Ecco come la mafia nigeriana sta conquistando l’Italia. Parte 2

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Dopo ‘ndrangheta e camorra, ora a preoccupare le forze dell’ordine e la magistratura italiana è anche la mafia nigeriana, particolarmente attiva sul traffico di droga e sullo sfruttamento della prostituzione.

Per parlare di questo nuovo fenomeno Sputnik Italia si è rivolto all’ Avvocato Marco Valerio Verni, zio di Pamela Mastropietro, giovane 18enne romana uccisa e fatta a pezzi a Macerata nel 2018.

– Secondo i giornali, la mafia nigeriana ha preso piede nel sud dell’Italia a fianco della mafia siciliana. Ci sono prove di “alleanza” tra queste organizzazioni criminali?

– Si, e le cito due esempi tra tutti: la già ricordata area di Castel Volturno, che può essere sicuramente considerata, da almeno trent’anni, proprio l’espressione della coesistenza tra gruppi camorristici (clan dei Casalesi) e criminalità nigeriana, e Palermo, che pure ha rivelato una coesistenza tra matrici mafiose autoctone e nigeriane, ammantata da un velo di “tolleranza”.

Non è da escludere, peraltro, che vi possano essere, in taluni casi, dei veri e propri subappalti di attività illecite da parte delle organizzazioni nostrane nei confronti di quelle nigeriane, legate soprattutto a quelle più prettamente “da strada”, quali spaccio di sostanze stupefacenti e sfruttamento della prostituzione, appunto.

Così come, non è da dimenticare che la criminalità nigeriana, non di rado, si sia avvalsa di quella comune italiana, impiegata come manovalanza con il compito di tagliare e spacciare al minuto la droga importata dall’estero, oppure come corrieri nell’ambito dei territori cittadini.

– Esiste un collegamento diretto tra immigrazione irregolare e mafia nigeriana? Potrebbe citare qualche esempio concreto?

– Come ricordavo prima, proprio la Direzione Investigativa Antimafia, nel report summenzionato, ha sottolineato, in più passaggi, ed in maniera chiara, netta, ed inequivocabile, lo stretto connubio tra immigrazione irregolare e presenza, sul nostro territorio, di organizzazioni criminali straniere, mafia nigeriana in primis.

Ora, ribadisco ancora una volta: non tutti i nigeriani sono malavitosi, ma vi sono dei dati che devono far riflettere. In primis – come pure richiamato nella più volte citata relazione- quello secondo cui, tra le principali nazionalità non comunitarie, proprio quella nigeriana riporta il più basso tasso di occupazione (il 45,1% a fronte del 59,1% dei non comunitari) ed il più alto tasso di disoccupazione, (il 34,2%, a fronte di una media del 14,9% dei non comunitari); in secundis, quello riguardante le rimesse di denaro dall’Italia verso la Nigeria avvenute nel 2018, nelle quali oltre alla quota, certamente preponderante, di natura lecita, che attesta l’operosità della comunità nigeriana, si celano sicuramente anche i proventi di attività illegali (lo scorso anno, per venire ai dati concreti, le rimesse, pari a 74,79 milioni di euro, sono risultate il doppio di quelle del 2016).

Inoltre, è altresì acclarato che la criminalità nigeriana si sia sviluppata, al di fuori della madrepatria, sfruttando i flussi migratori, attraverso i quali abbia dato vita ad una intensa attività di traffico di esseri umani (che, vorrei ricordarlo, è un crimine), di sfruttamento della prostituzione e di spaccio di sostanze stupefacenti (ma non solo), secondo precise e capillari reti criminali transnazionali.

– Vorrei parlare con Lei del tristemente noto caso di Pamela Mastropietro che è direttamente legato all’attività criminale della mafia nigeriana in Italia e nel quale Lei è “coinvolto” non solo come l’Avvocato della famiglia ma anche come zio della vittima. Quali sono gli ultimi sviluppi?

– Guardi, anche qui, come già detto in diverse altre circostanze, ci sono tanti indizi, nel fascicolo riguardante le indagini sull’omicidio di Pamela, ma non solo, che lasciano pensare che chi la abbia uccisa ne possa far parte. E non solo lui.

Vi sono, in particolare, delle dichiarazioni, confermate in dibattimento, di un collaboratore di giustizia, ritenuto attendibile da parte della Procura di Macerata (e da diverse altre), secondo cui lo stesso Oseghale (colui che, lo scorso 29 maggio, è stato condannato all’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi, per l’omicidio aggravato di Pamela Mastropietro) avrebbe riferito di far parte di questa organizzazione, presente anche a Macerata e nelle Marche, considerate, queste ultime, un importante crocevia tra il Veneto (Padova, in particolare) e la più volte ricordata Castel Volturno.

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Fonte – https://it.sputniknews.com/intervista/201909268126553-ecco-come-la-mafia-nigeriana-sta-conquistando-litalia-parte-2/

Trump chiese a Zelensky di riaprire indagini sui Biden. Pubblicata trascrizione della telefonata

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Donald Trump decide di desecretare e rendere pubblica la trascrizione della telefonata avvenuta il 25 luglio 2019, con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. La diffusione della trascrizione avviene all’indomani dall’annuncio di un’indagine formale su Donald Trump per impeachment, da parte dei democratici.

Il presidente degli USA è accusato di aver chiesto al suo omologo ucraino, per ben otto volte, di riaprire un’inchiesta per corruzione contro Burisma, una società di gas collegata ad Hunter Biden, in cambio dello sblocco di aiuti finanziari per 391 milioni di dollari, congelati poco tempo prima.

Un passaggio cruciale della trascrizione conferma una parte delle accuse su Trump

Vorrei che ci facessi un favore… Mi piacerebbe che scoprissi cosa è successo in questa situazione legata all’Ucraina, che chiamano Crowdstrike… Mi piacerebbe che il procuratore generale chiamasse te o qualcuno dei tuoi, e vorrei che tu andassi a fondo in questa vicenda”. Zelensky risponde: “Ti dico personalmente che uno dei miei assistenti ha parlato con Giuliani recentemente e contiamo molto sul fatto che Giuliani possa venire in Ucraina in modo da incontrarci. Posso garantirti che hai solo amici attorno a noi […]. Riguardo l’indagine io garantisco come presidente dell’Ucraina che tutte le inchieste verranno condotte in modo aperto e chiaro. Quello te lo garantisco”.Non ci sarebbe traccia, invece della promessa di finanziamenti in cambio della riapertura delle indagini. Tuttavia la Casa Bianca chiarisce che si tratta di una trascrizione «non letterale» e che «il documento riporta le note e quanto viene ricordato da parte dello staff cui è affidato il compito di ascoltare e trascrivere la conversazione». 

I democratici chiedono di poter visionare la denuncia integrale dell’informatore che ha dato il via al Kievgate. Per il Dipartimento di Giustizia la trascrizione è insufficiente per far aprire un’indagine penale sul comportamento di Trump, in quando non vi sarebbe riscontrata alcuna violazione.

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fonte – https://it.sputniknews.com/mondo/201909258127999-kievgate-trump-chiese-a-zelensky-di-riaprire-le-indagini-sui-biden/

Russiagate: il comune destino di Trump e Salvini

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Salvini deve gestire un partito sempre più complesso. Lo sostiene l’analista Stefano Graziosi, esperto di Stati Uniti, che ha risposto alle domande di Sputnik Italia sulle vicende “Russiagate” negli Stati Uniti e in Italia.

Stefano Graziosi si occupa di Stati Uniti, collaborando con varie testate, tra cui La Verità e Panorama. Un abile analista, nel 2018 ha pubblicato il libro “Apocalypse Trump. Un presidente americano tra Mao e Andreotti” (Edizioni Ares). Ha risposto alle domande di Sputnik Italia sulle vicende “Russiagate” negli Stati Uniti e in Italia.

– Ieri negli USA Mueller ha parlato di Russiagate e Giuseppe Conte ha riferito in Senato su presunti “soldi russi alla Lega”. Trova casuali queste due coincidenze? Ci sono affinità tra il caso americano e quello italiano?

– Credo che la tempistica degli avvenimenti sia casuale, sebbene si tratti di due fenomeni che – pur nel rispetto delle dovute proporzioni – presentino delle affinità nelle cause che li hanno prodotti. Al di là dell’eventuale risvolto penale di entrambe le faccende, alla base sono ravvisabili delle dinamiche di carattere politico abbastanza definite. Negli Stati Uniti, l’inchiesta del procuratore speciale, Robert Mueller, è stata assai spesso brandita da quei settori dell’establishment americano che non hanno mai digerito la linea di distensione, avanzata da Donald Trump, nei confronti della Russia. Il Russiagate, in altre parole, si è spesso rivelata un’autentica spada di Damocle sul capo del presidente, per coartarne la politica estera. Dai tempi della campagna elettorale del 2016, Trump propone un approccio improntato alla Realpolitik, che consenta agli Stati Uniti una parziale riduzione del suo impegno internazionale, appoggiandosi in tal senso ad alleati vecchi e nuovi.

Ora, agli occhi di Trump, la distensione verso il Cremlino rientra in questo tipo di logica: diminuire le tensioni geopolitiche, cercando al contempo di portare una maggiore stabilizzazione in alcune aree particolarmente problematiche (soprattutto in Medio Oriente). Senza poi dimenticare che, nell’ottica del presidente americano, una sponda russa offrirebbe anche un risvolto anti-cinese: soprattutto oggi, con Washington che si trova in piena guerra tariffaria con Pechino. Questo poi non significa una sorta di pacifismo scriteriato. Come insegna Richard Nixon, la distensione è un processo pragmatico, basato sul rispetto del reciproco interesse e su quello dell’altrui sovranità: un processo che, pur creando occasioni di collaborazione, non elimina ovviamente differenze di varia natura tra i “contraenti”. Si tratta del resto di un approccio che già aveva tentato parzialmente Obama con il cosiddetto reset russo, un approccio dettato – in buona sostanza – dalle richieste dello stesso elettorato americano che, nel 2016, ha appoggiato il messaggio di Trump di porre termine alle guerre senza fine che gli Stati Uniti conducono in giro per il mondo. Mueller e l’intelligence americana hanno riscontrato evidenze di interferenza russa nel processo elettorale americano del 2016: un’accusa che Vladimir Putin ha smentito.

 

Come che sia, derubricare la vittoria di Trump e la sua attuale politica estera a una mera faccenda di fake news significa non comprendere (o fingere di non comprendere) le cause strutturali (politiche, sociali ed economiche) che hanno condotto agli stravolgimenti del 2016. La cosa scioccante è che, come ha ravvisato l’ex analista della CIA George Beebe, oggi la nuova Guerra Fredda viaggi fondamentalmente sui social network.

– E l’Italia?

– Come dicevo, si riscontrano dinamiche simili. Al di là di eventuali questioni penali, i principali attacchi che la Lega sta subendo sulla faccenda risultano spesso di natura politica. Quello che le viene contestato è principalmente il tentativo di attuare una linea di maggiore vicinanza alla Russia. Cosa che porta spesso vari commentatori e analisti a parlare di una sorta di schizofrenia di Matteo Salvini, contraddittoriamente oscillante tra Trump e Putin. In realtà, questa interpretazione risulta fondamentalmente ancorata a una logica che rischia di rivelarsi superata. Quello a cui punta Salvini (e in definitiva il governo Conte) è infatti la possibilità della realizzazione di una distensione tra Stati Uniti e Russia. Il leader della Lega ha sempre mostrato palesemente ammirazione sia per Trump che per Putin. E, in un’ottica economica, ritiene che un eventuale disgelo possa rivelarsi vantaggioso per il sistema produttivo italiano. D’altronde, al di là di rapporti e ammirazioni personali, questa linea è in buona sostanza dettata anche da un fattore per così dire strutturale: sia la Lega che il Movimento 5 Stelle risultano storicamente caratterizzati da una profonda ostilità nei confronti dell’asse franco-tedesco. In questo senso, cercano entrambi di trovare sponde internazionali in grado opporsi a Emmanuel Macron e Angela Merkel. Si tratta di una linea che ha innegabilmente i suoi rischi, perché comporta la possibilità di un isolamento interno all’Unione Europea con eventuali conseguenze dannose sotto il profilo politico ed economico. Ciononostante il governo Conte è nato con l’obiettivo di mutare paradigma: tanto dal punto di vista economico che geopolitico. E su questa scommessa si gioca il suo futuro.

– Può questo caso far cadere il governo italiano? E quale probabilità c’è che il governo resti per un altro anno o fino a fine legislatura?

– Esattamente come il Russiagate americano, non credo che quello italiano sposti granché in termini di consenso elettorale. Inoltre non penso che il caso in sé si riveli rischioso per la tenuta del governo (a meno che non lo si voglia usare per giustificare strappi interni dettati da cause tuttavia differenti). Più in generale, almeno sino ad oggi, la sopravvivenza dell’attuale maggioranza appare sempre appesa a un filo ma – alla fine – il governo continua a restare in piedi.

Il punto è che, sinora, alternative a questa maggioranza all’orizzonte non se ne vedono. Visto che elezioni anticipate sarebbero poco probabili, l’unico altro sbocco si rivelerebbe un governissimo magari guidato da un tecnico: una soluzione che, con ogni probabilità, risulterebbe impopolare e trascinerebbe nel baratro politico i partiti che decidessero di appoggiarla. Al momento, le opposizioni sono debolissime e pressoché incapaci di prendere qualsiasi iniziativa. I 5 Stelle sono preda dei propri problemi interni (basti pensare alla questione TAV), mentre la Lega si espande, assumendo sempre più i connotati di una sorta di nuova Democrazia Cristiana: una forza di maggioranza, articolata al suo interno in varie sensibilità, che riesce al momento a raccogliere galassie elettorali molto diverse tra loro (dalle aree geografiche ai ceti sociali). Salvini dovrà quindi riuscire a gestire un partito che si avvia a diventare sempre più complesso.

fonte – https://it.sputniknews.com/opinioni/201907257918292-russiagate-il-comune-destino-di-trump-e-salvini/

Le europee cambiano gli equilibri interni alla coalizione che governa l’Italia

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Le elezioni europee hanno dimostrato una volta di più quanto siano mutevoli le fortune dei partiti in questa epoca storica contrassegnata dal declino delle ideologie.

Siamo entrati in una prolungata fase sperimentale, in cui gli elettori riconsiderano e riorientano di continuo le loro preferenze sulla base dei bisogni percepiti istante per istante e di quanto promettono loro le forze politiche per soddisfarli.

Questa tendenza ha trovato conferma anche in molti degli altri paesi che si sono misurati con il rinnovo della propria delegazione al Parlamento europeo. In Francia si è consolidato un bipolarismo nuovo, già emerso in verità in occasione delle presidenziali vinte da Emmanuel Macron sulla Le Pen, mentre in Gran Bretagna il mancato perfezionamento della Brexit non ha comportato solo le dimissioni del premier Theresa May, ma il tracollo dei partiti tradizionali, scesi a percentuali bassissime. Probabilmente, la formazione fondata e guidata da Farage non avrà prospettive politiche ulteriori, ma la sua affermazione in occasione delle europee sembra dimostrare il momento di acuto pragmatismo che stanno vivendo gli elettori del Vecchio Continente.

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fonte – https://it.sputniknews.com/opinioni/201905287703629-le-europee-cambiano-gli-equilibri-interni-alla-coalizione-che-governa-litalia/