Zona Rossa, Report fa chiarezza sul famoso rapporto dell’Oms: guai per Roberto Speranza

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Report è un noto programma di inchieste su temi di carattere economico e sociale. Lo show è condotto da Sigfrido Ranucci e va in onda ogni lunedì sera su Rai 3. Nella puntata andata in onda ieri, 8 Novembre 2021, Report ha smentito Roberto Speranza e Silvio Brusaferro sul rapporto Oms ritirato sulla gestione in Italia dei primi mesi della pandemia. La vicenda risale al maggio del 2020 ed ancora oggi un tema caldo, che Report ha affrontato nel servizio “La resa dei conti”.

Zona Rossa, Report fa chiarezza sul rapporto dell’Oms: guai per Roberto Speranza

Nella puntata di ieri, 8 Novembre 2021, il programma di Rai 3 Report, attraverso il servizio “La resa dei conti”, è tornata sul caso che del rapporto Oms pubblicato, rimosso e mai più pubblicato sulla gestione dei primi mesi della pandemia in Italia. La vicenda del maggio 2020 ha indotto il ricercatore Oms Francesco Zambon a dimettersi. Ora la nota trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci ha svelato nuovi documenti e intercettazioni da cui emergono azioni e parole del ministro della Salute, Roberto Speranza.

Lo scorso 28 aprile in Senato, come riportato da Start Magazine, il ministro Speranza sul ritiro del rapporto dell’Oms ha dichiarato: «È esclusivamente una decisione interna all’Organizzazione mondiale della Sanità. È stato ritirato per inesattezze fattuali. Tra gli errori, quello relativo alla timeline dell’epidemia in Cina. La stessa Oms Europa ha dichiarato che in nessun momento il Governo italiano ha chiesto all’Oms di rimuovere il documento». Ora i messaggi tra il ministro e Silvio Brusaferro riportati da Report andrebbero a smentire Speranza sul suo ruolo che ha sempre negato nella vicenda.

“Scagionata” in parte Regione Lombardia

Una puntata decisamente scoppiettante quella di ieri sera di Report su Rai 3. Il programma ha cercato di scagionare in parte la Regione Lombardia per la mancata chiusura di Alzano e Nembro, che secondo i pm di Bergamo che indagano per epidemia colposa è costata migliaia di morti. Come riportato da Il Giornale.it, fu il direttore della sanità lombarda Luigi Cajazzo a scrivere all’Oms chiedendo la zona rossa il 7 marzo 2020.

Una parziale riabilitazione per la Regione guidata da Attilio Fontana e per lo stesso Cajazzo, indagato per aver riaperto il Pronto Soccorso dell’ospedale di Alzano dopo i primi contagi, ordine che Cajazzo però dice di non aver mai dato. Inoltre, ricadrebbe sotto la piena responsabilità del ministro della Salute Roberto Speranza la mancata attuazione del piano pandemico. A confermarlo ci sarebbe un parere legale firmato dal magistrato Nicola Ruggiero, richiesto dal ministero e inviato a Goffredo Zaccardi, da qualche settimana ex capo di gabinetto del ministro Leu.

Quando riprende Report 2021-2022: tutte le novità del programma di Rai 3

Fonte: https://tvzap.it/news/report-chiarezza-famoso-rapporto-oms-roberto-speranza/

Speranza tradito dal suo libro. “Covid? Sapevo da dicembre”

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Il ministro rivela di aver appreso di focolai da Wuhan. “A novembre vidi un ministro cinese ma era tranquillo”

di Felice Manti e Edoardo Montolli

Il libro mai uscito del ministro della Salute Roberto Speranza Perché guariremo gira ormai tra le redazioni come un nuovo virus. Ma già a pagina 28 si resta davvero colpiti. Scrive il ministro: «Il 31 dicembre, le autorità (della Cina, ndr) hanno segnalato all’Oms molti casi di una malattia che somiglia alla polmonite, nella provincia di Wuhan». Ma subito l’esponente Leu aggiunge: «Era tutto il mese che si rincorrevano le voci su nuovi focolai virali in quella provincia e che consultavo le notizie con più attenzione del solito, vagliando quelle provenienti da Oriente». Ma notizie su focolai virali prima del 31 dicembre noi non le abbiamo mai trovate. Tanto è vero che Taiwan chiude le frontiere solo quando capta la prima voce di un focolaio di polmonite a Wuhan: e ad oggi l’isola, che conta quasi 24 milioni di abitanti, piange solo 11 morti per Covid.

Dice Fabrizio Gatti, autore del libro L’infinito errore: «L’indagine (farsa) Cina-Oms che certifica l’esistenza di più focolai attivi già a inizio dicembre a Wuhan e in Hubei (quindi con contagi a metà novembre) è di qualche settimane dopo». Da dove arrivano allora queste informazioni? E da chi? Le frasi immediatamente successive stupiscono ancora di più: «Il 7 novembre avevo ospitato a Roma il ministro della Salute del governo cinese, Ma Xiaowei. Avevamo sottoscritto un accordo tra i due servizi sanitari (…) Non mi era sembrato che nutrisse particolari preoccupazioni sul suo Paese». Ma per quale ragione il 7 novembre il ministro cinese doveva essere preoccupato? Perché Speranza dà per scontato che il suo collega cinese ne sia addirittura informato due mesi prima?

Non basta. L’accordo Speranza-Xiaowei è un Piano d’azione di cooperazione sanitaria focalizzato su cinque punti. Il terzo è dedicato alle malattie infettive e ad eventuali pandemie. E recita, in proposito, che Italia e Cina dovranno «sviluppare e sostenere strategie di prevenzione» contro «la vulnerabilità del sistema di risposta alle emergenze infettive» e «sviluppare collaborazioni in risposta alle più importanti emergenze di salute pubblica», per esempio «la pandemia di malattie infettive come l’influenza». Sembra un dettaglio, e una coincidenza. E forse lo è. Ma il ministro aggiunge: «A gennaio 2020 mi rendo conto che il Servizio sanitario nazionale sta andando verso una tempesta che lo metterà a dura prova». E allora per quale ragione il 15 febbraio l’Italia dona alla Cina sedici tonnellate di materiale medico-sanitario di protezione personale tra mascherine, tute e occhiali protettivi, guanti e termometri? Perché questa enorme privazione già sapendo che eravamo sguarniti?

Peraltro, per tutto il libro – come notano molti colleghi tra cui Francesca Nava di La7 – non viene mai citato lo strumento principe per contrastare una pandemia: il piano pandemico. «Mentre invece l’ex sottosegretario alla Salute Sandra Zampa a Omnibus ne rivendicava l’applicazione. Ma il piano del 2006 era utile o era inutile come ha sempre detto Speranza perché il Covid non è un’influenza», scrive la Nava su Facebook.

E sul piano pandemico Il Giornale ha scovato un’altra prova che sbugiarda il ministro. Il 21 aprile il direttore dell’Ufficio di Prevenzione del ministero Francesco Maraglino, in nome del viceministro della Sanità Pierpaolo Sileri, scrive che lo stesso piano pandemico è da considerarsi «un piano di carattere strategico a cui devono seguire dei piani operativi». Insomma, è carta straccia, come diceva il report Oms fatto sparire il 13 maggio da Ranieri Guerra perché inchiodava l’Italia ai suoi errori, report di cui il ministro Speranza era al corrente già dal 14 aprile e che lo aveva «deluso».

E mentre al Senato venivano depositate tre mozioni di sfiducia di Fratelli d’Italia, ex grillini e il gruppo di Gianluigi Paragone Italexit, il leader della Lega Matteo Salvini ribadisce che non le voterà: «Preferisco una commissione parlamentare». In realtà basterebbe leggersi il libro di Speranza…

Fonte: https://www.ilgiornale.it/news/politica/speranza-tradito-suo-libro-covid-sapevo-dicembre-1940549.html

È giallo sui file desecretati: spariti i verbali sulla zona rossa ad Alzano e Nembro

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Noi crediamo che per molto meno in un Paese normale il premier dovrebbe DIMETTERSI…(n.d.r.)

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Dai verbali desecretati emerge che il Cts voleva chiusure differenziate. Assenti i dossier più spinosi su Alzano e Nembro

Sono stati per settimane al centro del dibattito politico. E potrebbero rivelare molto sulla gestione dell’emergenza coronavirus in Italia da parte dei nostri governanti. Ora i famigerati verbali prodotti dal Cts (Comitato Tecnico Scientifico) sul Covid sono stati pubblicati. Sono online. E sono apparsi questa mattina sul sito della Fondazione Luigi Einaudi. Desecretati. Sono alla base della stesura dei Dpcm del governo durante la pandemia. Atti non più segreti, dunque, che ora faranno luce sulla gestione dell’epidemia.

La novità maggiore che emerge dalla lettura delle oltre 200 pagine è la seguente. Come scrive Repubblica, il 7 marzo scorso con un documento riservato inviato al ministro della Salute, Roberto Speranza, il Cts proponeva al governo di “adottare due livelli di misure di contenimento”. Non un lockdwon generale che blindasse l’Italia intera, ma azioni di contenimento differenziate: una riguardante i territori in cui si osservava una maggiore diffusione del virus, l’altra riguardante il resto del territorio nazionale.

Il comitato spingeva, quindi, per azioni più rigorose in Lombardia e nelle province di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini e Modena, Pesaro Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria e Asti. Due giorni dopo, però, il presidente del Consiglio con il Dpcm del 9 marzo dava il via alla serrata estendendo le stesse misure a tutto il Paese. Senza distinzioni. E senza giustificazioni apparenti.

Dopo la richiesta da parte della Fondazione Einaudi, questi documenti sono stati desecretati e pubblicati. La fondazione aveva chiesto, il 14 e il 18 aprile, l’accesso ai testi degli scienziati. Qualcosa che avrebbe fatto luce sulle misure adottate dal governo fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria. E, soprattutto, avrebbe chiarito la legittimità della compressione delle libertà costituzionali messa in discussione da singoli cittadini e dalle opposizioni.

Il governo si era inizialmente rifiutato di rendere pubblici gli atti. Il 22 luglio scorso, poi, il Tar aveva accolto il ricorso presentato contro questo diniego. Ma l’esecutivo aveva fatto a sua volta ricorso e il 31 luglio il Consiglio di Stato sospendeva l’effetto della sentenza del Tar del Lazio. In sostanza, quello sugli atti del Cts è stato un braccio di ferro andato avanti per mesi e su cui anche l’opposizione aveva dato battaglia.

Il centrodestra, e anche il Copasir, in particolare, chiedevano di renderli pubblici. Queste pagine sono firmate dal comitato istituito con un’ordinanza del capo della protezione civile il 3 febbraio scorso. I cinque verbali sono datati 28 febbraio, 1 marzo, 7 marzo, 30 marzo e 9 aprile 2020. Ma non sono tutti. Mancano, ad esempio, le riunioni dai primi giorni di marzo, quelle della mancata zona rossa ad Alzano e Nembro, in Val Seriana. Fondamentali per ricostruire quelle giornate.

Sull’assenza dei verbali che riguardano la mancata “zona rossa” del Bergamasco sono intervenuti i parlamentari leghisti. In particolare, Roberto Calderoli, Daniele Belotti, Simona Pergreffi e Rebecca Frassini. Tutti originari di quella provincia lombarda. “È inaccettabile che il governo tenga ancora secretati i verbali relativi alla zona rossa di Alzano e Nembro. Chiediamo con forza che venga resa nota anche la parte della documentazione del Cts che è stata consegnata alla Fondazione Einaudi. Presenteremo immediatamente un’interrogazione urgente sia alla Camera che al Senato perché consideriamo grave che non si faccia chiarezza su uno degli aspetti più delicati della gestione dell’emergenza, ovvero la mancata zona rossa in bassa Val Seriana”.

C’è un’indagine in corso da parte della Procura di Bergamo, ma è un diritto dei cittadini, dei bergamaschi in particolare, conoscere il contenuto di quei verbali per capire perché prima il governo ha inviato centinaia di carabinieri, poliziotti e militari pronti a chiudere gli accessi ad Alzano e Nembro per poi sospendere tutto optando per la zona arancione in tutta la Lombardia.

“A questo punto – sottolineano gli esponenti della Lega – si faccia chiarezza su ogni aspetto per verificare anche se qualche esponente politico ha fatto pressioni sul governo perché non fosse istituita la zona rossa e se qualche parlamentare o consigliere regionale, oltre a Giorgio Gori quando era candidato governatore della Lombardia, ha ricevuto consistenti contributi da aziende della zona. Tutto legittimo, i bonifici per candidati e partiti politici sono ammessi, ma vista la situazione, le voci e l’inchiesta in corso, è doverosa la massima trasparenza e se qualche parlamentare, magari dell’attuale maggioranza, ha ricevuto un aiuto per la propria campagna elettorale, magari di 10mila euro, da un’azienda, magari di Nembro, ha il dovere verso la cittadinanza di dichiararlo pubblicamente se vuole dare un contributo alla chiarezza. Anzi ci aiuti a chiedere la desecretazione dei verbali del Cts al presidente Conte”.

L’evoluzione recente del destino di questi documenti è presto detta. Ieri sera alle 21.15 sono stati trasmessi tramite pec dal capo della protezione civile, Angelo Borrelli, agli avvocati Enzo Palumbo, Andrea Pruiti Ciarello e Rocco Mauro Todero. Il governo, in soldoni, ha fatto un passo indietro, decidendo di rivedere la propria posizione e anticipando il prevedibile esito dell’udienza fissata per il 10 settembre davanti al Consiglio di Stato. Termina così una lunga battaglia sostenuta da molti parlamentari e da gran parte dell’opinione pubblica italiana.

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