Sempre meno persone preoccupate per il clima. Lo schiaffo dell’Istat a Greta Thunberg

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di Michele Iozzino

Roma, 22 apr – Sempre meno persone sono preoccupate per il clima, almeno stando a dati Istat. Una notizia che forse farà piangere Greta Thumberg. Ma si sa, in quello show business che è oggi l’informazione, le mode vanno e vengono.

Il rapporto Bes dell’Istat: “Nel biennio 2020-21 persone meno preoccupate per il clima”

Secondo il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) dell’Istat, nel biennio 2020-2021 si è registrata in tuta Italia un’inversione di tendenza rispetto alla preoccupazione riguardante i cambiamenti climatici. Fino al 2019 la percentuale di persone, in un’età compresa dai 14 anni in su, che riteneva che i cambiamenti climatici e l’aumento dell’effetto serra fossero i principali problemi ambientali, era in crescita. Negli ultimi anni questa percentuale è passata dal 71% al 66,5% del 2021.

Se da una parte questi numeri rimangono comunque rilevanti, dall’altra una simile diminuzione non può passare inosservata. Tanto più che negli ultimi anni la propaganda su questo tema è stata a dir poco martellante. Simbolo dell’attenzione mainstream e un po’ facilona alle questioni ambientali è stata sicuramente Greta Thumberg. La piccola attivista svedese era diventata un fenomeno mediatico globale, mentre oggi sembra scomparsa dalla scena.

La spettacolarizzazione dell’ambientalismo e il suo declino

In questi tempi di spettacolarizzazione della politica e delle informazioni, anche le notizie hanno il loro ciclo vitale. Le battaglie di opinione che prima sembravano importantissime lasciano in fretta lo spazio a qualcos’altro. Un susseguirsi di ondate, in cui un singolo argomento tiranneggia e cannibalizza l’attenzione di tutti per poi finire nel dimenticatoio. Così l’ambientalismo ha dovuto cedere il passo a temi via via più scottanti. Prima il Covid, oggi la guerra in Ucraina, domani chissà.

Un doccia gelata per tutti quelli che credevano che la green economy fosse la battaglia del futuro o per quelli che avevano il poster di Greta Thumberg in camera. Anzi, di tutta una stagione ambientalista rimangono più che altro i tentativi più o meno riusciti del cosiddetto green wasching, ovvero tutti quei modi da parte delle aziende per accaparrarsi nuove fette di mercato dandosi un’immagine più ecologica.

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/politica/sempre-meno-persone-preoccupate-per-il-clima-231293/

Greta canta “Bella Ciao”. La paladina green alza bandiera rossa

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di Redazione www.nicolaporro.it 

Fa un certo effetto sapere che la quasi totalità dei leader mondiali continui a prostrarsi di fronte a una ragazzina svedese che canta e balla sulle note di “Bella Ciao”. Sì, perché ci fa capire, oltre ogni ragionevole dubbio, in che direzione sta andando il mondo. Quale sarà, volenti o nolenti, il nostro futuro. Non ci credete? Guardate questo video in cui Greta e i suoi adepti si divertono mentre in sottofondo si innalza potente il canto della Resistenza. 

Video Player alla fonte
sistema capitalistico

Pensate forse che quello di Milano possa essere un episodio isolato? Che Greta sia stata in qualche modo contagiata dall’aria rossa della città meneghina? Tutt’altro. Ecco un altro video, risalente a due anni fa, in cui la Thunberg e “compagni” cantano un inno ambientalista a Torino utilizzando, ancora una volta, la base melodica di “Bella Ciao”.

#GretaThunberg DAL PALCO DI TORINO GRETA THUNBERG CANTA BELLA CIAO

Questo il testo integrale della canzone cantata dagli attivisti green o, per meglio dire, red:

We need to wake up
We need to wise up
We need to open our eyes
And do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now

We’re on a planet
That has a problem
We’ve got to solve it, get involved
And do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now

Make it greener
Make it cleaner
Make it last, make it fast
and do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now

No point in waiting
Or hesitating
We must get wise, take no more lies
And do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now

“Dobbiamo costruire un futuro migliore”. Questo il succo della canzone. E in effetti questa è sempre stata l’utopia delle ideologie di stampo marxista. L’arrogante pretesa di sapere quale sia il futuro migliore per tutti. E ancora: “La Terra ha un problema, dobbiamo risolverlo”. La lotta per il clima è l’odierna lotta di classe. E chi la pensa diversamente diventa l’equivalente del vecchio borghese.

E’ inutile che ci prendano in giro. L’ambientalismo declinato in questa maniera, non è nient’altro che un mezzo politico molto furbo per attaccare il fondamento dell’odierna società occidentale: il sistema capitalistico. Anche perché, se così non fosse, i paladini dell’ambiente eviterebbero di utilizzare simboli politici divisivi, come appunto Bella Ciao. E magari potrebbero concentrarsi sull’andare a protestare là dove serve davvero, come ad esempio in Cina, paese in cui l’inquinamento negli ultimi anni è aumentato molto più che all’Ovest.

L’aspetto più preoccupante, però, è che queste sono le nuove leve. Sono coloro che vengono incoraggiati da Papa Francesco. Sono quelli al cospetto dei quali il nostro premier Mario Draghi e il nostro ministro Cingolani si cospargono il capo di cenere, e magari fossero solo loro. Sono i volti puliti che servono alla sinistra mondiale per portare avanti le narrazioni utili alla causa politica e che vengono quindi spinti da tutti i media mainstream.

Ma noi la verità la conosciamo: cambiano i tempi, cambiano i mezzi e i messaggi, ma non gli uomini e i loro obiettivi. Inutile prendersela con Greta e i ragazzi. Il problema è chi c’è dietro. Chi, sconfitto innumerevoli volte dalla storia, ha purtroppo ancora in mano il potere di scriverla. E prova a farlo con mezzi molto più subdoli rispetto al passato. In questo aveva ragione da vendere Berlusconi. Sono ancora, oggi, come sempre, dei poveri comunisti!

Altro che Fridays 4 Future, pray 4 future…

Fonte e Video: https://www.nicolaporro.it/greta-canta-bella-ciao-la-paladina-green-alza-bandiera-rossa/

Greta e i 5 falsi miti dell’ambientalismo

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Fonte: https://www.nicolaporro.it/greta-e-i-5-falsi-miti-dellambientalismo/

di Francesco Giubilei

L’avvicinarsi della Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow a novembre, accende di nuovo i riflettori sul tema ambientale che, pur non essendo mai uscito dall’agenda mediatica e politica, aveva subito una battuta d’arresto con il covid. L’appuntamento del Youth4Climate a Milano alla presenza di Greta Thunberg e la riunione dei delegati ministeriali del pre-Cop, hanno riattualizzato la discussione sull’ambiente caratterizzata da alcuni falsi miti:

1. L’umiliazione della politica di fronte a Greta Thunberg. L’attivista svedese ha affermato che “Le politiche sul clima sono tutte bla bla bla” puntando il dito contro i politici. In realtà in Europa è stato fatto tanto sul clima, mentre in Cina negli ultimi 40 anni le emissioni di Co2 sono passate da 2 a 12 miliardi l’anno mentre i paesi occidentali hanno progressivamente diminuito le proprie emissioni. Sarebbe opportuno che Greta Thunberg e gli altri attivisti per l’ambiente iniziassero a rivolgere le stesse critiche che compiono verso l’Occidente nei confronti della Cina.

2. Assenza di proposte. A proposito di critiche: in un fuori onda, un ministro italiano, dopo aver ascoltato il discorso di Greta Thunberg, si è domandato: “ma le proposte?”. Non si può solo continuare a portare avanti un approccio critico e disfattista senza avanzare idee che tengano in considerazione le esigenze delle imprese e dei cittadini.

3. Aumento di tasse legate all’ambiente. A dire il vero una proposta c’è ed è sempre la stessa: tasse, tasse, tasse. L’aumento del costo dell’energia di questi giorni è determinato dal fatto che scarseggiano i combustibili fossili e chi li usa deve pagare tasse aggiuntive sotto forma di permessi di emissione di Co2. La presidente della Bce Christian Lagarde ha affermato che l’aumento dei prezzi è dovuto anche a una inusuale bassa produzione di energia da parte dell’eolico.

È l’esempio perfetto di come un approccio ideologico al tema ambientale abbia conseguenze negative sulla vita dei cittadini e delle imprese. Introdurre nuove balzelli per contrastare il cambiamento climatico non è la soluzione, occorre evitare l’aumento della pressione fiscale che colpisce i cittadini e le imprese. L’aumento del costo dell’energia provocherà gravi problemi alle aziende con il rischio che alcune Pmi chiudano con la conseguente perdita di numerosi posti di lavoro. Occorre perciò un approccio che non introduca nuove tasse ma al contrario premi i comportamenti virtuosi.

4. Educazione ambientale. Si parla con sempre maggiore insistenza di introdurre nelle scuole l’ora di educazione ambientale. Il rischio è che dietro la tematica ambientale si nasconda il tentativo di parlare nelle scuole di argomenti di ben altro genere indottrinando i giovani. Invece di riempire la testa degli studenti con nozioni sull’ambiente che dimenticheranno, dovremmo impegnarli in iniziative e azioni concrete come pulire i parchi, raccogliere la plastica e aiutare la propria comunità.

5. Approccio rivoluzionario. I militanti di Extinction Rebellion Italia hanno prima occupato le redazioni di alcuni dei principali media italiani e poi bloccato le strade per accedere alla conferenza pre-Cop. Un’occupazione nata per “ricordare che la crisi climatica dev’essere al primo posto dell’agenda mediatica”.  Non si occupano le redazioni dei giornali in democrazia, al contrario si difende la libertà di espressione e di dissenso verso questo approccio rivoluzionario e giacobino al tema ambientale che è l’opposto del conservatorismo verde che ci sta a cuore.

Francesco Giubilei, 30 settembre 2021

Undicimila scienziati chiedono la riduzione forzata della popolazione per combattere i cambiamenti climatici

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L’EDITORIALE DEL VENERDÌ
di Matteo Orlando

Ben 11.000 “scienziati”, associati sotto la sigla Alliance of World
Scientists, hanno firmato un articolo sulla rivista BioScience in cui
dichiarano che “la popolazione mondiale deve essere stabilizzata” e
persino “gradualmente ridotta”, perché l'”emergenza climatica”
minaccia “il destino dell’umanità”. Continua a leggere

Una nuova fede cieca: il veganesimo panteista e ambientalista

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L’EDITORIALE DEL VENERDI

di Matteo Orlando

I millennials italiani, cioè coloro che hanno ricevuto da Dio il dono della vita dall’anno 2000 dell’era cristiana in poi (in realtà il nostro ragionamento potrebbe riferirsi anche ai nati negli anni ’80-’90 e forse anche prima) sono sempre più lontani dalle convinzioni di fede e dai valori dei loro genitori e, a maggior ragione, dei loro nonni.
Così non solo sono critici nei confronti del Vaticano (meglio le Nazioni Unite) e della Chiesa Cattolica (giudicata “retrograda”), ma anche nei confronti di Gesù Cristo, che considerano un po’ “troppo esigente”, della Vergine Maria (perché la verginità nei diversi stati di vita non è più considerata un valore), dei santi (che spesso ritengono degli “esaltati”).
Tuttavia non sono a-religiosi ma si sono dati con vigore, tra le altre, ad una fede cieca: il “veganesimo panteista”, assurto al ruolo della principale religione dei millennials.
Alcuni sono meno radicali e si fermano (“per ora”) al vegetarianesimo. Altri, più radicali, sono già arrivati o navigano a vele spiegate verso il veganesimo, diventato una vera e propria moda tra i giovani.
Come tutte le mode anch’esso farà il suo corso, intanto esistono i predicatori
vegani sui social network e catene complesse di proselitismo e/o plagio mentale.
È veramente ironico (se non fosse primariamente tragico) rilevare come questi giovani, che dichiarano di essersi ribellati ad ogni dogma, comandamento, credo o legge morale, in realtà siano diventati i portatori di una credenza ricca di dogmi: dalla Dea Madre, la Terra, alla difesa ferrea di ogni micro-ecosistema, anche di quelli nocivi all’uomo; dal supremo “comandamento” del non mangiare alcuni (anzi molti) cibi al far soffrire l’uomo (o anche eliminarlo, come accade con l’aborto o l’eutanasia) pur di non fare soffrire l’ambiente.

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Quel villaggio in mano ai neonazi: “Siamo i contadini del Reich”

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Si tratta di un piccolo paese della Germania dell’est completamente in mano all’estrema destra. Un esempio di un fenomeno sempre più in crescita che spaventa i servizi segreti tedeschi

di Eugenia Fiore

Il villaggio di Jamel, nell’estremo nordest della Germania, sembra un’isola felice di hippie.

Le persone, il verde, le mucche che pascolano e gli uccellini. Ma il villaggio di Jamel, in realtà, è uno dei più grandi covi di neonazisti del Paese. E forse uno di quelli che spaventa di più. Tutto ruota attraverso una cooperativa agricola specializzata nella coltivazione di frutta e ortaggi biologici non trattati e nell’allevamento di razze suine e bovine. Continua a leggere