Cattolici, dalle elezioni emerge un richiamo: serve rilanciare la militanza politica

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di Redazione

Pubblichiamo con piacere questo articolo di Gian Piero Bonfanti perché coglie la sostanza, a nostro avviso, di uno dei problemi attuali. Il “non expedit” non ci appare la miglior soluzione per arginare il peggior male possibile, quanto un disimpegno che lascia “campo largo” ai portatori di esso. Per il maggior bene occorre un impegno realistico dei veri cattolici in politica. Soprattutto per tentare di frenare il peggior male sulle questioni etiche che ci vorrebbero imporre le agende dei globalisti. Sono stati eletti numerosi parlamentari d’area, sia in Fratelli d’Italia che nella Lega. Chi ha disperso il voto in partiti minori si è svegliato deluso, ma avrebbe dovuto comprendere che, soprattutto divisi, ma anche fossero stati uniti, i cosiddetti movimenti “antisistema” non sarebbero mai entrati in Parlamento, oppure, se avessero superato la soglia di sbarramento, due o tre deputati sarebbero stati totalmente ininfluenti. Vi siete resi conto di quanti odiosi parlamentari abbiamo lasciato a casa col voto? Dalla Bonino a Fiano, da Di Maio a molti altri nomi eccellenti del peggior globalismo progressista. Nel caso della Bonino, è rimasta fuori, grazie al voto a Lavinia Mennuni, storica combattente pro-life. La sfida è molto difficile per Giorgia Meloni e la maggioranza di Centrodestra, nell’attuale situazione. Avete letto come rosicano in Italia ed all’estero i soloni del politicamente corretto, i radical chic, i liberal e tutte le frattaglie post-comuniste? Non aspettiamoci dal nuovo governo nulla di particolarmente rilevante sul piano internazionale, perché le circostanze non lo consentono.  

LETTERA DEL LETTORE

di Gian Piero Bonfanti

L’ASTENSIONISMO INCIDERÀ SEMPRE IN MANIERA NEGATIVA SULLA PRESENZA E ATTIVITÀ DEI CRISTIANI IN POLITICA

Come previsto, tutte le voci che sono giunte durante la campagna elettorale in merito al fatto che non ci avrebbero fatto votare o che comunque qualcuno avrebbe ostacolato le operazioni di voto sono risultate false.

Siamo andati alle urne, chi ha voluto naturalmente, ed abbiamo espresso le nostre preferenze, constatando però la solita bassa affluenza ai seggi. Peccato, perché ancora una volta chi non ha votato ha in sintesi volutamente rinunciato al diritto di esprimere la propria preferenza.

È un po’ come qualcuno che fa parte di un gioco ma non vuole prendere una posizione, adducendo la solita motivazione che “tanto non sarebbe cambiato nulla“. Non prendere posizione non è mai una forma di protesta, piuttosto è una posizione di comodo, dalla quale si pensa di poter esprimere giudizi in ogni direzione, sempre contestando qualsiasi cosa possa accadere.

Ricordiamo che per noi cattolici è importante l’impegno in politica e rinunciare ad avere nostri rappresentanti all’interno dei partiti e movimenti farà sì che con il tempo non verremo più considerati come una forza propulsiva della società. I valori non negoziabili rischiano di essere sempre meno considerati e ricordiamo che la politica è fatta di consensi, chi crede nel contrario vive una dimensione non reale, ed è importante essere presenti e sul campo.

Oggi tuttavia il risultato non sarà quello definitivo, il Governo deve essere formato, il suo assetto dovrà rispecchiare gli equilibri del nostro Paese ed i programmi dei partiti coinvolti verranno modificati in funzione della forza degli stessi determinata dalla quantità di voti ricevuti. Qui incomincia il vero lavoro socio-culturale, perché se è vero che la politica determina le strategie del Paese, è altresì vero che la cultura incide sull’orientamento della politica stessa.

La Congregazione della fede è estremamente chiara circa l’impegno dei cattolici in politica. Nella Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, infatti, afferma fra l’altro: “sul piano della militanza politica concreta, occorre notare che il carattere contingente di alcune scelte in materia sociale, il fatto che spesso siano moralmente possibili diverse strategie per realizzare o garantire uno stesso valore sostanziale di fondo, la possibilità di interpretare in maniera diversa alcuni principi basilari della teoria politica, nonché la complessità tecnica di buona parte dei problemi politici, spiegano il fatto che generalmente vi possa essere una pluralità di partiti all’interno dei quali i cattolici possono scegliere di militare per esercitare – particolarmente attraverso la rappresentanza parlamentare – il loro diritto-dovere nella costruzione della vita civile del loro Paese. Questa ovvia constatazione non può essere confusa però con un indistinto pluralismo nella scelta dei principi morali e dei valori sostanziali a cui si fa riferimento. La legittima pluralità di opzioni temporali mantiene integra la matrice da cui proviene l’impegno dei cattolici nella politica e questa si richiama direttamente alla dottrina morale e sociale cristiana. È su questo insegnamento che i laici cattolici sono tenuti a confrontarsi sempre per poter avere certezza che la propria partecipazione alla vita politica sia segnata da una coerente responsabilità per le realtà temporali“.

Un richiamo netto alla militanza politica, sia che si tratti di impegno diretto o che si tratti di partecipazione alla vita pubblica e sociale. Guardiamo da oggi con molta apprensione a quali saranno le prossime dinamiche del nuovo governo che verrà nominato, si spera a breve. Tutti coloro che erano insoddisfatti prima delle elezioni ed hanno fatto mancare la loro preferenza lo saranno anche dopo queste giornate convulsive. Auspichiamo solo che il male possa essere arginato e confidiamo affinché persista la visione verticale di quei politici cristiani impegnati ed esposti in prima persona. A loro andrà tutto il nostro supporto.

Il Centrodestra si organizzi come partito dei conservatori senza ambiguità

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L’EDIORIALE DEL 15 AGOSTO 2022

di Matteo Castagna per www.informazionecattolica.it 

LA FORTUNA DEL PD È IL NON VOTO

ll paradosso del Pd è nel nome. Il Partito Democratico riesce a vincere le elezioni quando la democrazia è a bassa intensità. Il suo più grande alleato non è il “campo largo”, con lo sguardo che abbraccia i grillini in frantumi, o con le scorribande verso un centro radical chic con Calenda e Di Maio in cerca d’autore. La fortuna del Pd è il non voto. È la fuga di chi non sa più a che santo votarsi, la disillusione, lo scetticismo, la sfiducia.

Oggi il Pd è erede del Partito Comunista Italiano, senza che nessuno chieda mai pubbliche scuse per i finanziamenti dalla Russia di Stalin, per l’appoggio all’invasione sovietica di Praga, per i 90 milioni di morti prodotti nel mondo, per la strage delle foibe. Al contrario, FdI è sempre sotto processo e deve, come un mantra, chieder perdono per il Fascismo, morto da 80 anni, ed esistente solo nella mente di Paolo Berizzi. Il bello è che Meloni lo fa, Letta no. I padri costituenti, riunitisi a Regime terminato da poco, furono di gran lunga più onesti intellettualmente nel porre la questione fascista come “disposizione transitoria”.

L’arroganza della plutocrazia l’ha trasformata, di fatto, in definitiva, ma nel 1946 si pensava che bastasse una clausola a tempo determinato, probabilmente a reduci deceduti. Lo spauracchio serve, invece, alla sinistra per sbandierare la paura del fantasma, ad ogni campagna elettorale.

Sarebbe sacrosanto non abbassare mai, nonostante le pressioni, il proprio livello alla sudditanza politica e culturale nei confronti di una sinistra, che soprattutto in passato, non fu certamente esempio di tolleranza e democrazia, e che, ad oggi non ha mai sentito la necessità di scusarsi per il torbido passato delle collusioni, anche economiche, col Maresciallo Tito e con i sovietici di Stalin.

Che fine ha fatto il dossier Mitrokin? Di chi furono le responsabilità? Chi ha pagato di fronte alla giustizia per quei fondi illeciti? E’ un po’ come Tangentopoli. Nessuno si è mai scusato per le ruberie di quegli anni; l’unico sostanzialmente illeso fu il PCI, poi PDS, che il pool di Di Pietro non toccò, come fosse la verginella del Parlamento.

Oggi il Pd è più atlantista di Biden, laddove l’atlantismo pare una professione di fede verso un dogma religioso. Servirebbe un po’ di coraggio per saper criticare gli USA e la loro creatura, soprattutto quando inventano guerre in giro per il mondo a spese dei Paesi dell’alleanza. L’unico sussulto di sovranità nazionale l’ebbe Bettino Craxi, a Sigonella, nel 1985. Nella NATO si può stare con un ruolo determinato oppure subordinato o da servi. Perché l’Italia deve sempre professare il suo asservimento alle decisioni di altri?

Se il sovranismo diventa servilismo a stelle e strisce, l’elettore non capisce che differenza passi tra Letta e il centrodestra. Un’altra importante questione riguarda l’orizzonte valoriale del centrodestra, che se assomiglia a quello di Sinistra italiana o di +Europa, confonde e dunque diventa difficile rispondere alla domanda dove sia la differenza tra Berlusconi e Emma Bonino.

Su aborto, eutanasia, utero in affitto, “matrimoni” omosex, insegnamento gender nelle scuole, la coalizione dei conservatori si vorrebbe solida e compatta sull’adesione all’identità cristiana e, per conseguenza alla Dottrina Sociale della Chiesa. Ecco che allora, un serio centrodestra di governo non può essere cristiano e liberale allo stesso tempo. L’hanno capito (meglio tardi che mai) i vari Brunetta, Carfagna, Gelmini, Elio Vito ed altri, che, infatti, si sono trasferiti a sinistra, dove l’area liberal è a casa. Con una vera e marcata differenziazione, che già in parte c’è sul piano economico, sebbene la marginalizzazione di Giulio Tremonti non faccia il bene del centrodestra né del Paese, si andrebbe al voto dando la chiarezza a tutti quegli elettori di centrodestra delusi, che pensano di optare per i cosiddetti partiti “antisistema”.

In questa Italia in perenne crisi, la coalizione dei conservatori che non professa principi fondamentali comuni, tenute conto le regole della legge elettorale, e osservando il “mucchio selvaggio” che stanno costruendo i progressisti, può permettersi di lasciare almeno un 3% dei voti di protesta ai nuovi grillini improvvisati, privi di idee, uomini esperti e programmi?

Il Centrodestra si organizzi come partito dei conservatori senza ambiguità

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/08/15/il-centrodestra-si-organizzi-come-partito-dei-conservatori-senza-ambiguita/

LA FORTUNA DEL PD È IL NON VOTO

ll paradosso del Pd è nel nome. Il Partito Democratico riesce a vincere le elezioni quando la democrazia è a bassa intensità. Il suo più grande alleato non è il “campo largo”, con lo sguardo che abbraccia i grillini in frantumi, o con le scorribande verso un centro radical chic con Calenda e Di Maio in cerca d’autore. La fortuna del Pd è il non voto. È la fuga di chi non sa più a che santo votarsi, la disillusione, lo scetticismo, la sfiducia.

Oggi il Pd è erede del Partito Comunista Italiano, senza che nessuno chieda mai pubbliche scuse per i finanziamenti dalla Russia di Stalin, per l’appoggio all’invasione sovietica di Praga, per i 90 milioni di morti prodotti nel mondo in nome del comunismo, per la strage delle foibe. Al contrario, FdI è sempre sotto processo e deve, come un mantra, chieder perdono per il Fascismo, morto da 80 anni, ed esistente solo nella mente di Paolo Berizzi. Il bello è che Meloni lo fa, Letta no. I padri costituenti, riunitisi a Regime terminato da poco, furono di gran lunga più onesti intellettualmente nel porre la questione fascista come “disposizione transitoria”.

L’arroganza della plutocrazia l’ha trasformata, di fatto, in definitiva, ma nel 1946 si pensava che bastasse una clausola a tempo determinato, probabilmente a reduci deceduti. Lo spauracchio serve, invece, alla sinistra per sbandierare la paura del fantasma, ad ogni campagna elettorale.

Sarebbe sacrosanto non abbassare mai, nonostante le pressioni, il proprio livello alla sudditanza politica e culturale nei confronti di una sinistra, che soprattutto in passato, non fu certamente esempio di tolleranza e democrazia, e che, ad oggi non ha mai sentito la necessità di scusarsi per il torbido passato delle collusioni, anche economiche, col Maresciallo Tito e con i sovietici di Stalin.

Che fine ha fatto il dossier Mitrokin? Di chi furono le responsabilità? Chi ha pagato di fronte alla giustizia per quei fondi illeciti? E’ un po’ come Tangentopoli. Nessuno si è mai scusato per le ruberie di quegli anni; l’unico sostanzialmente illeso fu il PCI, poi PDS, che il pool di Di Pietro non toccò, come fosse la verginella del Parlamento.

Oggi il Pd è più atlantista di Biden, laddove l’atlantismo pare una professione di fede verso un dogma religioso. Servirebbe un po’ di coraggio per saper criticare gli USA e la loro creatura, soprattutto quando inventano guerre in giro per il mondo a spese dei Paesi dell’alleanza. L’unico sussulto di sovranità nazionale l’ebbe Bettino Craxi, a Sigonella, nel 1985. Nella NATO si può stare con un ruolo determinato oppure subordinato o da servi. Perché l’Italia deve sempre professare il suo asservimento alle decisioni di altri?

Se il sovranismo diventa servilismo a stelle e strisce, l’elettore non capisce che differenza passi tra Letta e il centrodestra. Un’altra importante questione riguarda l’orizzonte valoriale del centrodestra, che se assomiglia a quello di Sinistra italiana o di +Europa, confonde e dunque diventa difficile rispondere alla domanda dove sia la differenza tra Berlusconi e Emma Bonino.

Su aborto, eutanasia, utero in affitto, “matrimoni” omosex, insegnamento gender nelle scuole, la coalizione dei conservatori si vorrebbe solida e compatta sull’adesione all’identità cristiana e, per conseguenza alla Dottrina Sociale della Chiesa. Ecco che allora, un serio centrodestra di governo non può essere cristiano e liberale allo stesso tempo. L’hanno capito (meglio tardi che mai) i vari Brunetta, Carfagna, Gelmini, Elio Vito ed altri, che, infatti, si sono trasferiti a sinistra, dove l’area liberal è a casa. Con una vera e marcata differenziazione, che già in parte c’è sul piano economico, sebbene la marginalizzazione di Giulio Tremonti non faccia il bene del centrodestra né del Paese, si andrebbe al voto dando la chiarezza a tutti quegli elettori di centrodestra delusi, che pensano di optare per i cosiddetti partiti “antisistema”. (operazione politica delle Sinistra, che, infatti, ha piazzato in ogni lista dei capibastone di area progressista, così da recuperare in Parlamento il cosiddetto voto no vax, no green pass ecc.)

In questa Italia in perenne crisi, la coalizione dei conservatori che non professa principi fondamentali comuni, tenute conto le regole della legge elettorale, e osservando il “mucchio selvaggio” che stanno costruendo i progressisti, può permettersi di lasciare almeno un 3% dei voti di protesta ai nuovi grillini improvvisati, privi di idee, uomini esperti e programmi?

Tutto va bene, madama la Marchesa!

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di Antonio Catalano

Fonte: Antonio Catalano

I dati sull’affluenza elettorale dimostrano lo stato comatoso di partecipazione alla cosa pubblica, la distanza sempre più ampia tra politica e realtà sociale. Distanza alimentata da una gestione pandemica che non si vorrebbe mai far terminare, da una propaganda a stelle e strisce che schiaccia a logiche autodistruttive e mette al bando chiunque osi solo esprimere dissenso dalle versioni ufficiali, e per questo tacciato di putinismo. La questione sociale sembra non esistere più, altre devono essere le priorità. E mentre il titanic sul quale ancora galleggiamo inizia inesorabilmente a sprofondare sabato scorso faceva bella mostra di sé il grande evento della nostra decadente e sfasciata società dello spettacolo salutata dalla progressista “Repubblica” come una festa di balli e colori, con Elodie superstar.
Sulla natura e l’impatto ideologico di questa kermesse non dovrebbero esserci dubbi, perché è un fatto incontestabile che il gay pride è la testa di sfondamento della residua resistenza sociale e umana che il nostro stanco, invecchiato e nichilista mondo occidentale ancora riesce a mettere in campo. Sbaglia chi non vede collegamento tra la svaccata rappresentazione fetish dei desideri eretti a diritti di questa briciola di mondo e la triste fine di una civiltà che rinuncia a qualsiasi prospettiva, del tutto ormai priva di orizzonti, destinata alla resa demografica, in cui i figli si sostituiscono allegramente con quegli oggetti animati (ex animali) su cui riversare cure e affetti morbosi, in cui identità è parola oscena, figuriamoci poi quella sessuale. Con il bel mondo a indignarsi di qualche apprezzamento alpino al “gentil” sesso ma a sprofondare la testa sotto la sabbia dinanzi alle vere molestie espresse da qualche migliaio di ragazzini urlanti “Forza Africa!” accorsi a Peschiera del Garda una decina di giorni fa.
Quindi niente di strano che sabato scorso la “festa di balli e colori” veniva salutata dalla grande esportatrice di bombe umanitarie Emma Bonino come termometro della “salute di una democrazia”. «Dove c’è sfilata c’è libertà. Per cui bisogna tenersela stretta, con l’Europa che la tutela» esultava trionfante la libertaria Bonino. In buona compagnia di altri tutori della democrazia, tutti sgomitanti per farsi immortalare al fianco di Wladimiro Guadagno, in arte Luxuria.
Ma non c’era solo il bel mondo dello spettacolo e della politica ridotta a spettacolo: tra gli sponsor della fetisciata risultava Bankitalia. La quale aveva sollecitato i suoi dipendenti a partecipare all’evento con una mail invitata dal Responsabile diversità Riccardo Basso. La missiva, con tanto di Colosseo arcobaleno e logo della banca, dopo aver ricordato le origini di questa parata, spiegava che si tratta di «una giornata per la tutela di chi si riconosce nella comunità Lgbt+ e per la richiesta di normative inclusive e comportamenti rispettosi dell’essere umano». La banca centrale della Repubblica italiana forniva pure magliette per la sfilata, perché «sosteniamo le loro iniziative, che portano un grande valore aggiunto». Altro che inflazione al 6%!
È così difficile capire perché tanto da farsi da parte delle istituzioni politico-sindacal-cultural-economico-finanziarie per distruggere, tra le altre, l’identità sessuale, ossessione che porta all’assurdo teatrino britannico in cui ci si domanda con affanno se le donne possono avere un pene oppure no?

Sondaggi…

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di Alfio Krancic

La rilevazione di Supermedia Agi/Youtrend: stabili gli altri partiti, con il Pd al vertice (21,5 per cento) seguito da Fratelli d’Italia (20,7%)31 MARZO 2022 ALLE 16:43

Manca ancora un anno alle prossime elezioni politiche (???), ma in vista del 2023 anche i partiti minori iniziano a sgomitare per un posto tra le preferenze degli italiani. E rosicchiano percentuali entrando di diritto nei sondaggi. La principale novità del sondaggio di Supermedia Agi/Youtrend di questa settimana è la comparsa del partito Italexit dell’ex grillino Gianluigi Paragone che si attesta al 2 per cento delle preferenze degli elettori.

Nel sondaggio di alcuni giorni fa di Swg per il Tg La7 al vertice figurava Fratelli d’Italia, mentre per Supermedia Agi/Youtrend al primo posto c’è il Pd di Enrico Letta con il 21,5 per cento di preferenze, ma il partito di Giorgia Meloni è comunque in seconda posizione con uno scarto di 0,35 punti (20,7%). La Lega perde lo 0.2 per cento e si ferma al 16,5 mentre il Movimento 5 Stelle, complice forse la strategia di Giuseppe Conte sul no alla spesa militare, guadagna lo 0,1 (13,5 per cento). Silvio Berlusconi dopo il matrimonio simbolico con Marta Fascina fa guadagnare a Forza Italia lo 0,2 per cento (per un totale di 8,4 punti percentuali), mentre Italia Viva (-0,3), Azione/+Europa (-0,1), Verdi (-0.3) e Sinistra italiana (-0,1) perdono qualcosa. (Repubblica.it)

Sono due anni che i sondaggi girano intorno queste cifre: nonostante la dittatura sanitaria, le restrizioni dei diritti civili, la Costituzione stracciata ed ora la guerra con le conseguenze nefaste che avrà sul nostro futuro e sulla nostra economia, considerata la scellerata scelta di campo che la cupola politica italiana, ha fatto preferendo il Comico di Kiev a Putin, viene spontaneo chiedersi: come diavolo fanno i partiti ad avere ancora così ampio consenso fra l’elettorato. Forse una spiegazione esiste. I sondaggi non tengono conto delle astensioni che a parere di molti analisti stanno crescendo in modo enorme. Quindi è comprensibile che il PD abbia il 21% dei voti su un 30% dei votanti. Se si contasse l’astensione al 70%, quel 21% del PD equivarrebbe ad uno striminzito 8,7% dell’elettorato ; idem per FdI. Il 16, 5% della Lega diventerebbe un 7% (a due passi dal mitico 3% delle origini), poco meno il M5S. FI sarebbe al 3,3%. Praticamente un disastro.

Facile avere questi numeroni senza contare le astensioni…

S.E.&.O.

PS Spero di non avere fatto un ragionamento ad cazzum canis. La matematica la mastico poco. Se ho sbagliato mi corriggerete.

Fonte: https://alfiokrancic.com/2022/03/31/sondaggi-2/

Elezioni anticipate e vittoria dell’astensionismo?

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna https://www.informazionecattolica.it/category/editoriali/#:~:text=EDITORIALI-,Elezioni%20anticipate%20e%20vittoria%20dell%E2%80%99astensionismo%3F,-14%20Febbraio%202022

NELLA “NUOVA NORMALITÀ”, LE IDEE SONO ACCANTONATE, I PRINCIPI ANNULLATI, I CONTI NON SI FANNO SULL’EFFETTIVA CAPACITÀ DEL POLITICO DI AMMINISTRARE…

Luigi Bisignani non è una persona qualunque. Era l’uomo di fiducia di Giulio Andreotti, conosce molti segreti dell’Italia repubblicana. E’, anche, “L’uomo che sussurra ai potenti” (Casa editrice Chiarelettere) in cui egli si racconta e fornisce una testimonianza unica nel suo genere, perché con sagacia e fine ironia racconta come funzioni in potere, quello vero, che non ha bisogno di tante parole o proclami. Quello che agisce e basta.

Può apparire cinico, si può pensare ciò che si vuole della storia controversa di Bisignani, ma una cosa è certa: questo libro e i suoi articoli su Il Tempo sono sempre molto interessanti, perché hanno uno stile diverso e contenuti molto concreti. Ogni parola viene ben pesata ed armonizzata come in un piccolo romanzo, rendendo di facile comprensione anche i meccanismi più contorti e difficili del sistema plutocratico che, negli anni, ha progressivamente sostituito la Politica classica, così come da tutti conosciuta e concepita, in cui il primato dell’alta finanza governa i popoli in funzione dei suoi interessi, dopo aver demolito ogni ideale e relegato all’irrilevanza la filosofia, la teologia politica, gli ideali, le più alte aspirazioni rivolte al bene comune.

Intervistato da Affari Italiani, Bisignani racconta che “l’operazione Mattarella era studiata a tavolino da mesi e per la sinistra prima si vota e meglio è, visto che il centrodestra si è disintegrato”.

Sei mesi fa, ebbi modo di dire e di scrivere che il Mattarella-bis sarebbe stata la soluzione più semplice per il Parlamento attuale, in quanto sarebbe stata l’unica a poter garantire il mantenimento dello status quo e il sederino di molti eletti che non saranno riconfermati, a causa della legge che ne riduce il numero, inchiodato sugli scranni romani fino al raggiungimento della fatidica data del vitalizio che, poi, chiamano pensione.

Il Pd, inoltre, non tanto per la bravura di Enrico Letta, ma per l’esperienza di lungo corso dei vecchi arnesi della “politica politicante” democristiana, si è mantenuto il partito di Sistema più solido in assoluto. Non a caso, i sondaggi dicono che il Pd è, oggi, il primo partito.

Più draghista di Draghi, sostiene posizioni oltranziste quanto alle misure restrittive, fino ad arrivare ad affermazioni pesantissime da parte di alcuni suoi uomini di punta o di riferimento. Appiattendosi su un premier che, stato d’emergenza permettendo, comanda, non governa, si è seduto sulla sedia d’onore, accanto al “Padrone della Plutocrazia” italica, per vincere in quanto accodato come un cagnolino al guinzaglio, sotto il tavolo del “migliore tra i migliori”. Dunque Bisignani aggiunge che “il Pd deve passare all’incasso rapidamente. Mattarella, oramai, non ha più alcun motivo di gratitudine verso i 5 stelle e il suo obiettivo è quello di far governare il centrosinistra per i prossimi dieci anni“.

Nella nuova normalità, le idee sono accantonate, i principi annullati, quindi i conti non si fanno sull’effettiva capacità del politico di amministrare la cosa pubblica con rettitudine e giustizia sociale, ma secondo i due criteri del PNRR nel caos e dello Spread in salita. Bisignani prevede, a causa di questi due fattori, elezioni anticipate a settembre “e con l’attuale legge elettorale, dato che non si metteranno mai d’accordo per riformarla”. Ciò significa adeguare con qualche criterio da boiardo di Stato gli attuali collegi, scombussolati dalla riduzione dei parlamentari e andare ad elezioni prima della scadenza naturale, con una legge elettorale papocchio che garantirà solo le segreterie della partitocrazia, che potrà far eleggere i suoi galoppini nei listini bloccati.

Come era previsto e prevedibile, il destino di Mario Draghi sarebbe “un prestigioso incarico internazionale: Commissione europea o Banca Mondiale“. Pare che SuperMario ci stia portando gradualmente al superamento delle restrizioni, dalla mascherina alla conclusione dello stato di emergenza al 31 Marzo 2022, come molti osservatori avevano previsto, già un anno fa. Questo non gli consentirà più di comandare, ma di dover accontentarsi a governare, ossia cercare la sintesi per accontentare i desiderata dei partiti. “Mission impossible” anche per lui, soprattutto con la campagna elettorale alle porte e totalmente contraria all’inclinazione dell’uomo, abituato alla BCE a fare il monarca assoluto in strutture che funzionavano e, soprattutto, che eseguivano ciò che lui voleva. “La lite tra i vari partiti sullo scostamento di bilancio” potrebbe essere la scusa per mandare tutti a quel paese e lasciarli a begare su questioni nelle quali una personalità come quella del Presidente del Consiglio manco vuole metter becco.

Dunque, chi ha vinto con la rielezione di Mattarella? Luigi Bisignani dice “Ugo Zampetti, Segretario Generale del Colle. E’ un gigante assoluto, il vero vincitore e soprattutto il vero Presidente ombra. E’ l’uomo più potente d’Italia. Ora vedremo come difenderà i suoi ministri, primo fra tutti Enrico Giovannini, che è anche il più criticato. I veri vincitori della partita del Quirinale sono stati Dario Franceschini, la sinistra DC e proprio Zampetti“. Ancora, in questo particolare momento storico, il referente della plutocrazia è la sinistra DC, riciclata nel Pd. Sarebbe ora che nei partiti suonasse la sveglia, perché se l’apparato che, almeno dal dopoguerra, si impone è sempre quello, i casi sono due: o i partiti hanno sempre sbagliato i bersagli per impreparazione, dilettantismo assenza di una minima visione politica, oppure, in fin dei conti, sono tutti funzionali a tale condizione. Poi, però, non si lamentino, se la gente comune, oramai completamente sfiduciata e disgustata, alla canna del gas, anche per l’aumento spropositato delle spese per il riscaldamento, concede il 60% delle preferenze al partito dell’astensionismo.

Il vicolo cieco della Repubblica

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QUINTA COLONNA

Analisi completa e magistrale di una delle menti più lucide della destra italiana.

di Marcello Veneziani

Il popolo italiano diserta le urne a larga maggioranza, il governo è nelle mani di un Grande Timoniere che viene dalle banche e non dal voto; l’opposizione, per due terzi al governo, non riesce più a rappresentare largamente la piazza, il dissenso e gli umori popolari. Sia nelle battaglie sociali, civili che sanitarie.

Abbiamo imboccato il vicolo cieco della Repubblica. Che in questa situazione di sospensione della politica e di larga disaffezione degli italiani, il centro-sinistra vinca le competizioni amministrative raccogliendo un elettore su quattro, è logico, comprensibile, conseguente. Senza essere scopritori di nulla e profeti di niente, lo prevedemmo già svariate settimane fa. Il partito-establishment euro-istituzionale, con i suoi candidati d’apparato, vince facilmente se l’avversario si scompone in tre parti: area di governo, area di opposizione e area extra-politica di protesta. Ma la repubblica, o forse la democrazia, ha imboccato un vicolo cielo.

Partiamo dalla gente. La percezione più diffusa, che comunque riguarda una massa considerevole di elettori, è che si va inutilmente a votare, come si va inutilmente in piazza. Non si ottiene nulla. Non si aspettano nulla dalla politica, e da nessun leader. I “populisti” non riescono a intercettare questo stato d’animo e di cose; in primis i grillini affidati a un azzeccagarbugli trasformista che è l’antitesi del ribellismo alternativo dei grillini d’origine. Poi la Lega, al governo con tutti gli avversari, sotto la guida di Draghi. Infine, di riflesso, Fratelli d’Italia che tengono botta ma sul piano delle opinioni non del voto amministrativo. A loro si aggiunge lo scarso peso dei candidati: non riescono a trovare di meglio, e quando ce l’hanno (Albertini a Milano, Bertolaso a Roma) se lo lasciando sfuggire.

È falso il racconto dominante che la sinistra si sia ripresa l’Italia, come se l’elettorato dopo la sbandata “populista” e “sovranista” sia tornato all’ovile o si sia convertito alla ragione. È vero il contrario: la fetta più dissidente, più ribelle, non si sente più rappresentata dai grillini, dai leghisti e in parte dalla destra. E indebolendo questi, rafforza quelli. La gente entra nel pulviscolo, nella clandestinità molecolare o di gruppo, si sfoga nei social. A volte si ritrova, in ranghi sparsi e conventicole non componibili, in molte battaglie radicali, e sui temi del vaccino/green pass, che riguardano una corposa minoranza. La sconfitta del centro-destra non è la vittoria dei moderati ma la diserzione dal voto dei dissidenti radicali.

In Italia c’è un’area radicale di protesta che si può calcolare del venti-venticinque per cento, ovvero di pari consistenza a quella del centro-sinistra che non si riconosce nei partiti, e che finora in gran parte rifluiva sui 5Stelle e sulla Lega. In minor misura sono ora rifluiti sulla Meloni; in maggior misura si allontanano dalla politica con disgusto e sensazione d’impotenza, si sentono traditi, delusi, qualcuno spera ancora in qualche altro cobas della politica, anzi dell’antipolitica. Insomma, si chiamano fuori.

Serpeggia un sentimento diffuso: la politica non è in grado di fare nulla, di cambiare il corso delle cose, di intervenire sui temi più sensibili, di opporsi ai grandi poteri transnazionali, sanitari, lobbistici, ideologici. È ininfluente, comanda Draghi, comandano le oligarchie tecno-finanziarie, medico-farmaceutiche, ideologico-culturali; non si sgarra, siamo sotto l’Europa, dentro il guscio global.

Sappiamo bene che il voto politico sarebbe un’altra cosa, avrebbe altri esiti; ma non aspettatevi il voto politico come il giudizio di Dio, l’ordalia finale o lo showdown, la resa dei conti e il momento supremo della verità. Primo, perché probabilmente non si andrà a votare nemmeno la prossima primavera, e in caso di fuoruscita della Lega dal governo, probabilmente resterebbe una maggioranza Ursula, estesa a Forza Italia, a sostenere Draghi e a evitare il voto. Secondo, perché questi due anni, in particolare l’ultimo, hanno logorato e sfibrato le appartenenze politiche e le aspettative di cambiamento. Sono rimasti al più i timori, sul piano del fisco, delle pensioni, delle restrizioni, degli sbarchi. Il covid e Draghi si sono mangiati la politica. Terzo, non sottovalutate il fatto che c’è forse una reale maggioranza del paese, trasversale, che alla fine preferisce Draghi o perlomeno preferisce tenersi Draghi anziché correre altre avventure troppo costose.

E se dovesse presentarsi l’occasione del voto, ci sarebbero almeno due ostacoli di partenza per il centro-destra o per i sovranisti, oltre il fuoco di fila della macchina mediatico-giudiziaria-europea: l’incognita su chi potrebbe essere il premier in una loro coalizione. E l’agibilità interna e soprattutto internazionale di un governo del genere; considerando che difficilmente l’Europa garantirà quel che finora ha promesso e in parte garantito circa il Recovery fund. Un conto è avere uno della Casa, Draghi, un altro è avere un “forestiero”. La gente lo ha capito, a naso, e si regola di conseguenza.

Per dirla in breve, l’antipolitica dall’alto (Draghi) e l’antipolitica dal basso (il populismo autarchico, allo stato sfuso), si stanno mangiando la politica (io stesso scrivo di politica assai di malavoglia, e rifiuto interviste e interventi sul tema).

L’ipotesi più ragionevole sarebbe quella di mandare Draghi al Quirinale, come garante del Recovery e della Repubblica agli occhi dell’Europa, e mandare gli italiani alle urne. Ma allo stato attuale non ci pare la cosa più probabile. Si preferisce continuare a percorrere il vicolo cieco, sapendo che a un certo punto finisce la strada.

MV, La Verità (20 ottobre 2021)

http://www.marcelloveneziani.com/articoli/il-vicolo-cieco-della-repubblica/ 

Il Cdx ha preso una batosta

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di Redazione

Dopo una seria analisi della sconfitta nelle grandi città, la Lega potrebbe, a nostro avviso, pensare all’opportunità di lasciare il governo, di indire i congressi provinciali, regionali e federale (tutto entro fine anno) per un attento rinnovo della classe dirigente, stabilire una “carta dei valori non negoziabili”: diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, difesa, sempre, senza se e senza ma, del diritto naturale, politiche a favore della famiglia e della natalità, sovranismo e autonomia, flat tax, no globalismo, no immigrazione, no green pass. Restano gli umili consigli di un piccolo circolo culturale, i cui componenti, però, si occupano di politica da almeno trent’anni…

di Alfio Krancic

Analisi controcorrente: parto dal presupposto che parte dell’elettorato di cdx sia no vax e/o no green pass e visto l’orientamento ondivago del trio Lescano sulla questione vaccinale ( eccetto FI che predica l’obbligo vaccinale e magari l’internamento per coloro che non vogliono essere pungiuti ), ha fatto sì che milioni di voti del cdx siano finiti nell’alveo del grande fiume astensionista. In più il fatto che la Lega e FI siano diventati due partiti valletti del presidente Draghi, di Letta, Speranza e dei moribondi 5S, non ha certo giovato al terzetto centrodestrorso. Prova ne sia il risultato disastroso di Salvini che ha visto molte città governate da lungo tempo dal Carroccio, passare alla sinistra.

Fonte: https://alfiokrancic.com/2021/10/18/perche-il-cdx-ha-preso-una-batosta/

 

No green pass, cosa ci dicono davvero le piazze piene

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DENTRO LA NOTIZIA

Il commento pubblicato sui social da parte del Responsabile Nazionale di Christus Rex Matteo Castagna:

RISPETTO PER PIAZZA DEL POPOLO
È incredibile come certa comunicazione possa diventare faziosa nel distorcere la realtà e come, certa politica istituzionale si dimostri priva di capacità d’analisi e suddita del mainstream di sinistra.
È assurdo che oggi i principali quotidiani non titolino: “A ROMA, UNA MAREA UMANA, COME DA ANNI NON SI VEDEVA, SI È RITROVATA SPONTANEAMENTE PER DIRE NO AL GREEN PASS”. Invece, il leitmotiv si è trasformato in una nenia per riesumare un anacronistico antifascismo, che serve solo a deviare l’attenzione dall’oggetto di una protesta, che non andrebbe snobbato ma ascoltato e rispettato, prima che, alla lunga, possa diventare un problema sociale ingestibile.
La politica non sia miope ed ipocrita, inseguendo bolse retoriche o questioni funzionali allo status quo, ma dia risposte serie e concrete alla rabbia e disperazione di tantissime persone.

di Eugenio Palazzini

10 Ott. – Da Milano a Roma, ieri migliaia di persone sono scese in piazza contro il green pass. Una mobilitazione impressionante condita da pesanti scontri, soprattutto nella capitale. Tentare però di bollare la protesta semplicemente come violenta è sciocco e riduttivo, perché non corrispondente al vero. Si rischia insomma di distorcere la realtà senza ottenere alcun risultato effettivo se non quello di acuire una rabbia sempre meno latente. Non sappiamo con esattezza quante persone abbiano gridato la propria netta contrarietà al certificato verde reso obbligatorio dal governo anche sui posti di lavoro – darsi al gioco dei numeri esatti in questi casi lascia il tempo che trova –, ma le foto di Piazza del Popolo piena ci dicono che erano più di 10mila a urlare “no green pass“.

Piazze no green pass: ma quale “fascismo”

Viceversa è chiaro a tutti che chi ha devastato la sede della Cgil e si è scontrato con la polizia ha fatto più rumore – come sempre accade quando vanno in scena gli scontri – ma rappresentava una netta minoranza dei manifestanti. Chi ha interesse a stroncare sul nascere le montanti proteste ricorre allora al solito metodo comunicativo: fare di tutta l’erba un fascismo montante. Eppure basterebbe osservare attentamente immagini e video delle manifestazioni di ieri per capire che quelle piazze erano intergenerazionali e politicamente inclassificabili. Lo erano perché  insolitamente riunivano giovani e meno giovani, Forza Nuova e centri sociali, nuovi e vecchi cittadini disillusi dalla politica. Un magma del tutto insolito.

La campanella della rabbia

La campanella del disincanto diffuso era già suonata e per sentirne il suono sarebbe stato sufficiente soffermarsi sul dato più emblematico delle elezioni amministrative dello scorso fine settimana: l’astensionismo. Quasi il 50% degli italiani ha scelto di disertare le urne, segno di un distacco totale dalla proposta politica. Stavolta quindi non servirà etichettare la piazza con i soliti termini tirati fuori dal cilindro dello sdegno. Non sarà lo spauracchio “squadrista” a riportare la palla al centro del confronto civile, perché quel confronto è stato troppo a lungo negato alla gran parte di coloro che protestano e si sentono abbandonati dalle istituzioni.

Lo ha parzialmente compreso anche il Corriere della Sera, che stamani apre così: “Manifestazioni no green pass, i timori di un’escalation. Volti mai visti tra i «soliti noti»: chi era in piazza”. Quei volti “mai visti” sono l’emblema di un’inafferrabile contestazione, a cui gettare addosso un colore piuttosto che un altro è un’operazione ben poco utile a contenerla. Il governo lo sa bene, ma ritiene che per stringere le maglie della repressione del dissenso, sia più funzionale negare l’evidenza.

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/no-green-pass-cosa-ci-dicono-piazze-roma-milano-210262/

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