L’atomica israeliana, questa sconosciuta

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di Raffaele Amato

Da anni la propaganda occidentale prende di mira l’Iran, sia per la sua natura teocratica, con le limitazioni ai diritti delle donne e degli omosessuali, sia perché avrebbe in cantiere la costruzione della bomba nucleare.

Come se non ci fossero altri Stati che hanno l’atomica da decenni e che non sono esattamente dei promotori di pace.

Ma l’Iran deve essere considerato l’incarnazione del male e viene accusato di sviluppare un programma nucleare per scopi bellici, oltre che civili. La ricerca nucleare persiana iniziò nel 1957, ai tempi dello scià Reza Pahlavi, con il supporto degli Stati Uniti e l’adesione al Trattato di Non proliferazione nel 1970. Il contributo statunitense cessò con la rivoluzione Komheinista, ma il programma proseguì.

Nel 2002 alcuni oppositori del regime rivelarono l’esistenza in Iran di due impianti nucleari segreti, mai denunciati alla Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e questo procurò pesantissime sanzioni internazionali al paese degli ayatollah, con gravi ripercussioni sulla sua economia.

Nel frattempo, molto più astutamente, un’altra potenza della regione, Israele, portava avanti il suo programma nucleare, ma segretamente. Il progetto ebraico nacque nel 1948, quasi contestualmente alla fondazione di Israele, con scopi principalmente militari, su ispirazione del padre della nazione Ben Gurion. A metà degli anni ’50 Tel Aviv riuscì ad ottenere il supporto tecnico della Francia e sembra che la prima bomba atomica israeliana sia stata ultimata già nel 1967.

Le guerre arabo-israeliane furono vinte rapidamente dallo Stato ebraico, con il semplice ricorso alle armi convenzionali. Il programma degli armamenti atomici proseguì, quindi, in gran segreto finché, nel 1986, Mordechai Vanunu, israeliano, ex tecnico del programma nucleare, ne rivelò al Sunday Times lo stato dell’arte, pubblicando una ricca documentazione fotografica delle 200 testate atomiche già realizzate.

Immediatamente il Mossad, a cui tutto è sempre concesso, lo rapì a Roma, dove si trovava – d’altra parte perché perdere tempo prezioso con le inutili procedure che discendono dal diritto internazionale? – e, dopo averlo drogato, lo portò, all’interno di una grossa valigia, a Tel Aviv, dove fu processato e condannato a 18 anni di carcere. Attualmente vive in Israele, con pesantissime limitazioni alle libertà personali, tra cui quella dell’uso del telefono cellulare, di contatti con cittadini non israeliani, del rilascio di interviste, dell’accesso a Internet, etc.

Dai tempi dell’arresto di Vanunu il programma nucleare di Israele, che si è sempre ben guardata dal sottoscrivere il Trattato di Non Proliferazione e che quindi non è sottoposta ad alcun genere di controllo, è andato avanti spedito e attualmente si stima che siano circa 400 gli ordigni ultimati.

Ad oggi, non ne è stato accertato nemmeno uno per il terribile Iran, e tanto accanimento nei suoi confronti non può non richiamare alla memoria il pretesto delle “armi di distruzione di massa” che sarebbero state nelle mani di Saddam, la famosa “pistola fumante” di Colin Powell, una menzogna che consentì agli Stati Uniti di giustificare la guerra all’Iraq.

Il metodo è sempre lo stesso, consolidato e ancora in grado di abbindolare gran parte dell’opinione pubblica occidentale e della comunità internazionale.

Si crea il mostro, gli si attribuiscono i progetti più apocalittici verso l’Umanità, si mettono insieme prove che, quasi sempre, tali si riveleranno non essere, lo si colpisce fino a ridurre il suo paese ad un cumulo di macerie con a capo un governo fantoccio.

Insomma, contrariamente a quanto ci ripete la propaganda mainstream, non è che gli israeliani siano più “buoni”, più civili, più evoluti degli iraniani.

Sono, semplicemente, più furbi.

 

Fonte: https://www.2dipicche.news/latomica-israeliana-questa-sconosciuta/

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