lo spettacolo dei Dead Can Dance deve continuare. Mentre l’UE si vieta da sola di acquistare energia dalla Russia, l’eurocrazia di Bruxelles aumenta il suo debito con il casinò finanziario. I padroni imperiali ridono a crepapelle per questa forma di collettivismo, mentre continuano a trarre profitto utilizzando i mercati finanziari per saccheggiare e depredare intere nazioni.

Il che ci porta al punto cruciale: gli psicopatici straussiani/neo-conservatori che controllano la politica estera di Washington potrebbero – e la parola chiave è “potrebbero” – smettere di armare Kiev e avviare negoziati con Mosca solo dopo che i loro principali concorrenti industriali in Europa saranno falliti.

Ma anche questo non sarebbe sufficiente, perché uno dei principali mandati “invisibili” della NATO è quello di capitalizzare, con qualsiasi mezzo, le risorse alimentari della steppa pontico-caspica: stiamo parlando di 1 milione di km2 di produzione alimentare, dalla Bulgaria fino alla Russia.

Judo a Kharkov

La SMO si è rapidamente trasformata in una CTO (Counter-Terrorist Operation) “soft”, anche senza un annuncio ufficiale. L’approccio senza fronzoli del nuovo comandante generale con piena carta bianca dal Cremlino, il generale Surovikin, alias “Armageddon,” parla da sé.

Non c’è assolutamente nulla che indichi una sconfitta russa lungo gli oltre 1.000 km del fronte. La ritirata da Kharkov potrebbe essere stata un colpo da maestro: la prima fase di una mossa di judo che, ammantata di legalità, si è sviluppata in pieno dopo il bombardamento terroristico di Krymskiy Most – il ponte di Crimea.

Guardiamo alla ritirata da Kharkov come ad una trappola – come ad una finta dimostrazione di “debolezza” da parte di Mosca. Questo ha portato le forze di Kiev – in realtà i loro referenti della NATO – a gongolare per la “fuga” della Russia, ad abbandonare ogni cautela e a darsi da fare, avviando persino una spirale di terrore, dall’assassinio di Darya Dugina al tentativo di distruzione del Krymskiy Most.

In termini di opinione pubblica del Sud globale, è già stato stabilito che il Daily Morning Missile Show del generale Armageddon è una risposta legale (corsivo mio) ad uno Stato terrorista. Putin potrebbe aver sacrificato (solo per un po’) un pezzo della scacchiera – Kharkov: dopo tutto, il mandato dell’OMU non è quello di non perdere terreno, ma di smilitarizzare l’Ucraina.

Mosca ha persino vinto dopo Kharkov: tutto l’equipaggiamento militare ucraino accumulato nell’area è stato lanciato in continue offensive, con l’unico risultato di impegnare l’esercito russo in un tiro al bersaglio senza sosta.

E poi c’è il vero colpo di scena: Kharkov ha messo in moto una serie di mosse che hanno permesso a Putin di dare scacco matto, attraverso una CTO “soft”, ma pesante di missili, riducendo l’Occidente collettivo ad un branco di polli senza testa.

Parallelamente, i soliti sospetti continuano a girare senza sosta la loro nuova “narrativa” nucleare. Il Ministro degli Esteri Lavrov è stato costretto a ripetere ad nauseam che, secondo la dottrina nucleare russa, un attacco nucleare può avvenire solo in risposta ad un’offensiva “che metta in pericolo l’intera esistenza della Federazione Russa.”

L’obiettivo degli psicopatici assassini di Washington – nei loro sogni erotici – è quello di indurre Mosca ad usare le armi nucleari tattiche sul campo di battaglia. Questo è stato un altro fattore che aveva spinto ad affrettare i tempi dell’attacco terroristico al ponte di Crimea, dopo che i piani dell’intelligence britannica erano stati elaborati da mesi. Tutto ciò si è risolto in un nulla di fatto.

La macchina isterica della propaganda straussiana/neoconservatrice sta freneticamente, preventivamente, attaccando Putin: è “messo all’angolo,” sta “perdendo,” sta “diventando disperato” e quindi lancerà un’offensiva nucleare.

Non c’è da stupirsi che l’orologio del giorno del giudizio, creato dal Bulletin of the Atomic Scientists nel 1947, sia ora posizionato a soli 100 secondi dalla mezzanotte. Proprio “alle porte dell’Apocalisse.”

Ecco dove ci sta portando un gruppo di psicopatici americani.

La vita alle porte dell’Apocalisse

Mentre l’Impero del Caos, della Menzogna e del Saccheggio è pietrificato dal sorprendente doppio fallimento di un massiccio attacco economico/militare, Mosca si sta sistematicamente preparando per la prossima offensiva militare. Allo stato attuale, è chiaro che l’asse anglo-americano non negozierà. Non ci ha mai provato negli ultimi 8 anni e non ha intenzione di cambiare rotta adesso, nemmeno incitato da un coro angelico che va da Elon Musk a Papa Francesco.

Invece di fare come Tamerlano e accumulare una piramide di teschi ucraini, Putin ha invocato eoni di pazienza taoista per evitare soluzioni militari. Il Terrore sul ponte di Crimea potrebbe aver cambiato le carte in tavola. Ma i guanti di velluto non sono stati tolti del tutto: La routine aerea quotidiana del generale Armageddon può ancora essere vista come un avvertimento – relativamente educato. Anche nel suo ultimo, storico discorso, che conteneva un duro atto d’accusa contro l’Occidente, Putin ha chiarito di essere sempre aperto ai negoziati.

Tuttavia, Putin e il Consiglio di Sicurezza sanno bene perché gli Americani non possono negoziare. L’Ucraina sarà anche solo una pedina del loro gioco, ma è pur sempre uno dei nodi geopolitici chiave dell’Eurasia: chi la controlla, gode di una maggiore profondità strategica.

I Russi sanno bene che i soliti sospetti sono ossessionati dall’idea di mandare all’aria il complesso processo di integrazione dell’Eurasia, a partire dalla BRI cinese. Non c’è da stupirsi che importanti istanze di potere a Pechino siano “a disagio” con la guerra. Perché questo è molto negativo per gli affari tra la Cina e l’Europa attraverso diversi corridoi trans-eurasiatici.

Putin e il Consiglio di Sicurezza russo sanno anche che la NATO ha abbandonato l’Afghanistan – un fallimento assolutamente miserabile – per puntare tutto sull’Ucraina. Quindi, perdere sia Kabul che Kiev sarebbe il colpo mortale definitivo: ciò significherebbe lasciare il XXI secolo eurasiatico tutto a favore del partenariato strategico Russia-Cina-Iran.

I sabotaggi – dai Nord Streams al Krymskiy Most – fanno capire il gioco della disperazione. Gli arsenali della NATO sono praticamente vuoti. Ciò che resta è una guerra del terrore: la sirianizzazione, anzi l’ISIS-izzazione del campo di battaglia. Gestita da una NATO cerebralmente morta, combattuta sul terreno da un’orda di carne da cannone con in più mercenari provenienti da almeno 34 nazioni.

Mosca potrebbe quindi essere costretta ad andare fino in fondo – come ha rivelato il sempre freddo Dmitry Medvedev: ora si tratta di eliminare un regime terroristico, smantellare totalmente il suo apparato politico-sicurezza e poi facilitare l’emergere di un’entità diversa. E se la NATO continuerà a bloccarla, lo scontro diretto sarà inevitabile.

La sottile linea rossa della NATO è che non può permettersi di perdere sia Kabul che Kiev. Eppure ci sono voluti due attentati terroristici – in Pipelineistan e in Crimea – per imprimere una linea rossa molto più netta e bruciante: la Russia non permetterà all’Impero di controllare l’Ucraina, costi quel che costi. Questo è intrinsecamente legato al futuro del Partenariato della Grande Eurasia. Benvenuti nella vita alle porte dell’Apocalisse.

Fonte: www.strategic-culture.org
Link: https://strategic-culture.org/news/2022/10/12/the-thin-red-line-nato-cant-afford-to-lose-kabul-and-kiev/
Scelto e tradotto da Markus per www.comedonchisciotte.org

Ora è il momento di sedersi, rilassarsi e guardare il declino dell’Occidente

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di Pepe Escobar

Fonte: L’Antidiplomatico

A Davos e oltre, la narrativa ottimista della NATO suona come un disco rotto, mentre sul campo la Russia sta accumulando vittorie che potrebbero far crollare l’ordine atlantico.
Tre mesi dopo l’inizio dell’Operazione Z della Russia in Ucraina, la battaglia dell’Occidente (12%) contro il Resto del mondo (88%) continua a creare metastasi.
Eppure, la narrazione – stranamente – rimane la stessa.
Lunedì, da Davos, il presidente esecutivo del World Economic Forum Klaus Schwab ha presentato il comico e presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nell’ultima tappa del suo tour di sollecitazione di invio delle armi, con un caloroso tributo. Herr Schwab ha sottolineato che un attore che impersona un presidente che difende i neonazisti è sostenuto da “tutta l’Europa e l’ordine internazionale”.
Intende, ovviamente, tutti tranne l’88 per cento del pianeta che aderisce allo Stato di diritto – invece del falso costrutto l’Occidente chiama un “ordine internazionale basato su regole”.
Tornata nel mondo reale, la Russia ha lentamente ma inesorabilmente riscritto l’Arte della Guerra Ibrida. Eppure, all’interno del carnevale delle psyops della NATO, dell’aggressiva infiltrazione cognitiva e della sbalorditiva ondata adulatoria dei media, si sta dando molto risalto al nuovo pacchetto di “aiuti” statunitensi da 40 miliardi di dollari all’Ucraina, ritenuto in grado di diventare un punto di svolta nella guerra.
Questa narrativa “rivoluzionaria” viene per gentile concessione delle stesse persone che hanno bruciato trilioni di dollari per proteggere l’Afghanistan e l’Iraq. E abbiamo visto come è andata a finire.
L’Ucraina è il Santo Graal della corruzione internazionale. Quei 40 miliardi di dollari possono cambiare le regole del gioco solo per due classi di persone: in primo luogo, il complesso militare-industriale degli Stati Uniti e, in secondo luogo, un gruppo di oligarchi ucraini e ONG neo colonialisti, che metteranno alle strette il mercato nero delle armi e degli aiuti umanitari , e poi riciclare i profitti nelle Isole Cayman.
Una rapida ripartizione dei 40 miliardi di dollari rivela che 8,7 miliardi di dollari andranno a ricostituire le scorte di armi statunitensi (quindi non andranno affatto in Ucraina); 3,9 miliardi di dollari per USEUCOM (l'”ufficio” che detta le tattiche militari a Kiev); 5 miliardi di dollari per una “filiera alimentare globale” confusa e non specificata; 6 miliardi di dollari per armi reali e “addestramento” in Ucraina; 9 miliardi di dollari in “assistenza economica” (che scomparirà in tasche selezionate); e 0,9 miliardi di dollari per i rifugiati.
Le agenzie di rischio statunitensi hanno declassato Kiev a un cassonetto di entità che non rimborsano i prestiti; quindi, i grandi fondi di investimento americani stanno abbandonando l’Ucraina, lasciando l’Unione Europea (UE) e i suoi stati membri come l’unica opzione del paese.
Pochi di questi paesi, a parte entità russofobe come la Polonia, possono giustificare alle proprie popolazioni l’invio di enormi somme di aiuti diretti a uno stato fallito. Quindi spetterà alla macchina dell’UE con sede a Bruxelles fare quanto basta per mantenere l’Ucraina in coma economico, indipendente da qualsiasi input da parte degli Stati membri e delle istituzioni.
Questi “prestiti” dell’UE, per lo più sotto forma di spedizioni di armi, possono sempre essere rimborsati dalle esportazioni di grano di Kiev. Questo sta già accadendo su piccola scala attraverso il porto di Costanza in Romania, dove il grano ucraino arriva su chiatte sul Danubio e viene caricato ogni giorno su dozzine di navi mercantili. Oppure, tramite convogli di camion che viaggiano con il racket delle armi per il grano. Tuttavia, il grano ucraino continuerà a nutrire il ricco occidente, non gli ucraini impoveriti.
Inoltre, aspettatevi che quest’estate la NATO elabori un altro mostro psyop per difendere il suo diritto divino (non legale) di entrare nel Mar Nero con navi da guerra per scortare le navi ucraine che trasportano grano. I media pro-NATO lo mostreranno come l’Occidente che ha “salvato” dalla crisi alimentare globale, che sembra essere direttamente causata da pacchetti seriali e isterici di sanzioni occidentali.

La Polonia punta all’annessione morbida
La NATO sta infatti aumentando massicciamente il suo “sostegno” all’Ucraina attraverso il confine occidentale con la Polonia. Questo è in sintonia con i due obiettivi generali di Washington: primo, una “guerra lunga”, in stile insurrezione, proprio come l’Afghanistan negli anni ’80, con i jihadisti sostituiti da mercenari e neonazisti. In secondo luogo, le sanzioni strumentalizzate per “indebolire” la Russia, militarmente ed economicamente.
Altri obiettivi rimangono invariati, ma sono subordinati ai primi due: assicurarsi che i Democratici siano rieletti a medio termine (non succederà); irrigare il complesso industriale-militare con fondi che vengono riciclati come tangenti (già in atto); e mantenere l’egemonia del dollaro USA con tutti i mezzi (difficile: il mondo multipolare sta facendo il suo dovere ).
Un obiettivo chiave che viene raggiunto con sorprendente facilità è la distruzione dell’economia tedesca, e di conseguenza dell’UE, con una grande quantità di società sopravvissute che alla fine verranno svendute agli interessi americani.
Prendete, ad esempio, Milan Nedeljkovic, membro del consiglio di amministrazione della BMW, il quale spiega alla Reuters che “la nostra industria rappresenta circa il 37% del consumo di gas naturale in Germania”, che affonderà senza le forniture di gas russe.
Il piano di Washington è di mantenere la nuova “lunga guerra” a un livello non troppo incandescente – si pensi alla Siria negli anni 2010 – alimentata da file di mercenari e caratterizzata da periodiche escalation della NATO da parte di chiunque provenga dalla Polonia e dai nani baltici alla Germania.
La scorsa settimana, Josep Borrell, il pietoso eurocrate che si atteggiava ad Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha dato il via al gioco durante l’anteprima dell’imminente riunione del Consiglio Affari esteri dell’UE.
Borrell ha ammesso che “il conflitto sarà lungo” e “la priorità degli Stati membri dell’UE” in Ucraina “consiste nella fornitura di armi pesanti”.
Poi il presidente polacco Andrzej Duda ha incontrato Zelensky a Kiev. La sfilza di accordi firmati dai due indica che Varsavia intende trarre profitto dalla guerra per rafforzare la sua influenza politico-militare, economica e culturale nell’Ucraina occidentale. I cittadini polacchi potranno essere eletti negli organi del governo ucraino e anche aspirare a diventare giudici costituzionali .
In pratica, ciò significa che Kiev sta trasferendo la gestione dello stato fallito ucraino alla Polonia. Varsavia non dovrà nemmeno inviare truppe. Chiamatela annessione morbida.

Il rullo compressore in movimento
Così com’è, la situazione sul campo di battaglia può essere esaminata in questa mappa . Le comunicazioni intercettate dal comando ucraino rivelano il loro obiettivo di costruire una difesa a più livelli da Poltava attraverso Dnepropetrovsk, Zaporozhia, Krivoy Rog e Nikolaev, che sembra essere uno scudo per la già fortificata Odessa. Niente di tutto ciò garantisce il successo contro l’assalto russo in arrivo.
È sempre importante ricordare che l’operazione Z è iniziata il 24 febbraio con circa 150.000 combattenti, e sicuramente non le forze d’élite russe. Eppure, hanno liberato Mariupol e distrutto il battaglione d’élite neonazista Azov in soli cinquanta giorni, ripulendo una città di 400.000 persone con perdite minime.
Mentre combattevano una vera guerra sul campo – non quei bombardamenti indiscriminati americani dall’aria – in un paese enorme contro un grande esercito, che affronta molteplici sfide tecniche, finanziarie e logistiche, i russi sono anche riusciti a liberare Kherson, Zaporizhia e praticamente l’intera area dei “gemelli”, le repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk.
Il comandante delle forze di terra russe, il generale Aleksandr Dvornikov, ha turbo missili, artiglieria e attacchi aerei a un ritmo cinque volte più veloci rispetto alla prima fase dell’operazione Z, mentre gli ucraini, nel complesso, sono a corto o molto basso di carburante, munizioni per artiglieria, specialisti addestrati, droni e radar.
Ciò che i generali americani della poltrona e della TV semplicemente non riescono a comprendere è che nella visione russa di questa guerra – che l’esperto militare Andrei Martyanov definisce “un’operazione combinata di armi e polizia” – i due obiettivi principali sono la distruzione di tutte le risorse militari del nemico preservando la vita dei suoi stessi soldati.
Quindi, mentre perdere carri armati non è un grosso problema per Mosca, perdere vite lo è. E questo spiega quei massicci bombardamenti russi; ogni obiettivo militare deve essere definitivamente distrutto. I colpi di precisione sono fondamentali.
C’è un acceso dibattito tra gli esperti militari russi sul motivo per cui il Ministero della Difesa non punta a una rapida vittoria strategica. Avrebbero potuto ridurre l’Ucraina in macerie – in stile americano – in pochissimo tempo. Non succederà. I russi preferiscono avanzare lentamente e con sicurezza, in una sorta di rullo compressore. Avanzano solo dopo che i genieri hanno completamente sorvegliato il terreno; dopotutto ci sono mine ovunque.
Lo schema generale è inconfondibile, qualunque sia lo sbarramento di spin della NATO. Le perdite ucraine stanno diventando esponenziali: fino a 1.500 uccisi o feriti ogni giorno, ogni giorno. Se ci sono 50.000 ucraini nei vari calderoni del Donbass, se ne andranno entro la fine di giugno.
L’Ucraina deve aver perso fino a 20.000 soldati nella sola Mariupol e dintorni. Si tratta di una massiccia sconfitta militare, che ha ampiamente superato Debaltsevo nel 2015 e in precedenza Ilovaisk nel 2014. Le perdite vicino a Izyum potrebbero essere anche superiori a quelle di Mariupol. E ora arrivano le sconfitte all’angolo di Severodonetsk.
Stiamo parlando delle migliori forze ucraine. Non importa nemmeno che solo il 70 per cento delle armi occidentali inviate dalla NATO arrivi sul campo di battaglia: il problema principale è che i migliori soldati se ne vanno. Se ne vanno e non verranno rimpiazzati. I neonazisti Azov, la XXIVa brigata, la XXXVI brigata, varie brigate d’assalto aereo: hanno subito perdite superiori al 60% o sono state completamente demolite.
Quindi la domanda chiave, come hanno sottolineato diversi esperti militari russi, non è quando Kiev “perderà” come punto di non ritorno; è  quanti soldati Mosca è disposta a perdere per arrivare a questo punto.
L’intera difesa ucraina è basata sull’artiglieria. Quindi le battaglie chiave che ci attendono coinvolgono l’artiglieria a lungo raggio. Ci saranno problemi, perché gli Stati Uniti stanno per consegnare sistemi M270 MLRS con munizioni a guida di precisione, in grado di colpire bersagli a una distanza fino a 70 chilometri o più.
La Russia, però, ha un contraccolpo: il Piccolo Complesso Operativo-Tattico Hermes, che utilizza munizioni ad alta precisione, possibilità di guida laser e una portata di oltre 100 chilometri. E possono funzionare in combinazione con i sistemi di difesa aerea Pantsir già prodotti in serie.

La nave che affonda

L’Ucraina, entro i suoi attuali confini, è già un ricordo del passato. Georgy Muradov, rappresentante permanente della Crimea presso il presidente della Russia e vice primo ministro del governo di Crimea, è irremovibile: “L’Ucraina nella forma in cui era, credo, non rimarrà più. Questa è già l’ex Ucraina”.
Il Mar d’Azov è ormai diventato un “mare di uso comune” da parte della Russia e della Repubblica popolare di Donetsk (DPR), come confermato da Muradov.
Mariupol sarà ricostruita. La Russia ha avuto molta esperienza in questo settore sia a Grozny che in Crimea. Il corridoio terrestre Russia-Crimea è attivo. Quattro ospedali su cinque a Mariupol hanno già riaperto e sono tornati i mezzi pubblici, oltre a tre distributori di benzina.
L’imminente perdita di Severodonetsk e Lysichansk suonerà seri campanelli d’allarme a Washington e Bruxelles, perché rappresenterà l’inizio della fine dell’attuale regime a Kiev. E questo, per tutti gli scopi pratici – e al di là di tutta l’alta retorica del “l’ovest sta con te” – significa che i giocatori pesanti non saranno esattamente incoraggiati a scommettere su una nave che affonda.
Sul fronte delle sanzioni, Mosca sa esattamente cosa aspettarsi, come ha dettagliato il ministro dello Sviluppo economico Maxim Reshetnikov: “La Russia procede dal fatto che le sanzioni contro di essa sono una tendenza piuttosto a lungo termine, e dal fatto che il perno verso l’Asia, l’accelerazione del riorientamento verso i mercati orientali, verso i mercati asiatici è una direzione strategica per la Russia. Faremo ogni sforzo per integrarci nelle catene del valore proprio insieme ai paesi asiatici, insieme ai paesi arabi, insieme al Sud America”.
Negli sforzi per “intimidire la Russia”, i giocatori farebbero bene ad ascoltare il suono ipersonico di 50 missili all’avanguardia Sarmat pronti per il combattimento questo autunno, come spiegato dal capo di Roscosmos Dmitry Rogozin.

Gli incontri di questa settimana a Davos portano alla luce un altro allineamento che si sta formando nella battaglia mondiale unipolare contro multipolare. La Russia, le repubbliche gemelle, la Cecenia e alleati come la Bielorussia sono ora contrapposti ai “leader di Davos”, in altre parole, l’élite occidentale combinata, con poche eccezioni come il primo ministro ungherese Viktor Orban.
Zelensky starà bene. È protetto dalle forze speciali britanniche e americane . Secondo quanto riferito, la famiglia vive in una villa da 8 milioni di dollari in Israele. Possiede una villa da 34 milioni di dollari a Miami Beach e un’altra in Toscana. Gli ucraini medi sono stati mentiti, derubati e, in molti casi, assassinati dalla banda di Kiev che presiede: oligarchi, fanatici dei servizi di sicurezza (SBU), neonazisti. E gli ucraini rimasti (10 milioni sono già fuggiti) continueranno a essere trattati come sacrificabili.
Nel frattempo, il presidente russo Vladimir “il nuovo Hitler” Putin non ha assolutamente fretta di porre fine a questo dramma più grande della vita che sta rovinando e marcendo l’Occidente già in decomposizione fino al midollo. Perché dovrebbe? Ha provato di tutto, dal 2007, sul fronte del “perché non possiamo andare d’accordo”. Putin è stato totalmente respinto. Quindi ora è il momento di sedersi, rilassarsi e guardare il declino dell’Occidente.

Ecco la nuova valuta di riserva globale basata sulle risorse

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Si sta formando una nuova realtà: il mondo unipolare sta irrevocabilmente diventando un ricordo del passato, al suo posto sta prendendo forma un mondo multipolare

di Pepe Escobar
strategic-culture.org

È stato qualcosa da vedere. Dmitri Medvedev, ex presidente russo, atlantista impenitente, attuale vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, ha deciso di parlare fuori dai denti in uno sfogo che ha eguagliato l’esordio in combattimento del signor Khinzal, che aveva causato stupore e un palpabile shock in tutto il NATOstan.

Medvedev ha detto che le “infernali” sanzioni occidentali non solo non sono riuscite a paralizzare la Russia, ma si stanno invece “ritorcendo contro l’Occidente come un boomerang.” La fiducia nelle valute di riserva sta “svanendo come la nebbia del mattino” e abbandonare il dollaro USA e l’euro non è più irrealistico: “L’era delle valute regionali sta arrivando.”

Dopo tutto, ha aggiunto, “non importa se lo vogliono o no, dovranno negoziare un nuovo ordine finanziario (…) E allora l’ultima parola sarà di quei Paesi che hanno un’economia forte e avanzata, finanze pubbliche sane e un sistema monetario affidabile.”

Medvedev ha rilasciato la sua succinta analisi anche prima del D Day – questo giovedì, la data stabilita dal presidente Putin, dopo la quale i pagamenti per il gas russo da parte delle “nazioni ostili” saranno accettati solo se in rubli.

Il G7, prevedibilmente, ha assunto una posizione (collettiva): noi non pagheremo. “Noi” significa i 4 che non sono grandi importatori di gas russo. “Noi,” inoltre, significa l’Impero della Menzogna che detta le regole. Per quanto riguarda i rimanenti 3, che saranno in gravi difficoltà, non solo sono grandi importatori ma sono anche le nazioni sconfitte della Seconda Guerra Mondiale – Germania, Italia e Giappone, ancora, de facto, territori occupati. La storia ha l’abitudine di giocare scherzi perversi.

Il diniego non è durato a lungo. La Germania è stata la prima a cedere – anche prima che gli industriali, dalla Ruhr alla Baviera, inscenassero una rivolta di massa. Scholz, il patetico cancelliere, ha chiamato Putin, che ha dovuto spiegare l’ovvio: i pagamenti dovranno essere effettuati in rubli perché l’UE ha congelato le riserve in valuta estera della Russia – in una rozza violazione del diritto internazionale.

Con pazienza taoista, Putin ha anche espresso la speranza che questo non rappresenti un deterioramento dei termini contrattuali per gli importatori europei. Gli esperti russi e tedeschi dovrebbero riunirsi e discutere i nuovi termini.

Mosca sta lavorando ad una serie di documenti che definiscono il nuovo accordo. Essenzialmente, questo stabilisce che niente rubli, niente gas. I contratti diventano nulli una volta che si viola la fiducia. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno rotto accordi legalmente vincolanti con sanzioni unilaterali e, in più, hanno confiscato le riserve estere di una nazione – nucleare – del G20.

Le sanzioni unilaterali hanno reso dollari ed euro senza valore per la Russia. L’isteria non porta da nessuna parte, la questione sarà risolta – ma alle condizioni della Russia. Punto. Il Ministero degli Esteri aveva già avvertito che il rifiuto di pagare il gas in rubli avrebbe portato ad una grave crisi di mancati pagamenti e fallimenti a livello globale, una reazione a catena infernale di transazioni bloccate, congelamento di beni collaterali e chiusura di linee di credito.

Quello che accadrà dopo è parzialmente prevedibile. Le aziende dell’UE riceveranno la nuova serie di regole. Avranno tempo per esaminare i documenti e prendere una decisione. Quelle che diranno “no” saranno automaticamente escluse dal ricevere forniture dirette di gas russo – con tutte le conseguenze politico-economiche del caso.

Ci sarà qualche compromesso, naturalmente. Per esempio, parecchie nazioni dell’UE accetteranno di usare i rubli e aumenteranno le loro acquisizioni di gas in modo da poter rivendere il surplus ai loro vicini e ottenere un profitto. E alcune potrebbero anche decidere di comprare gas al momento sul mercato spot.

Quindi, la Russia non sta imponendo un ultimatum a nessuno. Il tutto richiederà tempo – è un processo in corso. Con anche qualche azione secondaria. La Duma sta contemplando l’estensione del pagamento in rubli ad altri prodotti essenziali – come petrolio, metalli, legname, cereali. Dipenderà dalla voracità collettiva dei chihuahua dell’UE. Tutti sanno che la loro incessante isteria può tradursi in una colossale rottura delle catene di approvvigionamento in tutto l’Occidente.

Ciao ciao oligarchi

Mentre le classi dirigenti atlantiste sono andate completamente fuori di testa, ma rimangono ancora concentrate sulla lotta fino all’ultimo Europeo per estrarre ogni residua, palpabile ricchezza dell’UE, la Russia sta mantenendo i nervi saldi. Mosca, infatti, è stata abbastanza indulgente, evocando lo spettro della mancanza di gas in primavera, invece che in inverno.

La Banca centrale russa ha nazionalizzato i guadagni in valuta estera di tutti i principali esportatori. Non c’è stato nessun default. Il rublo continua a salire – e ora è ritornato, più o meno, alle quotazioni antecedenti l’operazione Z. La Russia rimane autosufficiente dal punto di vista alimentare. L’isteria americana su una Russia “isolata” è ridicola. In tutta l’Eurasia ogni attore che conta – per non parlare degli altri 4 BRICS e praticamente tutto il Sud globale – non ha demonizzato e/o sanzionato la Russia.

Come bonus extra, probabilmente l’ultimo oligarca in grado di influenzare Mosca, Anatoly Chubais, non c’è più. Chiamatelo un altro epocale trucco storico: l’isteria sanzionatoria occidentale ha, di fatto, smembrato l’oligarchia russa – il progetto preferito di Putin fin dal 2000. E questo implica il rafforzamento dello stato russo e il consolidamento della società russa.

Non conosciamo ancora tutti i fatti, ma possiamo affermare che, dopo anni di attenta valutazione, Putin ha deciso veramente di rischiare il tutto per tutto e rompere la schiena all’Occidente – usando quella triade (l’imminente guerra lampo nel Donbass, i laboratori statunitensi di armi biologiche, il progetto ucraino di armi nucleari) come casus belli.

Il congelamento delle riserve estere doveva essere previsto, soprattutto perché la Banca centrale russa aveva aumentato le proprie riserve di titoli del Tesoro USA fin dal novembre dello scorso anno. Poi c’è la seria possibilità che Mosca possa accedere a riserve estere “segrete” offshore – una matrice complessa costruita con l’aiuto di insider cinesi.

L’improvviso passaggio da dollari/euro a rubli è stata una vera e propria mossa di judo geoeconomico di livello olimpico. Putin ha invogliato l’Occidente collettivo a scatenare il suo demente attacco di isteria sanzionatoria – e lo ha rivoltato contro l’avversario con una sola, rapida mossa.

Ed eccoci qui, a cercare di assorbire tutti questi rivoluzionari e ben sincronizzati sviluppi che seguono la militarizzazione degli asset del dollaro: la rupia-rublo con l’India, il petroyuan saudita, le carte Mir-UnionPay co-badged emesse dalle banche russe, l’alternativa SWIFT Russia-Iran, il progetto EAEU-Cina di un sistema monetario/finanziario indipendente.

Per non parlare del colpo da maestro della Banca centrale russa, che ha fissato 1 grammo d’oro a 5.000 rubli – che è già intorno ai 60 dollari, e sta salendo.

Insieme a No Rubli No Gas, quello che abbiamo qui è che, di fatto, l’energia è stata ancorata all’oro. I chihuahua dell’UE e la colonia giapponese dovranno comprare molti rubli utilizzando l’oro o comprare molto oro per avere il loro gas. E c’è di meglio. La Russia, nel prossimo futuro, potrebbe nuovamente ri-ancorare il rublo all’oro. Potrebbero essere 2.000 rubli, 1.000 rubli, anche 500 rubli per un grammo d’oro.

Tempo di essere sovrani

Il Santo Graal nelle discussioni in corso su un mondo multipolare, fin dai vertici BRICS degli anni 2000 con Putin, Hu Jintao e Lula, è sempre stato come aggirare l’egemonia del dollaro. Ora la cosa è proprio di fronte a tutto il Sud globale, come un’apparizione benigna con un sorriso da gatto del Cheshire: il rublo d’oro o il rublo sostenuto da petrolio, gas, minerali, esportazioni di materie prime.

La Banca centrale russa, a differenza della Fed, non pratica il QE e non esporta inflazione tossica nel resto del pianeta. La Marina russa non solo garantisce la sicurezza di tutte le linee di comunicazione marittime russe, ma i sottomarini russi a propulsione nucleare sono in grado di spuntare in tutto il pianeta, senza preavviso.

La Russia è molto, molto avanti nel mettere in pratica il concetto di “potenza navale continentale.” Il game-changer strategico si era verificato nel dicembre 2015, nel teatro siriano. La quarta divisione sottomarina con base nel Mar Nero come star dello spettacolo.

Le flotte navali russe possono ora impiegare missili Kalibr in uno spazio che comprende l’Europa orientale, l’Asia occidentale e l’Asia centrale. Il Mar Caspio e il Mar Nero, collegati dal canale Don-Volga, offrono uno spazio di manovra paragonabile al Mediterraneo orientale e al Golfo Persico messi insieme. 6.000 km di lunghezza. E non c’è nemmeno bisogno di accedere alle acque calde.

Questo copre circa 30 nazioni: la tradizionale sfera d’influenza russa, i confini storici dell’impero russo e le attuali sfere di rivalità politica/energetica.

Non c’è da stupirsi che la Beltway sia impazzita.

La Russia garantisce la navigazione attraverso l’Asia, l’Artico e l’Europa, in tandem con la rete ferroviaria Eurasia-wide BRI.

E, ultimo ma non meno importante, non si scherza con un orso nucleare.

Essenzialmente, questo è ciò che caratterizza la vera politica di potere. Medvedev non si stava vantando quando aveva detto che l’era della moneta unica di riserva era finita. L’avvento di una valuta di riserva globale basata sulle risorse significa, in poche parole, che il 13% del pianeta non dominerà più l’altro 87%.

È il redux del NATOstan contro l’Eurasia. Guerra Fredda 2.0, 3.0, 4.0 e persino 5.0. Non ha importanza. Tutte le precedenti nazioni del Movimento dei Non Allineati (NAM) vedono da che parte soffiano i venti geopolitici e geoeconomici: il tempo di affermare la loro reale sovranità è a portata di mano, mentre l’”ordine internazionale basato sulle regole” morde la polvere.

Benvenuti alla nascita del nuovo sistema mondiale. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, in Cina, dopo aver incontrato diverse controparti da tutta l’Eurasia, non avrebbe potuto delinearlo meglio:

Si sta formando una nuova realtà: il mondo unipolare sta irrevocabilmente diventando un ricordo del passato, un mondo multipolare sta prendendo forma. È un processo oggettivo. È inarrestabile. In questa realtà, “governerà” più di una potenza – sarà necessario negoziare tra tutti gli stati chiave che oggi hanno un’influenza decisiva sull’economia e sulla politica mondiale. Allo stesso tempo, rendendosi conto della loro situazione speciale, questi Paesi assicureranno il rispetto dei principi di base della Carta delle Nazioni Unite, compreso quello fondamentale – l’uguaglianza sovrana degli stati. Nessuno su questa Terra dovrebbe essere considerato un attore minore. Tutti sono uguali e sovrani.”

Pepe Escobar

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/news/2022/03/31/meet-the-new-resource-based-global-reserve-currency/
31.03.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Fonte: https://comedonchisciotte.org/ecco-la-nuova-valuta-di-riserva-globale-basata-sulle-risorse/

La maschera della “democrazia liberale” crolla con un BANG

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di Pepe Escobar

Fonte: Comedonchisciotte

Nakba, maggio 2021. Gli storici del futuro segneranno questo giorno come la data in cui la cosiddetta “democrazia liberale” aveva emanato il suo proclama visivo: noi bombardiamo le agenzie di stampa e distruggiamo la libertà di stampa in un campo di concentramento a cielo aperto, mentre, proprio come fossimo in stato d’assedio, proibiamo manifestazioni pacifiche nel cuore stesso dell’Europa.E, se vi ribellate, noi vi cancelliamo

Gaza come Parigi. I bombardamenti alla torre di al-Jalaa (un edificio residenziale che ospita gli studi di al-Jazeera e AP, solo per citarne alcuni) compiuti dall’”unica democrazia nel Vicino Oriente” sono direttamente connessi al “verboten” pronunciato dal Ministro degli Interni del presidente Macron.

In pratica, Parigi ha avallato le provocazioni della potenza occupante a Gerusalemme Est: l’invasione della moschea di al-Aqsa, completa di gas lacrimogeni e granate stordenti; bande razziste sioniste che molestavano e gridavano “morte agli Arabi“; coloni armati che aggredivano famiglie palestinesi minacciate di espulsione dalle loro case a Sheikh Jarrah e Silwan; una campagna di bombardamenti a tappeto le cui vittime, in media, sono per il 30% bambini.

La folla di Parigi non si è fatta intimorire. Dal Boulevard Barbes fino a Piazza della Repubblica, ha marciato per le strade al grido di “Israele assassino, Macron complice.” Intuivano che Le Petit Roi, un impiegatuccio dei Rothschild, aveva appena distrutto l’eredità storica nazionale, quella che aveva dato vita alla Declaration Universale des Droits de L’Homme.

La maschera della “democrazia liberale” cade e ricade in continuazione, con gli imperialisti del Big Tech che diligentemente cancellano la voce dei Palestinesi e dei difensori della Palestina, a braccetto con un teatrino diplomatico kabuki che ingannerebbe solo i cerebrolesi.

Il 16 maggio, il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha presieduto una riunione online dell’UNSC (Concilio di Sicurezza delle Nazioni Unite), il cui link è stato bloccato, senza interruzioni, da Washington per tutta la settimana. Ricordiamo che la Cina, nel mese di maggio, ha la presidenza dell’UNSC.

Non è stato nemmeno possibile per l’UNSC arrivare ad almeno una dichiarazione congiunta, di nuovo perchè è stato vigliaccamente bloccato dall’Impero del Caos.

Hua Liming, l’ambasciatore cinese in Iran, ha sintetizzato così: “Gli Stati Uniti non vogliono cedere alla Cina il ruolo di mediatore nel conflitto tra Israele e la Palestina, specialmente quando è Cina ad avere la presidenza dell’UNSC.”

La procedura standard usata dalla Casa Bianca in queste situazioni è quella del “dialogo:” “ti faccio un’offerta che non puoi rifiutare,” in puro stile mafioso, portato avanti con entrambe le parti e sotto banco; come d’altronde aveva già dimostrato il Manichino alla Casa Bianca, un dichiarato sionista, con uno sconcertante tweet in cui “ribadiva il diritto di Israele ad autodifendersi.”

E Hua, giustamente, enfatizza “Questa è la ragione principale per cui ogni soluzione o cessate il fuoco tra Israele e Gaza o altre forze nella regione, sarebbe solo temporaneo.”

Il Sud globale è costantemente bombardato dalla retorica imperiale dei “diritti umani,” da Navalny, l’ imbroglione condannato, ai falsi reportage sullo Xinjiang; ma quando è veramente in atto una catastrofe dei diritti umani scatenata dai bombardamenti a tappeto dell’alleato colonialista, Hua Liming sottolinea come “l’ipocrisia e gli ambigui standard degli Stati Uniti vengano di nuovo a galla.”

Una telefonata può fermare tutto

Amos Yadlin, capo dell’intelligence militare dell’esercito israeliano e consigliere militare diplomatico israeliano negli Stati Uniti, in un meeting con gli Sionisti del Sud Africa, ha ammesso l’ovvio: la carneficina sionista contro Gaza può essere fermata dal Manichino, rivelatosi nient’altro che un pupazzo dei Sionisti.

Yadlin ha dichiarato che l’amministrazione del Manichino, o meglio l’orchestrina che lo dirige, starebbe diventando “impaziente” e che “non sarebbe sorpreso se tutto questo terminasse in 48 ore.” E ancora, “se l’Egitto chiedesse ad Israele di fermarsi, Israele non si fermerebbe. Ma se gli Americani chiedessero ad Israele di fermarsi, Israele dovrebbe stare a sentire.”

L’Impero adotta sempre il suo particolare, ambiguo linguaggio quando si interfaccia con la “comunità internazionale,” in teoria riunita attorno alle Nazioni Unite. La sua propaganda però viene bevuta solo da quell’accozzaglia di partner criminali, tirapiedi, lacchè, barboncini e vassalli, che, In nome dell’Impero ignorano o pisciano sulla testa dell’80% della popolazione del pianeta. Confrontato con la realtà dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Libia, della Siria, dello Yemen, dell’Ucraina e di tanti altri, “l’ordine mondiale basato sul diritto” non sembra neanche un gioco per ritardati mentali.

Quindi, la prossima volta che sentirete un esemplare sub-zoologico portare avanti l’argomentazione che “Israele ha diritto all’autodifesa,” l’unica possibile risposta è di scatenare i fatti come se fossero missili.

Ogni essere senziente che si ricordi di avere una coscienza, sa che la Palestina sta combattendo contro un progetto razzista coloniale, dotato di un esercito armato di tutto punto, di bombe nucleari e abituato a praticare il terrorismo di stato.

Gaza ha 8 campi profughi, alcuni vengono bombardati proprio in questo momento. Non dimenticate che Israele ha governato direttamente Gaza dal 1967 al 2005 e ha fatto meno di zero per migliorare le spaventose condizioni della popolazione.

Ci sono solo 22 ambulatori medici, 16 uffici per i servizi sociali e 11 centri di distribuzione alimentare, che servono circa 1 milione di persone. Nessun aeroporto o porto, entrambi distrutti da Israele. Il tasso di disoccupazione è del 50%, il più alto di tutto il pianeta. L’acqua potabile è disponibile solo per il 5% della popolazione.

Ma poi c’è la Resistenza. Elijah Magnier ha mostrato come abbia già perforato la pretesa aura di invulnerabilità e di “prestigio” di Israele – e non ci si può sbagliare, perché la velocità, la precisione, la portata e la potenza dei razzi e dei missili possono solo migliorare.

Parallelamente, con una saggia mossa strategica, Hamas e la Jihad islamica hanno detto chiaro e tondo che preferiscono che Hezbollah non si faccia coinvolgere direttamente, per ora, permettendo così all’intero Sud globale di concentrarsi sulla carneficina perpetrata contro Gaza.

“Un paesaggio di ferro e desolazione”

Sociologie de Jerusalem di Sylvaine Bulle, è un libro breve ma alquanto illuminante, che mostra come la battaglia di Gerusalemme Est sia importante per il futuro della Palestina quanto la tragedia di Gaza.

Bulle sottolinea il “razzismo interno” di Israele, direttamente collegato all’egemonia dell’élite di estrema destra sionista, che ha portato, come diretta conseguenza, alla marginalizzazione di Gerusalemme Est, costretta ad una situazione di “dipendenza forzata” dalla occidentalizzata Gerusalemme Ovest.

Bulle dimostra come Gerusalemme Est esista ora solo come un “paesaggio di ferro e desolazione,” con una giustapposizione di zone abbandonate e zone ad alta densità demografica. I Palestinesi che vivono in queste zone non sono considerati o rispettati come cittadini.

La situazione è molto peggiorata dopo il 2004 e la costruzione del muro, che ha impedito la mobilità quotidiana dei Palestinesi che vivono nei territori occupati e dei Palestinesi di Gerusalemme. Questa è stata una frattura in più, con parti di Gerusalemme Est isolate dal muro e moltissime persone che ora vivono in una vera e propria terra di nessuno. Pochissimi nell’Occidente “liberal-democratico” hanno idea di cosa significhi veramente una situazione del genere.

I Palestinesi che vivono a Gerusalemme Est non hanno nazionalità israeliana, molti hanno passaporto giordano. Ma ora anche i Palestinesi con nazionalità israeliana, le nuove generazioni, non vedono più alcun motivo per ritenersi cittadini israeliani e si stanno ribellando, in molti casi in poveri villaggi nel centro del paese.

Per quanto riguarda gli Israeliani della sinistra storica, sono stati neutralizzati e non hanno più alcun potere politico, proprio perchè non sono stati in grado di integrare le masse dei lavoratori, catturate invece dagli estremisti religiosi.

La conclusione di Bulle, espressa con fin troppa diplomazia (questa è la Francia, dopo tutto) è inevitabile: lo stato di Israele è sempre più ebraico e sempre meno democratico, un regime sionista di fatto. Bulle crede che sia possibile ricreare una connessione tra identità nazionale ebraica e democrazia, che includa anche i diritti delle minoranze palestinesi.

Spiacente, ma non succederà, come dimostrano tutti gli orrori della tragedia che è iniziata a Gerusalemme Est.

La via dolorosa continua,  e tutti noi vi assistiamo con orrore. Immaginate solo che livello intergalattico di isteria verrebbe a crearsi se Russia o Cina bombardassero, lanciassero granate e missili e uccidessero bambini in aree residenziali. Non c’è da stupirsi che l’Impero del Caos e delle Bugie, che vorrebbe apparire come una democrazia liberale mentre favorisce il mortale progetto sionista, si stia sempre più avvicinando al bidone dei rifiuti della storia.

 

Fonte: unz.com
Link: https://www.unz.com/pescobar/the-mask-of-liberal-democracy-falls-with-a-bang/

Tradotto da Robin per comedonchisciotte.org

Gli alleati europei degli USA e della NATO sono “terrorizzati” per la fine delle vecchie certezze

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di Pepe Escobar

Gli alleati europei degli USA e della NATO sono “terrorizzati” per la fine delle vecchie certezze

Fonte: controinformazione

Trump ha ragione – La NATO è obsoleta, e se l’Europa vuole combattere i nemici immaginari, dovrebbe pagarsi le spese a modo suo
Terrorizzati da Trump, gli eurocrati di Bruxelles in questi ultimi giorni hanno trasmesso i loro timori ad Asia Times circa la fine della NATO, la fine dell’Organizzazione mondiale del commercio, persino la fine dell’UE.
Il livello d’isteria è giunto al culmine. Dopo il vertice della NATO a Bruxelles, il declino definitivo dell’Occidente è stato dichiarato da un accordo fatto mentre il presidente Trump si preparava a incontrare il presidente Putin a Helsinki.

Era stato lo stesso Trump a decretare che voleva parlare con Putin a porte chiuse, faccia a faccia, senza aiutanti e, in teoria, spontaneamente, dopo  che era stata annullata la riunione preparatoria tra il Segretario di Stato Mike Pompeo e il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov.  Il summit si svolge nel palazzo presidenziale dei primi del XIX secolo a Helsinki, ex residenza degli imperatori russi.

Come preambolo per Helsinki, lo spettacolare blitzkrieg di Trump alla NATO è stata una rappresentazione scenica per i secoli; i vari “leader” assortiti a Bruxelles semplicemente non sapevano cosa li stava colpendo. Trump non si è nemmeno preoccupato di arrivare in tempo per le sessioni mattutine relative alla possibile adesione di Ucraina e Georgia. I diplomatici hanno confermato ad Asia Times che, dopo la pungente “tirata d’orecchi o altra” sgridata di Trump, all’Ucraina e alla Georgia è stato chiesto di lasciare la stanza perché ciò di cui sarebbe discusso era strettamente un problema interno alla NATO. Continua a leggere