Il Pd si ribella a Elly Schlein

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di Lorenzo Cianti

 

Non si arresta il malcontento verso la segretaria dem: con lei una mutazione genetica del partito

Nuovo terremoto all’interno del Partito democratico. Trenta esponenti dem in Liguria, tra cui la recordwoman di preferenze alle scorse comunali di Genova Cristina Lodi e il consigliere regionale Pippo Rossetti, hanno abbandonato il Pd per approdare ad Azione, manifestando il loro dissenso sulla svolta massimalista della segreteria Schlein. Non sono né i primi, né saranno gli ultimi ad andarsene. Inutile dirlo, i malumori sono cominciati da tempi non sospetti al Nazareno. E hanno spinto numerosi membri di Base Riformista – ma non solo – a cercare altri lidi.

I dem fuoriusciti

Il primo a sventolare il fazzoletto bianco è stato Beppe Fioroni, volto dei teodem, già ministro con Prodi e storico dirigente de La Margherita. “Prendo atto della marginalizzazione dell’esperienza popolare. Questo non è più il mio partito”, aveva affermato a malincuore lo scorso 27 febbraio, all’indomani della vittoria di Elly Schlein alle primarie. Ad aprile l’addio di Andrea Marcucci, intenzionato a far parte di una non meglio precisata federazione centrista. Stessa sorte per Enrico Borghi, che di lì a poco avrebbe aderito ad Italia Viva. È una new entry di Forza Italia l’eurodeputata Caterina Chinnici, figlia di Rocco Chinnici, giudice istruttore ucciso dalla mafia il 29 luglio 1983. Perentorio il suo giudizio: “Schlein è troppo a sinistra, mi sono sentita sola sui miei temi”.

Non dimentichiamo il bonacciniano doc Carlo Cottarelli. L’economista, doppiato da Daniela Santanché nel collegio di Cremona, ha lasciato il suo seggio senatoriale per tornare tra i banchi dell’Università Cattolica di Milano. Alessio D’Amato, candidato per il centrosinistra alle elezioni regionali nel Lazio sconfitto da Francesco Rocca, si è trasferito chez Calenda criticando la subalternità del Pd alle politiche grilline. Peccato che D’Amato fosse vicepresidente della giunta Zingaretti, la stessa che aveva accolto i consiglieri pentastellati in maggioranza.

Certo, il clima non è dei migliori neanche tra i fedelissimi di Schlein, presunti o tali. Basti pensare al poco incoraggiante: “Con questa non prendiamo nemmeno il 17 per cento” di Nicola Zingaretti. Che cosa ha voluto dire? Il messaggio è chiaro: se Schlein performerà peggio di Letta alle prossime europee, c’è il rischio che la sua segreteria venga troncata dai probiviri dem.

Mutazione genetica del Pd

L’ecatombe piddina testimonia la mutazione genetica in atto nel Pd. Espunto l’aggettivo “riformista” dal patrimonio lessicale dem; liquidato qualsiasi riferimento alla vocazione maggioritaria di Veltroni; incentivate le tendenze liberticide d’oltreoceano, come il wokismo e la cancel culture. È così che l’erede della stagione ulivista, nato dall’unione tra post-comunisti e democristiani di sinistra, si sta trasformando in quello che Augusto Del Noce avrebbe definito “partito radicale di massa”: un soggetto politico che incarna istanze ultra minoritarie. Come spiegava il politologo Domenico Fisichella in un’intervista su Atlantico Quotidiano, il Pd sta subendo un’erosione dovuta alla “spinta centrifuga” nella società civile. Potremmo parlare di Democrazia proletaria 2.0, perché no.

Il piano di Renzi

Le defezioni dal Pd fanno gola a molti: c’è chi vorrebbe rimpinguare le fila del fu Terzo polo. Matteo Renzi punta a sottrarre nomi e consensi ai dem in modo da lanciare a Bruxelles la sua nuova creatura, Il Centro. Da giorni il leader di Italia Viva sta facendo tappa in Lombardia, terra di tradizione storicamente moderata. Il suo è un opa ostile: Schlein ignora i centristi? Ci penso io a fare man bassa. Non solo negli ex feudi della Balena bianca, ma anche nelle aree metropolitane. Il Partito democratico, schiacciato tra la demagogia grillina alla sua sinistra e le velleità neo-dorotee alla sua destra, deve chiarire quale sia la sua missione. Altrimenti la fuga dei riformisti sarà inarrestabile.

 

Articolo completo: Il Pd si ribella a Elly Schlein (nicolaporro.it)

Sondaggi, la sorpresa su Schlein (e il dato che va visto davvero) e le uscite di Zaia…

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La rilevazione nei sondaggi Ipsos: cresce il Pd della Schlein, cala il centrodestra di Meloni. Ma c’è un grosso “però” da considerare

sondaggi vanno sempre presi con beneficio di inventario, soprattutto quando sono così lontani da una tornata elettorale. E poi casa sondaggistica che vai, risultato che trovi: variazioni percentuali, saliscendi, gradimenti che si muovono anche in base ai temi del momento. Eppure l’ultima rilevazione realizzata da Ipsos per il Corriere della Sera qualche indicazione la dà.  La prima l’avevamo esternata anche nella Zuppa di Porro di ieriElly Schlein alla fine della fiera, nonostante fosse sfavorita alle primarie, non solo ha vinto la sfida delle urne ma sta pure convincendo gli elettori di centrosinistra. Piace a quel circolo di giovani, meno giovani e anziani che vedono nella cancel culture, nel progressismo ambientalista e nel movimentismo emo-lesbo-trans-femminista il futuro della sinistra. Beati loro, vien da dire. Ma la democrazia funziona così. Funziona che fino a l’altro ieri Giuseppe Conte sembrava il sol dell’avvenire della sinistra (“un punto di riferimento fortissimo per i progressisti”, ebbe a dire Nicola Zingaretti) e adesso annaspa dietro Elly. Una Schlein che oltre al vantaggio di essere “nuova” è pure donna. E nella sfida con Meloni la cosa certo di male non fa.

I sondaggi su Elly Schlein

Lo si capisce dai sondaggi sul partito della Schlein. Il Pd è salito di due punti rispetto alla settimana del 23 febbraio 2023: rispetto al 17% cui era crollato, è risalito al 19%. Direte: “Fico”. Ed è vero. Però va anche notato un altro dettaglio: si tratta di una rincorsa affannata se si considera che alle politiche del 2022 il Partito Democratico di Enrico Letta, uscito bastonato dalle urne, raccolse il 19,1%. Cioè più di quanto valgono oggi i dem con Elly. Certo aver recuperato in così poco tempo il terreno perso non è cosa da poco, ma va anche detto che al momento il computo finale dei potenziali elettori dem non è “cresciuto” rispetto all’ultima tornata politica. Staremo a vedere nelle prossime settimane se la crescita di Schlein nei sondaggi continuerà con questi ritmi o se sarà solo la fiammata iniziale. L’obiettivo – alle prossime europee – sarà fare meglio di quel 22,7% raccolto nel 2019 dai suoi predecessori. Al momento mancano ancora 3,7 punti percentuali. Tanti.

Cala il centrodestra, ma…

E arriviamo agli altri partiti. Mentre il Pd cresce, il M5S scende: dal 17,5 di due settimane fa siamo arrivati al 16,8% con un saldo negativo di -0,7%. In negativo anche tutti i partiti di centrodestra: -0,7% per Meloni, -0,6 per Salvini, -0,2 per Berlusconi e -0,2 per Noi Moderati. Occhio anche qui, però: il dato riguarda la differenza rispetto all’ultimo sondaggio del 23 febbraio. Ma se osserviamo la differenza col risultato elettorale alle Politiche del settembre 2022, scopriamo che Meloni sta al 30,3% rispetto al 26% di cinque mesi fa mentre gli alleati annaspano (Lega: 8%, Forza Italia: 7,2%).

Per approfondire:

Le coalizioni: chi vince?

Interessanti anche i numeri sulle coalizioni, che poi a ben vedere è la partita dove si gioca il governo del Paese. Al momento Ipsos assegna al centrodestra il 46,5% dei voti e al centrosinistra il 24,5%. La distanza è netta, anche aggiungendo al centrosinistra la probabile alleanza col M5S (totale giallorossi: 41,3%). Guardiamo il dato rispetto alle elezioni del 2022: quando Meloni scoprì di essere la prima donna premier d’Italia, il contatore delle coalizioni diceva centrodestra al 43,8% (oggi il dato è maggiore del +2,7%), il centrosinistra al 26,1% (oggi il dato è inferiore del -1,6%) e l’eventuale alleanza giallorossa al 41,5% (esattamente come oggi). Cosa significa? Significa che al momento, al netto delle oscillazioni mensili e del calo nelle ultime settimane, la distanza tra centrodestra e centrosinistra non è cambiata. Per ora vince ancora Meloni. Domani, chissà.

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NOTA DI “CHRISTUS REX”: E’ innegabile, in questo contesto, che le dichiarazioni del Governatore leghista del Veneto Luca Zaia, favorevole al centro per il cambio di sesso all’ospedale di Padova, così come quelle del deputato Centinaio che apre alle unioni di fatto tra persone dello stesso sesso, sono assist di grande aiuto alla politica della Shlein che il segretario Matteo Salvini non può permettersi di liquidare con un semplice “non è una priorità”, riferito al concetto fluido di civiltà di Zaia. L’orizzonte valoriale dei conservatori deve essere differente da quello dei progressisti, altrimenti si alimentano l’astensionismo e la confusione. Restando, comunque, ciascuno libero di cambiare strada, percorso e…partito.

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Onorevole Schlein, l’aborto non è un diritto!

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Segnalazione Corrispondenza Romana

di Fabio Fuiano

Il 26 febbraio scorso, alle primarie del Partito Democratico (PD), la deputata Elly Schlein ha inaspettatamente sconfitto il suo sfidante, Stefano Bonaccini, conquistando così il ruolo di Segretario del PD. Le posizioni della Schlein, già dalle premesse, si rivelano ben più estreme rispetto a quelle dei segretari precedenti. Recentemente, è stato pubblicato un articolo ricordando le sue posizioni sull’obiezione di coscienza. Tuttavia, in tale sede, ci si vuole soffermare su un suo Tweet in occasione del ribaltamento della sentenza Roe v. Wade il 24 giugno scorso. La Schlein ha affermato : «La Corte Suprema Usa ha revocato il diritto costituzionale ad abortire, cancellando la sentenza #RoeVsWade. Ora potranno decidere i singoli stati. Un salto indietro di 50 anni, un terrificante salto nel buio in cui si cancellano i diritti delle donne a scegliere sul proprio corpo».

Al di là degli slogan, è necessario comprendere meglio perché le affermazioni della Schlein costituiscono un vero e proprio errore. Non basta, infatti, ripetere uno slogan per decenni o moltiplicare il numero di voci che si levano in tal senso affinché un’affermazione intrinsecamente erronea divenga vera. Dal momento che tale errore è stato persino codificato in una legge dello Stato, la 194 del 1978, che ritiene l’aborto a tutti gli effetti un “diritto”, come già spiegato dal dott. Tommaso Scandroglio (qui e qui), urge un serio approfondimento su cosa sia davvero un “diritto”. Per farlo, è buona cosa avvalersi della sana filosofia tomista compendiata nel celebre Trattato di Filosofia ad opera del professor Regis Jolivet (1891-1966), docente dell’Università Cattolica di Lione nel 1926. Egli ha trattato espressamente il tema del diritto e del dovere (Trattato di Filosofia, Volume V, tomo I, Morcelliana, Brescia, 1959, pp. 139ss). Non potendo dare nulla per scontato, si riportano qui le definizioni di “dovere” e “diritto” (pp. 140 e 163): «Il dovere (officium), in astratto, esprime l’obbligazione, la necessità morale di fare o di omettere qualche cosa. A questo titolo, esso è l’effetto formale della legge. Concretamente, la parola dovere designa  l’azione o l’omissione alla quale si è obbligati a causa della legge […]».

«In senso lato, ciò che si chiama diritto, come nell’ordine fisico significa cammino che procede senza deviare da un punto ad un altro, così, nell’ordine morale, etimologicamente, sta a indicare ciò che fa agire l’uomo senza farlo deviare dal suo fine ultimo. In senso stretto e tecnico, la parola implica l’idea di direzione, intesa come un comando e ordine della ragione (in latino ius, da iubeo, comandare). Da questo punto di vista, il diritto è ciò che è conforme alla legge, cioè il giusto».

Prosegue Jolivet (p. 164) affermando che il diritto «[…] è un potere morale, derivante cioè dalla ragione, potere che s’impone alla volontà libera e continua a sussistere a dispetto di tutte le costrizioni fisiche che impediscono il suo esercizio, creando negli altri lo stretto dovere di riconoscerlo e di rispettarlo; d’altra parte, il diritto in senso soggettivo è anche il potere di ognuno su ciò che gli appartiene, sia che lo possegga legittimamente (il suo corpo,  l’esercizio della sua attività, i beni materiali e morali), sia che possa in qualche maniera esigerlo (a titolo, per esempio, di salario o di giusto prezzo)».

Ora, essendo il diritto una relazione ad alterum, esso ha sempre un soggetto (chi esercita il diritto) un termine (su cosa si esercita) e un titolo: «Per oggetto del diritto si designa propriamente il termine materiale(o materia) del diritto: questa materia può essere sia la sostanza, sia l’attività degli esseri. Se si tratta di creature non ragionevoli, poste al servizio dell’uomo, l’uomo può rivendicare dei diritti sia sulla loro sostanza che sulla loro attività: è il principio del diritto di proprietà. L’uomo invece può rivendicare dei diritti sull’attività degli esseri intelligenti, e non sulle loro persone, le quali non hanno altro fine che Dio. Di qui la illegittimità della schiavitù».

Il titolo del diritto, in campo morale, è «il potere di possedere, di fare o di esigere qualche cosa» e «risiede nella connessione in cui l’atto, materia del diritto, si trova con il conseguimento del fine ultimo dell’uomo» (p. 167).

Alla luce di ciò ci si può chiedere: a che titolo Elly Schlein, gli abortisti e la 194, sanciscono un “diritto” di uccidere un essere umano innocente? Perché, ad essere onesti, questo è l’aborto. Essendo il diritto un potere che ognuno di noi esercita su ciò che gli appartiene, ed essendo l’aborto un atto che per sua natura agisce su un altro essere umano che non appartiene a nessuno (nemmeno alla madre), si innesca un’evidente contraddizione. L’oggetto del diritto, come specificato sopra, può essere esercitato solo sull’attività dell’uomo, ma non sull’uomo stesso. E che il concepito sia un uomo, per quanto piccolo, è scientificamente certo. Per di più, in che modo il titolo di un eventuale “diritto” all’aborto, proprio per la natura dell’atto abortivo che si esige dal medico (ovvero la materia del “diritto”), resterebbe connesso al conseguimento del fine ultimo per la donna? In effetti, la negazione di Dio è il postulato necessario perché si accetti come “lecita” la diretta ed intenzionale soppressione di un essere umano innocente.

Tuttavia, rispondiamo con Jolivet che «essendo Dio sorgente prima dell’ordine morale, il diritto è assolutamente primo; in Dio non vi sono, che dei diritti e non dei doveri propriamente detti, o, più esattamente, Dio è il Diritto vivente ed eterno, principio assoluto di tutti i diritti. Tutti i doveri delle creature procedono necessariamente dal diritto di Dio, creatore e legislatore universale e i loro diritti sulle cose o sull’attività altrui valgono solo nella misura in cui sono espressioni o determinazioni del diritto universale di Dio» (p. 172).

Dunque, non esiste alcun diritto ad abortire (o a non abortire, come alcuni affermano), ma solo un dovere assoluto di non uccidere mai l’innocente.

Un “gaio nichilismo” con a capo Elly Schlein

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di Riccardo Arbusti – 01/03/2023

Un “gaio nichilismo” con a capo Elly Schlein

Fonte: Il Secolo d’Italia

Il filosofo Del Noce lo aveva già previsto: la sinistra diventerà un “gaio nichilismo”. Con a capo Elly Schlein

Quale potrebbe essere, da un punto di vista filosofico, il nuovo profilo del Pd targato Elly Schlein? Non forzando troppo la mano potrebbe essere esattamente quello profetizzato dal filosofo Augusto Del Noce quando, a metà degli anni Ottanta del Novecento, descriveva l’emergere di un possibile “partito radicale di massa” quale esito “suicida” della cultura politica della sinistra che era stata precedentemente socialista e marxista.

Del Noce profetizzò la saldatura tra tecnocrazia e postmarxismo
Negli anni Ottanta, infatti, la saldatura in corso tra tecnocrazia e quel che restava del comunismo, tra ricca borghesia e popolo de-cristianizzato, veniva da Del Noce identificato in una sorta di superpartito trasversale, laicista e individualista che stava egemonizzando tutto il quadro. A questo superpartito, il filosofo torinese opponeva una nuova alleanza tra cattolici, socialisti non subalterni al laicismo e al marxismo e settori politici e sociali sensibili al richiamo della cultura nazionale italiana . Non a caso, si professerà in sintonia con l’analisi di Del Noce anche il filosofo postmarxista come Costanzo Preve quando scriverà dello scivolamento della cultura di sinistra verso «l’adesione inesorabile alla società radicale dei consumi».

Giuliano Ferrara stronca la Schlein: “Banale e modaiola, rischia l’irrilevanza. La Meloni è un’altra cosa”
La cultura azionista alla Scalfari utile a scardinare la questione sociale
L’incontro inevitabile tra ciò che restava del marxismo e l’ordine tecnocratico neocapitalistico è l’essenza della tesi del libro più politico di Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, del 1978. Il filosofo aveva infatti chiaro l’avversario politico-culturale di quella nuova forma di Risorgimento nazionale che Del Noce auspicava, come aveva ben presente l’avanzante minaccia “morbida” di una nuova forma di totalitarismo, quella che a suo dire veniva delineata secondo una strategia condotta dalla parte politica «che si riconosceva nel quotidiano la Repubblica e nelle idee del suo direttore, Eugenio Scalfari. Quel quotidiano, secondo il filosofo torinese, mettendo insieme la componente progressista della Dc rappresentata da De Mita insieme al risultato della laicizzazione del Pci, puntava dritto dritto al “partito radicale di massa” e, quindi, a egemonizzare il nuovo soggetto sulla base di una rinnovata cultura azionista, espressione diretta di una borghesia laicista, permissiva e, col pretesto della “questione morale” a annullare la centralità della questione sociale».

Il rifiuto da sinistra dei valori permanenti e lo slittamento verso il laicismo
Ricordiamoci come è proprio dalla celebre intervista di Berlinguer a Scalfari, del 1981, che il Pci in qualche modo compie una scelta sul fronte del progressismo azionista mettendo progressivamente in sordina la tradizione sociale e la rappresentanza dei ceti popolari. Del Noce definisce quella scelta un’opzione per la rappresentanza privilegiata – da parte della sinistra – della nuova borghesia, che – citiamo le sue parole – «è poi il soggetto storico degli ultimi decenni nelle sue abitudini, nei suoi costumi, nella sua mentalità. Ideologicamente questa nuova borghesia è caratterizzata dal timore di un qualsiasi risveglio religioso, sia cattolico, sia persino comunista, addirittura nella vecchia forma del marxismo come religione secolare. Si vuole dunque una società completamente secolarizzata, che rifiuti ogni sorta di valori assoluti, permanenti, immutabili». Si andava così prefigurando, a suo avviso, «un totalitarismo di nuova natura, assai più aggiornato, assai più capace di dominio assoluto di quel che i modelli passati non fossero». Un progetto, portato avanti, da quello che lui definiva «il superpartito tecnocratico che attraversa i partiti, che ha in possesso le sorgenti di informazione, che cura la propria apologia attraverso la casta degli intellettuali, che è equamente ripartito secondo le varie posizioni culturali e politiche dai cattolici ai comunisti…». Insomma quella che oggi chiamiamo la sinistra della Ztl o dei salotti o dei “comunisti col rolex”.

L’orizzonte umano coincide col piacere del singolo
È proprio questa l’essenza della “società radicale”, che non può che assumere una forma tecnocratica, inevitabile, per dirla con Del Noce, «in una realtà in cui i valori etico-politici sono sostituiti da criteri strumentali: è la società della massima oppressività possibile, quella il cui fondamento è il principio pragmatico esteso a tutti i rapporti sociali, in cui tutto sembra passare in via privilegiata per il diritto assoluto degli individui al soddisfacimento dei propri desideri». Se la natura diviene, in altre parole, solo un oggetto per l’uomo, e se la società viene pensata solo nei termini dei vantaggi che essa può assicurare al piacere del singolo, allora il problema di un valore “trascendente” della natura e della società – la religione, la morale, la prospettiva nazionale – appare come privo di senso. La sinistra postmarxista raggiunge così la perfetta negazione della trascendenza, il rifiuto dell’esperienza immediata e della consapevolezza della realtà, sia per ciò che riguarda la natura, sia per ciò che riguarda la società: il mondo e l’uomo emergono soltanto come ciò che appaiono e la misura concreta che li avvince al soggetto umano è soltanto il soddisfacimento dei suoi bisogni e desideri. Non c’è, anche in questo, una prefigurazione dell’orizzonte liquido, sradicato, indifferenziato, politicamente corretto e “sostenibile” degli scenari a noi contemporanei?

La nuova religione tecnologica profetizzata da Del Noce
Annotava appropriatamente Del Noce: «Si sta organizzando dunque una società globale, che trae la sua forza dalla conciliazione del massimo dell’oppressività con l’aumento del benessere». Di fronte a questa presa d’atto, il filosofo torinese arriva esplicitamente a domandarsi: «Significa che il pieno fiore della civiltà tecnologica coinciderà con il rispetto di tutti gli individui, visti nella loro individualità? Mi pare sia proprio qui l’illusione che si tratta di dissipare. Facciamo l’ipotesi di un governo mondiale diretto da un’élite di grandi scienziati e di grandi tecnici. Per essere però del tutto coerenti, dobbiamo supporre uomini ridotti alla pura dimensione scientifica, e nient’altro. Ovviamente essi non potranno ragionare che in termini di potenza, di efficacia, di organizzazione… Si avrà un’umanità divisa nettamente in due classi, quella di coloro che in qualche maniera partecipano a questa conquista, quella di coloro che a essa sono superflui. Se anche si vorrà pensare che a costoro verrà garantito un minimo vitale, essi però non potranno che servire, sapendo che ogni tentativo di sottrarsi alla loro condizione è del tutto inutile e assurdo, per la potenza senza pari che sarà concentrata in poche mani, quelle dei custodi della religione tecnologica».

Il “nichilismo gaio” della sinistra di Elly Schlein
La “società radicale” era stata profetizzata nel migliore dei modi da Del Noce già in una lettera del gennaio 1984 a Rodolfo Quadrelli e descritta nei termini di un totalitarismo morbido dai tratti nichilisti, un “nichilismo gaio”, un totalitarismo senza inquietudine. Per Del Noce il “nichilismo gaio” appariva tale – forse quarant’anni fa se ne resero conto in pochi – anche nel riferimento a una sessualità neutralizzata e “gender”, così come si sostiene recentemente. «Si può infatti dire – annotava – che tende a intendere l’amore sempre omosessualmente, anche quando mantiene il rapporto uomo-donna, immaginando una relazione sessuale indifferenziata», escludente il principio di “differenza” tra i generi. «Tale nichilismo – precisava – è esattamente la riduzione di ogni valore a valore di scambio: l’esito borghese massimo, nel peggiore dei sensi, del processo che comincia con la prima guerra mondiale. Il peggiore annebbiamento che il nichilismo genera è la perdita del senso dell’interdipendenza dei fattori della nostra storia presente; infatti a ben guardare, non è che l’altra faccia dello scientismo e della sua necessaria autodissoluzione da ogni traccia di valori che non siano strumentali».

Del Noce faceva propria l’analisi di Pasolini
Insomma, Del Noce – e lo rilevò più volte – si riteneva in pieno accordo con il Pier Paolo Pasolini che non solo negli Scritti corsari ma anche nel suo ultimo discorso pubblico alla Festa nazionale dell’Unità del settembre 1975 contestava alla sinistra quel “progressismo” – incipiente in quegli anni Settanta ma oggi dominante ed egemone – che a suo dire era il tratto trasversale e coinvolgente di tutta la realtà nel mondo dell’omologazione compiuta. Anche il Pci, a suo dire, era di fatto già “inquinato” – così lui spiegava – da «quel falso laicismo, e da quel falso progressismo, con cui il potere ammanta la sua ideologia consumista. Cioè, la televisione o anche la scuola. I modelli di vita che offre la televisione sono, per quanto laidamente, laici. Chi viene offerto alla vostra indicazione? Non certamente un santo eremita, o un prete che fa delle belle prediche. Viene esposto alla vostra indicazione un giovane cretino e una giovane cretina. Laici, che godono la vita. La cui religione è il pic-nic, il weekend, la macchina, il profumo, il sapone, le belle scarpe, i blue jeans, eccetera. …. Anche i voti andati a sinistra – denunciava Pasolini, in pieno accordo con Del Noce – sono “inquinati” da un laicismo e un progressismo, che noi non possiamo condannare, dal nuovo modo di produzione, cioè dalla nuova cultura e dal nuovo Potere». E oggi, quasi cinquant’anni dopo quel laicismo e quel progressismo sono diventati la piattaforma ideale ufficiale della nuova sinistra del Pd. Alla cui guida non si poteva che scegliere una leader come Elly Schlein.

Quei finanziamenti del PD ad un certo mondo “cattolico”

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                                                                                                                                         Mezzetti – Zuppi -Mazza – Bonaccini

 

di Matteo Castagna (pubblicato su Informazione Cattolica di oggi)

“Tres organizaciones caritativas de la Compañía de Jesús (jesuitas) han recibido en los últimos años más de un millón y medio de Open Society Foundations, la fundación del magnate pro aborto George Soros”.

La notizia viene data dalla Aci Press di ETWN, che è il maggior circuito internazionale di informazione del mondo cattolico ufficiale.

Pertanto appare difficile poterla annoverare come fake new oppure come la sparata dei soliti complottisti. Ulteriore notizia è che il circuito in italiano non ha ripreso la cosa, che, evidentemente risulta almeno imbarazzante.
AciPrensa riassume: «Tre organizzazioni caritative della Compagnia di Gesù negli ultimi anni hanno ricevuto oltre un milione e mezzo (di dollari) dalla Open Society Foundations, la fondazione del magnate abortista George Soros».
Inoltre, nel sito web della Jesuit Worldwide Learning Higher Education at the Margins «riconosce la Open Society come uno dei suoi soci».
L’agenzia di stampa si dilunga poi sui finanziamenti di Soros alle organizzazioni abortiste e genderiste nel mondo (ad es. i 12 milioni di dollari donati alla International Planned Parenthood), aspetti che per i cattolici italiani sono abbastanza noti grazie al lavoro di agenzie di stampa cattoliche e indipendenti. Quel che ACI – e molti altri – ignora è che persone di Soros sono entrate nei gangli del sistema di potere italiano, quali le giunte regionali a guida Partito Democratico.
Una per tutte, Elly Schlein (vedi qui), attuale vice presidente della “Regione rossa” e collegata alla Open Society di Soros quando era eurodeputata (vedi qui).

Sono altresì poco noti i finanziamenti dati dal Partito Democratico ad alcune componenti del mondo cattolico ufficiale.

Basti, come esempio, il milione e mezzo di Euro donati ai dossettiani, portati alla luce dal coraggioso consigliere regionale Daniele Marchetti della Lega (vedi qui). Continua a leggere