Tosi contro la diffamazione. Ma ha querelato 69 volte e domani va a processo coatto per calunnia nei confronti di Report

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Mentre la legge per depenalizzare il reato langue, si fa notare il curioso caso del sindaco di Verona

Libertà di stampa

di Marco Milioni

Quando ieri i media hanno rilanciato la notizia della giovane donna denunciata da un parroco salentino che era stato ingiuriato per non avere ceduto alle lusinghe sessuali d’una 36enne, la stampa ha nuovamente dovuto fronteggiare la querelle, non ancora sopita, sulla depenalizzazione proprio del reato di ingiuria. La sua trasformazione in illecito civile, anche se può costare cara (come ricorda il Sole 24 Ore), ha scatenato un polverone. Da una parte ci sono coloro, anche fra la maggioranza parlamentare, ai quali la legge approvata da Palazzo Madama e da Montecitorio è andata di traverso. Dall’altra si è schierato chi invece sostiene che si debba depenalizzare anche il reato “cugino”, ovvero la diffamazione. La quale altro non è che una ingiuria verso un terzo non presente nel momento in cui l’offesa, pur di fronte a due o più testimoni, viene proferita.

Il dibattito si è poi arroventato quando il 3 maggio la commissione giustizia in Senato ha varato una norma, poi abortita, che prevedeva fino a nove anni di carcere per i la diffamazione a mezzo stampa, colpendo i giornalisti che diffamano amministratori pubblici, magistrati e parlamentari. L’iniziativa, bollata come «bavaglio voluto dalla casta», aveva scatenato reazioni così dure da obbligare Palazzo Madama ad una clamorosa marcia in dietro. Tra coloro che avevano criticato la legge allo studio delle Camere c’è pure il sindaco di Verona Flavio Tosi che sul portale farecontosi.it ha pubblicato una sua lettera indirizzata al quotidiano Libero: «Anche il solo pensare di varare una legge che punisca con nove anni chiunque diffami un parlamentare, mentre in Italia veri delinquenti e pure criminali pericolosi la fanno quasi sempre franca, è pura follia. Anzi: è delirio etilico».

E se non é parlamentare, Tosi di querele ai giornalisti se ne intende. Il caso Report insegna. Stando infatti ai dati in possesso dell’amministrazione comunale scaligera, le querele sporte dal sindaco Tosi sono 69 (nel 2014 erano 74, almeno secondo il Corriere del Veneto). 34 procedimenti sono all’esame della magistratura. Undici si sono sono conclusi con la remissione della querela, 22 procedimenti sono stati archiviati, uno è stato definito con l’assoluzione dell’imputato ed uno solo con la condanna degli imputati. In alcuni casi è stato necessario conferire incarichi esterni in quanto alcuni procedimenti non erano di competenza del Tribunale penale di Verona: il costo di questi ultimi ammonterebbe quindi a 29mila euro.

La nuova legge sulla diffamazione, quella che dovrebbe abolire il carcere per i giornalisti e diminuire le sanzioni pecuniarie accessorie, come viene sollecitato per esempio da diversi organi internazionali come l’Ocse, langue in Commissione Giustizia. E viste le continue modifiche, tra le altre, dovrà passare per una nuova lettura alla Camera. Questo racconta nel dettaglio il portale Ossigeno.it: «Il messaggio è chiaro: si preferisce lasciar pendere una spada di Damocle sul giornalismo. Il cronista che tratta notizie delicate e controverse deve sapere che se sbaglia rischia l’incriminazione per un reato punito con estrema severità».

Ma c’è un aspetto ancor più grave del quale nessuno sembra voler parlare. Il legislatore, come denunciato da Vvox.it nel gennaio dello scorso anno, si è ben guardato dall’introdurre nel disegno al vaglio delle Camere la non punibilità per chiunque riferisca, documentandolo, il pensiero di terzi. È la base del diritto di cronaca giornalistica, ma è un diritto che pertiene anche al semplice cittadino. Sono ben sette i senatori veneti che fanno parte della commissione giustizia, e da loro poco o nulla si è sentito al riguardo. Per non parlare dei giornalisti di caratura che siedono nella medesima commissione, come i democratici Rosaria Capacchione, Luigi Manconi e l’ex Pd Corradino Mineo. Verrebbe da dire che i giornalisti sono proprio una lobby da quattro soldi. Tranne quando sono chiamati a risarcire tizio piuttosto che caio. Allora, specie se si tratta di uno che conta, il tassametro sale.

Fonte: www.vvox.it

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