Foa, il mostro della settimana

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di Marcello Veneziani

Ma non vi vergognate di accusare il governo in carica e Salvini in particolare, di spartirsi le nomine come voi praticate da una vita? Non vi vergognate – voi sinistra, voi clero intellettuale di sinistra, voi giornali e tg di sinistra, voi navigati sindacalisti Rai e voi più ipocriti e paludati benpensanti di cripto-sinistra – di gridare allo scandalo e di indignarvi solo perché i grillini e i leghisti, in modo naive, ricalcano le vie della lottizzazione che voi praticate con professionismo servile da decenni? Anzi, al tempo di Renzi toccò perfino rimpiangere la spartizione di sempre, perché prese tutto lui, in Rai e non solo. Stavolta la pietra dello scandalo è stato Marcello Foa, venuto dal Giornale di Montanelli e poi rimasto nel Giornale di Feltri fino a quando si è trasferito nel Canton Ticino a insegnare scienza della comunicazione e a amministrare un gruppo editoriale ticinese. Mai fatto politica, nessuna macchia nella fedina penale e nella reputazione, nessun legame sospetto. Nulla di scandaloso. Ma per il valoroso Collettivo dell’Informazione italiana più Pd, a cominciare dalla Corazzata Repubblika, Foa dice di essere allievo di Montanelli (un millantatore, dunque), insegna manipolazione delle notizie cioè fake news e non scienza della comunicazione, è addirittura ospite di Russia Today e dunque è un prezzolato al servizio di Putin, ha persino ritwittato qualcosa di tale Francesca Totolo, “patriota finanziata da Casa Pound” (che notoriamente dispone di miliardi, altro che il povero Renzi col suo piccolo aereo di carta, a spese nostre, che costava qualche centinaio di milioni). Continua a leggere

E ora vai col ricambio

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di Marcello Veneziani

Li aspettano al varco, coi fucili spianati. In Rai, nei Ministeri, nel settore pubblico, ovunque ci saranno nomine. E già cominciano a miscelare minacce e vittimismo. Riprendono, come accade almeno da 24 anni, dal primo breve governo Berlusconi, a parlare di liste di proscrizione, di teste tagliate, appena qualcuno si azzarda a parlare di cambiamento.

Prendete per esempio la Rai. Un tempo seguiva un criterio deprecabile chiamato lottizzazione, ovvero si spartivano gli incarichi tra i partiti. Poi arrivò Renzi e fece l’asso pigliatutto; e non ebbe come alibi, io però ci metto i migliori; no, mise scartine, servette, lecchini ad personam ai posti di comando. E adesso, appena qualcuno accenna dal governo alla necessità di cambiare, adottano un sistema sperimentato: alzano il tiro contro il governo, marcano di più tutto ciò che lo contrasta, perché così se li buttano fuori, diranno che è per la censurare la loro notoria indipendenza. E non perché sono inadeguati, perché il ricambio è previsto in democrazia, perché hanno fatto flop, e perché erano lì non per meriti e qualità ma solo perché erano al servizio della ditta. No, si protesteranno discriminati, vittime dei populisti, sovranisti, fascisti, razzisti, nazisti, dunque caduti per la libertà. Continua a leggere